Il nuovo nomenclatore tariffario per specialistica ambulatoriale e protesica abbassa il risarcimento dell’intervento alla cataratta per gli ospedali del SSN a circa 800 euro. Una cifra troppo bassa per coprire i costi. Problema rinviato a gennaio, ma tutt’altro che risolto
La revisione del nomenclatore tariffario per la specialistica ambulatoriale e protesica mette a rischio la sostenibilità di alcune prestazioni sanitarie all’interno del sistema pubblico. Tra queste, l’intervento alla cataratta. Secondo le nuove tariffe, infatti, il risarcimento per gli ospedali del SSN sarebbe di circa 800 euro: una cifra troppo bassa per coprire i costi di personale, materiali e sala operatoria. In altre parole, il rischio è che eseguire l’intervento in ospedale diventi impossibile e l’unica strada resti la sanità privata, come già accade per molte prestazioni. Per ora il problema è rinviato al prossimo anno, visto che l’entrata in vigore del nuovo tariffario è slittata da aprile 2024 a gennaio 2025. La preoccupazione, però, resta.
“Sanità pubblica senza cataratte”: l’incontro per discutere il problema
A lanciare l’allarme sono state diverse organizzazioni, in occasione nell’incontro “Sanità pubblica senza cataratte. Così l’oculistica sta scomparendo dal SSN”, promosso dall’Associazione Italiana Pazienti Oculari in collaborazione con A.I.M.O. Associazione Italiana Medici Oculisti e con S.I.S.O. Società Italiana Scienze Oftalmologiche. Si è parlato, in quella sede, del rischio di una vera e propria “una catastrofe sociale”, come l’ha definita Francesco Bandello, direttore della Clinica Oculistica Università Vita Salute Irccs Ospedale San Raffaele Milano e presidente dell’Associazione Pazienti Malattie Oculari.
Infatti, con le nuove tariffe, diminuirà drasticamente il numero degli interventi eseguiti nel pubblico e si allungheranno le liste di attesa, che già oggi superano i 18 mesi. Di conseguenza, “chi potrà pagarsi il privato o l’assicurazione, si farà operare. Chi non avrà i mezzi, diventerà cieco o ipovedente”, ha affermato Bandello. Inevitabili le ricadute sociali, visto che il problema della cataratta riguarda soprattutto la popolazione over 65, in continuo aumento. Un anziano che non abbia la possibilità di operarsi sarà maggiormente esposto al rischio di in incidenti domestici e fratture e inevitabilmente vedrà ridursi la propria autonomia.
L’allarme dell’UICI
Allarme anche dall’Unione Italiana Ciechi e ipovedenti: “Gli interventi alla cataratta devono continuare a essere garantiti, quale strumento di prevenzione e cura contro le disabilità visiva”, afferma il presidente di Uici Mario Barbuto. “La cataratta non operata può portare anche alla cecità totale, come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Infatti, se non curata nei tempi corretti, è la prima causa mondiale di cecità e ipovisione grave e colpisce il 50% della popolazione mondiale causando almeno 20 milioni di ciechi assoluti e 130 milioni di ipovedenti gravi”.
“I 600mila interventi alla cataratta in Italia hanno reso la vita molto più agevole a tanti pazienti, scongiurando il rischio di cecità”, continua Barbuto. “La possibile riduzione della copertura finanziaria porterebbe ad una fisiologica diminuzione del numero di interventi e un conseguente allungamento delle liste di attesa, in particolare nelle regioni del Sud, con una inevitabile ricaduta negativa sulle fasce più economicamente più deboli impossibilitate a rivolgersi alle strutture private. Per questo – conclude – l’Uici porterà all’attenzione delle istituzioni i rischi che tale scelta comporterebbe e la necessità di continuare a garantire gli interventi alla cataratta quale strumento di prevenzione e cura contro le disabilità visive”.
Due possibili soluzioni
Quali quindi le possibili soluzioni? Durante l’incontro sono state indicate due possibili strade: la prima è che il Governo modifichi i LEA, portando ad almeno 1.000 euro l’importo previsto per l’intervento; la seconda è che venga indicato un livello di reddito al di sotto del quale la cataratta sia garantita dal SSN.
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