Nel delicato equilibrio tra rassegnazione e accettazione della propria età, il giusto approccio è continuare a fare le cose senza esagerare e cercare di mantenere la propria autonomia accettando, se necessario, un aiuto dall’esterno
Cenare all’ora del tè e andare a letto con le galline. Ostinarsi a fare a meno del bastone rischiando di ritrovarsi a terra con il femore rotto al primo gradino. Lamentarsi in continuazione dei dolori alle ossa, del calo della vista, delle défaillance della memoria. Rifiutarsi di eliminare i tappeti del salotto, anche dopo esserci inciampati svariate volte. Frequentare solo ed esclusivamente persone della stessa età. Criticare i tempi moderni, le nuove mode, i gusti dei giovani. E così via…
Sono solo alcune delle “cose stupide” che Steven Petrow, giornalista americano, da anni suggerisce di evitare sulle pagine del New York Times e del Washington Post, per invecchiare in salute, e che ha deciso non farà mai da vecchio. La lista completa è molto più lunga e comprende: non pesare sugli altri, non smettere di divertirsi, non assillare parenti e amici con vecchi aneddoti ripetuti già centinaia di volte, non cominciare a raccontare la propria vita quando qualcuno chiede “come stai?”, perché la domanda è retorica e chi la pone si aspetta solo un sintetico (anche se non veritiero) “bene, grazie”.
Il giornalista americano non ha fatto altro che osservare i suoi genitori invecchiare, annotando negli anni tutto quello che lui non avrebbe voluto fare una volta giunto alla loro età. Così, compiuti i 50 anni, ha raccolto il copioso materiale in un libro dal titolo Stupid things I won’t do when I get old (Le cose stupide che non farò da vecchio), sperando di poter fermare in tempo i suoi lettori, risparmiandogli il destino di trasformarsi nel perfetto stereotipo dell’anziano. Invecchiare è un privilegio, avverte l’autore, bisogna impegnarsi per farlo nel migliore dei modi. La sfida non è banale: in sostanza si tratta di invecchiare senza diventare vecchi.
Abbiamo chiesto a Elisabetta Pedrazzoli, medico chirurgo specializzato in psicoterapia cognitivo-comportamentale dell’adulto e dell’anziano, quali sono le “cose stupide” che possiamo evitare di fare per non cadere, nostro malgrado, nella trappola dei cliché della terza età.
Dottoressa, ci aiuti a capire quali sono le cose stupide da non fare…
In realtà, non è tanto importante cosa si fa o non si fa quando si invecchia, ma come lo si fa. Partiamo dalla classica disquisizione sugli acciacchi, tipica delle persone anziane. Se diventa un argomento di conversazione tra coetanei e i toni non sono troppo lamentosi, non ci vedo nulla di male. Anzi, potrebbe essere un modo per condividere i problemi e trarre conforto dalla regola sempre valida del “mal comune, mezzo gaudio”. Sapere di non essere l’unica persona al mondo con un determinato problema può rendere la propria condizione più sopportabile. Però eviterei di elencare tutti i disturbi della vecchiaia con persone più giovani, perché a quel punto manca il tornaconto del benessere psicologico e si rischia di appesantire inutilmente l’interlocutore.
Prendiamo qualche esempio dal libro. I genitori di Petrow non tolgono i tappeti dal salotto e non usano il bastone, perché si rifiutano di accettare di essere a maggior rischio di cadute…
Una delle cose che bisognerebbe evitare è proprio questa: pensare di essere ancora giovani a 80 anni. Bisogna accettarsi per quello che si è, smettendo di convincersi di poter essere apprezzati solo se ci si comporta da giovani. Gli sforzi per apparire giovani a tutti i costi rischiano di essere patetici e ottenere l’effetto contrario. Una persona di 80 anni che non accetta la sua età finisce per essere discriminata più di una che non rinnega il dato anagrafico.
Insomma, la parola chiave sembrerebbe “accettazione”… Ma se poi si passa alla “rassegnazione”?
La sfida è proprio quella di trovare il giusto equilibrio tra il rifiuto di invecchiare e l’eccessiva rassegnazione. Una delle possibilità è puntare a preservare le attività che ancora sono funzionali. Ricordo che Piero Angela dice di se stesso che da seduto si sente un quarantenne e in piedi un novantenne. Se il fisico non è più quello di una volta, ma la testa funziona bene, allora basterà dedicarsi alla lettura, alla scrittura, allo studio e non rinnovare l’abbonamento in palestra. Bisogna pensare di entrare in una fase diversa della vita e di conseguenza accettare di non poter fare le stesse cose di un tempo, potendone però fare altre.
Una delle difficoltà maggiori delle persone anziane è accettare di farsi aiutare… È così?
Passare dall’autosufficienza alla dipendenza non è semplice. Ma sforzandosi si può cambiare prospettiva e vedere l’aiuto in più di una badante, per esempio, non come una privazione della libertà ma, al contrario, come un modo per poter essere più liberi, meno dipendenti dai famigliari e come l’opportunità di riuscire a fare le cose che da soli non si riuscirebbe a fare. I nipotini possono essere una grande risorsa nell’aiutare i nonni ad accettare la vecchiaia. I bambini sanno sdrammatizzare, magari mettendosi a giocare con la sedie a rotelle, e sanno dare valore alle persone anziane, magari facendosi raccontare delle storie.
Una curiosità: qual è la cosa stupida che lei non farà mai in vecchiaia?
Giocare a tombola. L’ho sempre detestato. Ho già avvisato tutti, figli e nipoti: accetto tutto, ma mi rifiuto di passare il tempo a segnare i numeri sulle caselle sperando di aggiudicarmi una quaterna.
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