Se la cavano bene nella cura di figli e nipoti e nell’assistenza delle persone anziane (anzi, in questo gli over 55 italiani sono tra i primi a livello europeo). Vanno piuttosto male, invece, il lavoro e gli altri aspetti riguardanti la partecipazione nella società, come l’impegno nella politica e persino nel volontariato. Questo è quanto emerge da un confronto sullo stato dell’invecchiamento attivo in Italia rispetto agli altri Paese Ue.
I livelli sono stati misurati mediante l’Active Ageing Index (AAI), l’indice dell’invecchiamento attivo, un progetto di ricerca sviluppato in collaborazione con diversi Paesi europei, tra cui l’Italia. L’idea su cui si basa l’Indice è che l’invecchiamento attivo e la conseguente valorizzazione della popolazione anziana possano contribuire alla crescita economica dei Paesi e a creare le condizioni per una società più inclusiva.
L’Active Ageing Index si basa sull’analisi delle seguenti quattro macro aree:
- l’occupazione nella fascia di età tra i 55 e i 74 anni;
- la partecipazione alla società (include la cura di figli e nipoti, l’assistenza alle persone anziane, la partecipazione politica);
- la vita indipendente, in salute e in sicurezza (include l’esercizio fisico, l’accesso ai servizi sanitari, l’apprendimento permanente).
- la capacità e i fattori ambientali che incentivano l’invecchiamento attivo (la speranza di vita, il benessere mentale, i rapporti sociali, l’uso di internet).
I punteggi per ciascuna di queste aree vanno da 0 a 100. Si tratta di un traguardo ideale che nessun Paese raggiunge, ma a cui sarebbe auspicabile un giorno arrivare. I risultati del monitoraggio sono stati pubblicati dall’Istat nel rapporto Invecchiamento attivo e condizioni di vita degli anziani in Italia.
La classifica generale
Il confronto con gli altri Paesi europei ci vede al momento a metà classifica. Dopo un significativo progresso nel 2018, siamo scesi dal 14° al 17° gradino nel ranking europeo. Come Croazia, Lussemburgo e Portogallo, l’Italia non ha infatti registrato avanzamenti tra il 2012 e il 2018. I Paesi dell’Europa del Nord, invece, si collocano ai primi posti della classifica: tra il 2008 e il 2018 Svezia, Danimarca e Paesi Bassi si confermano nelle prime tre posizioni. Nella parte alta della graduatoria si posizionano, oltre i 40 punti, anche Regno Unito e Finlandia, e poco distanti Germania e Irlanda. Il punteggio italiano si arresta a 33,8. Siamo sotto la media europea di due punti.
L’occupazione, la nota più dolente
Nonostante i processi di globalizzazione dell’economia e la crisi economica del 2008, i tassi di occupazione in età avanzata negli ultimi anni sono cresciuti. Se si prende in considerazione il 2018, nelle posizioni più elevate della graduatoria con punteggi molto alti troviamo la Svezia (45,4 punti), l’Estonia (44,5 punti) e la Danimarca (40,6 punti). Segue un folto gruppo di Paesi con valori compresi tra 30 e 40 punti: dalla Germania con 39,4 alla Bulgaria con 30,5. L’Italia è sotto, con 28 punti.
La partecipazione sociale, si può fare di più
Appare piuttosto bassa, invece, la partecipazione degli over 55 nella società. Il valore medio è di 17,3 punti e include le attività di volontariato, la cura dei figli e nipoti, l’assistenza alle persone anziane, la partecipazione politica. Nonostante i punteggi relativamente alti dei due indicatori riferiti al lavoro di cura di bambini e anziani non conviventi, l’Italia risulta ancora molto distante da quella dei Paesi che guidano la graduatoria. Questo risultato dipende dai punteggi bassi riscontrati nell’attività di volontariato, «che fatica ad affermarsi nella società italiana sempre più ripiegata su se stessa», come è scritto nel Rapporto.
Inoltre, «in Italia l’impegno politico è inferiore più che altrove. Non solo perché negli ultimi anni si è registrata una crescente sfiducia e disaffezione verso la politica e le istituzioni pubbliche, ma anche perché la misura è riferita solo alla partecipazione “visibile” più di tipo tradizionale e non coglie adeguatamente attività informali o forme di partecipazione emergenti come l’adesione a movimenti attraverso il web».
Il gruppo di Paesi che si posiziona verso la metà della graduatoria, insieme all’Italia, è molto nutrito. Ci sono il Regno Unito, la Danimarca, la Germania e l’Austria, ma anche quelli dell’Est europeo come la Lettonia, la Slovacchia, la Slovenia, la Croazia. Svettano, invece, la Danimarca, il Belgio, la Svezia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Francia.
Vita indipendente in salute e in sicurezza
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti legati ad una vita indipendente in salute e in sicurezza (esercizio fisico, accesso ai servizi sanitari, apprendimento permanente), l’Italia guadagna 68 punti. Anche qui siamo al di sotto di due punti rispetto alla media europea. Ai primi posti troviamo la Svezia (79,2 punti), la Danimarca (78,4), i Paesi Bassi (77,3), la Germania (74,9) e la Francia (75,4).
Capacità di invecchiare attivamente, siamo al di sotto della media
Gli aspetti analizzati in questo ambito sono la speranza di vita, i rapporti sociali e l’uso di internet. Purtroppo, il distacco del nostro Paese anche su questo fronte resta molto elevato rispetto alla prima in classifica che risulta – ancora una volta – la Svezia con ben 71,2 punti. L’Italia è ferma invece a 55,9. La media europea è di 57,5.
La priorità è intervenire sull’occupazione e sul divario di genere
Considerati i risultati complessivi, in Italia l’intervento prioritario sembra riguardare soprattutto l’occupazione. Nonostante i progressi conseguiti negli anni, l’area presenta ancora il divario maggiore. Appare soprattutto fondamentale favorire l’occupazione femminile, colmando il divario di genere. A tal proposito dice il Rapporto: «Tali differenze sono principalmente dovute a un pronunciato gap di genere nel primo dominio “Occupazione” e nel terzo “Vita indipendente ed autonoma”, dovute alle continue e persistenti ineguaglianze nell’accesso delle donne al mercato del lavoro, al divario retributivo, alla sovra rappresentazione delle donne solo in determinati settori di attività e con determinate tipologie contrattuali, nella difficoltà per l’avanzamento in carriera, un’eredità che nelle età anziane incide fortemente sul reddito ed accentua la maggiore esposizione delle donne al rischio povertà».
(Foto: Clara Bonitti/Shutterstock)
© Riproduzione riservata