Un’indagine rivela l’impatto negativo dei social media, in particolare TikTok, sui giovani e l’alimentazione, in particolare sulla diffusione di narrazioni dannose sui Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).
Secondo un’indagine nazionale del Ministero della Salute (2019-2023), i casi di Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) in Italia sono più che raddoppiati, passando da oltre 680.000 nel 2019 a oltre 1.450.000 nel 2022. Oggi si stima che oltre tre milioni di italiani soffrano di DCA.
Questa preoccupante crescita ha spinto la società di ricerca Diversity Lab a condurre uno studio sull’influenza dei social media, e in particolare di TikTok, sui giovani della Generazione Z (nati tra la metà degli anni ’90 e i primi anni 2010) e sul loro rapporto con i DCA.
Uno sguardo “dentro” TikTok
L’indagine ha analizzato 30 contenuti TikTok pubblicati tra gennaio e settembre 2024, direttamente o indirettamente correlati ai DCA. L’obiettivo era comprendere le modalità di comunicazione utilizzate, sia a livello linguistico che visivo, e l’impatto di questi contenuti su chi li crea e chi li consuma. Le piattaforme social, infatti, sono diventate luoghi cruciali per la costruzione dell’identità, dove l’immagine personale è costantemente sottoposta al giudizio altrui. Questo processo di confronto amplificato dai like, commenti e follower può alimentare sentimenti di inadeguatezza e insicurezza.
L’analisi dettagliata
L’analisi ha individuato cinque temi principali: percorsi di guarigione (#dcarecovery), esperienze personali con i DCA, contenuti legati al fitness, perdita di peso e diete giornaliere. Il corpo è al centro di quasi tutti i contenuti, con una preoccupante ricorrenza di termini negativi come “peso” (25 volte), “magra” (12 volte), “schifo”, “vergogna” e “brutta”. Sebbene siano presenti anche termini positivi come “bellissima” (8 volte) e “forza” (4 volte), la prevalenza di parole legate alla fisicità e all’alimentazione sottolinea una costante attenzione all’aspetto fisico e a modelli estetici potenzialmente dannosi.
Il corpo viene spesso “sezionato”, con un’attenzione ossessiva a parti specifiche: pancia piatta, cosce magre, cellulite da eliminare. Nei contenuti relativi ai DCA, la volontà di dimagrire è spesso preponderante. La maggior parte dei creator analizzati sono ragazze, riflettendo l’impatto maggiore dei DCA sulle giovani donne. Tuttavia, la narrazione prevalentemente femminile rende meno visibili le esperienze degli uomini che affrontano simili difficoltà.
Nonostante ciò, i social si configurano anche come spazi di sfogo e condivisione. La Gen Z apprezza l’autenticità e la vulnerabilità, e molti post raccontano percorsi di guarigione con toni di speranza e supporto reciproco. Hashtag come #fiocchettolilla e #mentalhealth creano comunità di supporto. La guarigione viene presentata come un processo non lineare, con ostacoli e piccole vittorie.
La spettacolarizzazione dei disturbi alimentari
Tuttavia, emerge un rischio significativo: la spettacolarizzazione dei DCA. Trend come “What I eat in a day” (“Cosa mangio in un giorno”, con varianti su perdita di peso o recovery, ripresa del peso) e “before and after” (“prima e dopo”) contribuiscono a questa spettacolarizzazione, a volte peggiorando la situazione di chi ne soffre. Alcuni creator in recovery ammettono che questi trend hanno contribuito a intensificare i loro disturbi.
La narrazione dei DCA è spesso polarizzata, in bianco e nero: peso come simbolo di successo o fallimento, cibo come amico o nemico. Anche nei contenuti di recovery, la cultura della dieta e l’idealizzazione della magrezza permangono. La ripresa di peso è vista positivamente solo se si rimane entro gli standard di bellezza socialmente accettabili. La “grassofobia” internalizzata influenza la percezione dei corpi accettabili, e i commenti spesso controllano l’alimentazione di chi è in recovery, perpetuando l’idea di cibi “buoni” e “cattivi”.
L’uso dell’Indice di Massa Corporea (IMC) per descrivere i corpi, nonostante la sua limitata validità medica, contribuisce a questa discriminazione, con i corpi grassi spesso rappresentati come indesiderabili, simbolo di pigrizia o debolezza. Sebbene emergano voci critiche, i commenti spesso sostengono i creator anche quando promuovono comportamenti dannosi.
Le persone con DCA vengono spesso eroicizzate, creando una “inspiration” (una forma distorta di ispirazione) che nasconde un giudizio negativo verso chi non riesce a superare le difficoltà. La responsabilità del benessere viene posta sul singolo, ignorando i fattori sociali e culturali che contribuiscono ai DCA.
Contrastare il rapporto tra social e alimentazione
Per contrastare questo fenomeno, il Diversity Lab suggerisce campagne educative co-create con la Gen Z, che promuovano una visione più inclusiva della bellezza, valorizzando le qualità interiori. È necessario decostruire la bellezza come valore morale e affrontare le cause esterne (cultura della dieta, ideali estetici) e interne (fattori psicologici) dei DCA.
È fondamentale ampliare la narrazione per includere esperienze diverse e creare contenuti educativi che sfidino la “grassofobia” e i pregiudizi sul cibo. Infine, è essenziale la collaborazione con esperti per ridurre la polarizzazione tra “cibo buono” e “cibo cattivo”.
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