Potrebbero essere un numero anche più alto considerando chi è andato in pensione nell’anno e potrebbe aver lavorato dopo il pensionamento. Notevole la crescita fra gli occasionali: quasi la metà degli assicurati Inps in questa categoria percepisce anche la pensione. Si conferma il trend in aumento dei lavoratori senior.
Aumentano i lavoratori senior e i lavoratori pensionati. Lo certifica l’Inps con i dati dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti e indipendenti 2020 assicurati nelle diverse gestioni previdenziali dell’Istituto. Quasi 900mila, infatti, i lavoratori che sono sicuramente beneficiari di una pensione diretta di vecchiaia o anzianità già da prima del 2020. Nel 2019, anno in cui è stato istituito l’Osservatorio, i pensionati che lavoravano e percepivano una pensione già prima dell’anno di riferimento era circa 700mila. Continuano inoltre a crescere le classi di lavoratori over 55 in conseguenza del generale invecchiamento della popolazione.
Nel 2020 più di 25 milioni di assicurati Inps. In calo i redditi da lavoro.
Nel 2020 – spiega l’Osservatorio – il numero di lavoratori dipendenti e indipendenti assicurati con l’Inps è stato pari a 25 milioni e 630mila; un incremento dello 0,3% rispetto al 2019 quando l’istituto aveva contato 25 milioni e 473mila iscritti alle proprie gestioni previdenziali (divise in nove categorie: artigiani; autonomi dell’agricoltura; commercianti; dipendenti privati; dipendenti pubblici; domestici; operai agricoli; parasubordinati – professionisti senza Cassa o collaboratori -; lavoratori occasionali/voucher). Dal 2015, anno della prima rilevazione, il numero complessivo di lavoratori è aumentato di 569mila unità (+2,3%). Diminuisce invece il numero di ore lavorate a causa della pandemia: dalle 42,9 settimane del 2019 si è scesi a 40,2 nel 2020. Anche il reddito medio annuo da lavoro ha subito una diminuzione, pari al -6,0%.
Boom di lavoratori pensionati con contratti occasionali
Con riferimento al 2020, sono precisamente 875.978 (il 3,4%) i lavoratori che sono sicuramente pensionati, in quanto beneficiari di una pensione diretta di vecchiaia o anzianità già da prima del 2020, mentre 329.470 (pari all’1,3% dei lavoratori dell’anno) sono nuovi pensionati nel 2020 che, però – spiega l’Osservatorio -, potrebbero aver lavorato solo nel periodo precedente la decorrenza della pensione e pertanto non necessariamente sovrappongono la condizione di pensionati a quella di lavoratori. Il trend è comunque in aumento. Nel 2019, infatti, erano 685.156 (pari al 2,7% dei lavoratori del 2019) i pensionati che lavoravano, mentre 288.551 (pari all’1,1%) i nuovi pensionati nel 2019 (e pertanto la loro condizione di pensionato può essere successiva a quella di lavoratore).
Considerando solo la quota di lavoratori già pensionati, c’è un’importante novità rispetto alla precedente rilevazione: la quota di pensionati occupati è massima tra i lavoratori occasionali (43,9%), mentre nel 2019 si fermava al 16,5%. Seguono i lavoratori autonomi agricoli (22,3%, in linea con i dati 2019) e i lavoratori di alcune categorie che fanno riferimento alla gestione separata: altri collaboratori (26,4%), amministratori (15,8%) e collaboratori (11,5%). Nel 2019, lavorava da pensionato l’11,9% dei parasubordinati.
Aumentano i lavoratori senior ma anche i giovani
Guardando alle classi di età, crescono i giovani fra 20 e 24 anni che entrano nel mercato del lavoro (+2,0% nel periodo 2015-2020). Andamenti decisamente crescenti – sottolinea l’Osservatorio Inps – anche per le classi di età più anziane, in particolare 55 anni e oltre, in conseguenza del generale invecchiamento della popolazione. Si assottigliano invece le classi di età centrali sia nel periodo 2015-2020 (-13,0% per la classe 35-39 anni e -14,3% per la classe 40-44 anni) sia nell’ultimo anno (rispettivamente -2,4% e -4,2%).
Anche i lavoratori domestici sono in crescita
Guardando alle nove categorie di assicurati, la situazione è molto diversificata. Tra il 2015 e il 2020, gli artigiani perdono circa 150mila unità (-9,1%), i commercianti 107mila (-5,1%) e gli agricoli autonomi 15mila (-3,4%). Crescono invece del 4,0% i dipendenti pubblici, del 2,6% nel solo 2019. I lavoratori domestici sono in diminuzione nel quinquennio ma, se si confronta il 2020 con il 2019, crescono invece del 7,0%. I più penalizzati del periodo sono però i lavoratori parasubordinati, che perdono 282mila unità tra il 2015 e il 2020 (-15,8%).
Nel 2020, i lavoratori dipendenti del settore privato scendono sotto i 15 milioni, con una riduzione del -3,1% rispetto al 2019, quando erano 15,4 milioni. Gli operai agricoli, dopo un momento di crescita tra 2017 e 2018, calano nell’ultimo biennio. Altalenante l’andamento dei lavoratori impiegati con voucher e con contratti di lavoro occasionale: dopo il picco di 812mila lavoratori nel 2016, e la caduta libera del 2019 fino a soli 40mila, nel 2020 tornano a crescere fino a quota 498mila lavoratori.
Le donne sempre più penalizzate
Nel 2020 gli uomini rappresentano il 56,0% degli occupati, con un numero medio di settimane lavorate pari a 41,3 e un reddito medio annuo di 24.702 euro. Le donne hanno lavorato in media 38,8 settimane, con un reddito medio annuo che scende a 17.929 euro. Rispetto al 2019, il numero di lavoratrici e lavoratori resta sostanzialmente stabile, mentre diminuiscono per entrambi le ore lavorate e i redditi, in misura più accentuata per le donne. Se gli uomini perdono in media 1.049 euro, le donne 1.264 euro.
Il Nord si conferma il motore del Paese
Il Nord si conferma il motore produttivo del Paese. Un lavoratore su tre è infatti del Nord Ovest, per un totale di 7,5 milioni di occupati. Segue il Nord Est con il 22,7%, pari a circa 5,8 milioni di lavoratori; il Centro con il 21,2% (oltre 5,4 milioni di lavoratori). Fanalini di coda, ancora una volta, il Sud, con il 18,4% (circa 4,7 milioni di lavoratori), e le Isole con l’8,3% (2,1 milioni di lavoratori).
Quasi la metà dei domestici è extra comunitaria. Ma il confronto con i lavoratori europei penalizza gli extra UE
Nel 2020 i lavoratori con cittadinanza extra Ue sono il 9,4% (-1,0% rispetto al 2019), mentre i lavoratori comunitari risultano pressoché stabili rispetto all’anno precedente. L’incidenza degli extracomunitari arriva al 46,1% tra i domestici, mentre non supera lo 0,3% tra i dipendenti pubblici. Quote significative di lavoratori extracomunitari si riscontrano anche tra gli operai agricoli (20,6%) e tra i commercianti (10,6%). Rispetto alla popolazione lavorativa dell’Unione Europea, gli extracomunitari hanno all’attivo sia un minor numero di settimane lavorate (36,1 contro 40,6 dei comunitari) sia un reddito medio da lavoro più basso (12.820 euro contro 22.644 euro dei comunitari).
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