Quando la tecnologia si mette al servizio della medicina possono nascere dei “piccoli miracoli” in grado di salvare vite umane. E i nuovi microscopi sono fra essi.
Non ha rivali. Il microscopio è il simbolo per eccellenza della ricerca scientifica, l’immagine più gettonata con cui rappresentare indagini di laboratorio, studi rigorosi, scoperte rivoluzionarie e fatiche dell’ingegno. La sua fama iconica è indubbiamente meritata. Basti pensare che oggi con un microscopio ottico si possono osservare oggetti di dimensioni nanoscopiche (miliardesimo di metro). E tra questi ci sono cellule, molecole, proteine, sequenze di DNA. Stiamo parlando dei mattoni con cui è costruito il nostro corpo. Ecco, le nuove generazioni di microscopi arrivano con lo sguardo fin lì e potenzialmente anche oltre. E questo viaggio esplorativo così dettagliato all’interno del corpo umano ci sta consegnando informazioni preziose sui meccanismi alle origine delle malattie che possono aprire la strada a nuovi farmaci. Tra tutte le tecnologie di cui si immagina una futura applicazione in medicina, il microscopio ottico è sicuramente tra le più avanzate e promettenti. Anzi, da quanto ci racconta Alberto Diaspro, direttore del Dipartimento di Nanofisica all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova e professore ordinario di fisica applicata all’Università di Genova, il futuro della microscopia ottica è già qui.
Riprendendo il titolo del suo libro “Quello che gli occhi non vedono”, cos’è che sfugge alla nostra vista e che invece può essere osservato con il microscopio ottico?
Tantissimo. Il microscopio ottico ci permette di vedere sempre di più e sempre meglio. Ed è incredibile pensare che questo potentissimo strumento sia in fondo costituito da due elementi molto semplici: una lente e la luce. Grazie al connubio tra un pezzo di vetro e l’arcobaleno possiamo esplorare i meccanismi con cui funzionano le cellule, osservando i movimenti e le caratteristiche di singole molecole, delle proteine e del DNA. Il microscopio ottico ci permette di studiare gli esseri viventi in punta di piedi, disturbandoli poco. E questo è possibile grazie al fatto che la luce penetra ovunque. Come canta nel suo Inno Leonard Cohen, ogni cosa ha uno spiraglio da cui entra la luce.
Il suo compito, professore, non sarà facile: dovrà spiegare a noi profani quali sono le applicazioni in medicina attuali e future della microscopia ottica. Partiamo dal qui ed ora. Cosa permette di fare adesso il microscopio ottico?
Tra le molte cose mi concentro su tre problemi di salute estremamente attuali. Partiamo dalla malattia pandemica con cui stiamo convivendo oramai da più di un anno. Uno degli aspetti più interessanti per i virologi è capire il meccanismo con cui il virus riesce a convincere una cellula del nostro corpo, in questo caso dell’apparato respiratorio, a farsi aprire la porta di casa, a entrare e a servirsi indisturbato di quello che trova nel frigorifero per ottenere energia e replicarsi. Grazie al microscopio ottico possiamo seguire questo processo. Poi c’è il grande capitolo delle malattie oncologiche, che restano una grave minaccia per la nostra salute. Il microscopio ottico può far vedere il meccanismo, non ancora compreso del tutto, che trasforma una cellula sana in una malata. Ricostruire questo processo è fondamentale per individuare farmaci in grado di bloccarlo. In una prospettiva futura la microscopia ottica potrebbe essere utilizzata per eseguire la diagnosi di tumori locali senza dover ricorrere alle biopsie per la sua capacità di distinguere cellule malate da cellule sane o di individuare cellule allo stadio neo-plastico permettendo così di intervenire prima che la malattia si sviluppi. L’altro grande campo in cui il microscopio ottico può fare la differenza è quello delle malattie neurodegenerative, come Alzheimer e Parkinson. La luce può essere utilizzata per esplorare il cervello, studiando le cellule neuronali e cercando di capire quali difetti sviluppino per poter fornire indicazioni chiave per i nuovi farmaci.
Quanti particolari possiamo cogliere grazie al microscopio ottico? Si sono fatti progressi nella risoluzione?
Siamo passati in tempi recenti dalla microscopia ottica alla nanoscopia ottica. Significa che con il microscopio osserviamo il microscopico, oggetti di grandezza pari a un milionesimo di metro, mentre con la nanoscopia ottica arriviamo a cogliere dettagli dell’ordine di un miliardesimo di metro. Vuol dire che con il microscopio vediamo a livello cellulare e con il nanoscopio ottico al livello molecolare di proteine, RNA e DNA. È simile a quello che succede alle persone miopi: senza occhiali riescono a distinguere la sagoma delle persone, ma con gli occhiali percepiscono i volti con tutti i dettagli. Oggi abbiamo a disposizione microscopi a super-risoluzione, capaci potenzialmente, in determinate condizioni, di cogliere dettagli illimitati.
Ma è davvero necessario essere tanto “cavillosi”?
È utile entrare nei dettagli perché così ricaviamo informazioni preziose sulla nostra salute. Aumentare il dettaglio della visione non è un fatto scontato perché esistono alcune leggi della fisica che pongono dei limiti alla risoluzione possibile con il microscopio. C’è voluto un trucco: per ottenere una maggiore risoluzione bisognava aggiungere altre informazioni rispetto a quelle ottenute solo con la lente così da poter ricostruire un’immagine più dettagliata. Così si è arrivati alla super-risoluzione.
E a cosa serve la super-risoluzione?
La super-risoluzione, come abbiamo detto, ci permette di cogliere dettagli che prima non avevamo modo di vedere, di osservare le singole proteine e di seguirne l’attività. Ma fin qui abbiamo raccontato solo una parte della storia perché alla super-risoluzione dei microscopi ottici si aggiunge la possibilità di misurare il tempo a cui viaggiano i fotoni, che fornisce un’informazione aggiuntiva importante. In estrema sintesi e semplificando al massimo, possiamo spiegarlo così. Immaginiamo di avere due cellule vicine all’apparenza identiche che vengono colpite dalla luce e che una mandi indietro il segnale in ritardo rispetto all’altra. Questa differenza, parliamo di miliardesimi di secondo, può voler dire che una cellula è malata e l’altra no. Il tempo di arrivo del segnale luminoso, infatti, dipende dalle condizioni presenti intorno alla cellula.
Stiamo parlando di una tecnologia diagnostica potentissima. È così?
Sì, abbiamo a disposizione un’arma di una potenza incredibile. La luce visibile penetra con estrema precisione gli oggetti viventi senza danneggiarli, arrivando fino alle singole proteine e, usando un cronometro preciso oltre il miliardesimo di secondo, si può scoprire se una cellula è tumorale o no. Ora strumenti di questo tipo si usano in laboratorio su cellule in vivo, ma in un futuro prossimo si può immaginare di poter distinguere un tessuto sano da uno malato direttamente in sala operatoria mentre il chirurgo sta operando.
Ci descriva meglio questo scenario…
Possiamo immaginare un chirurgo dotato di occhiali intelligenti che riceve le immagini di un microscopio ottico miniaturizzato posizionato sulla parte del corpo da operare. Grazie all’alta risoluzione dello strumento si potrà distinguere con estrema precisione il tessuto tumorale da quello sano, individuando il confine netto tra i due, dove finisce il primo e inizia il secondo. Il chirurgo potrà quindi intervenire in maniera mirata senza il rischio di danneggiare tessuti sani. Tutto questo senza dovere eseguire una biopsia.
Davvero sarà possibile eseguire un’operazione del genere?
Tecnicamente è già fattibile. Ovviamente bisognerà sviluppare tutta la strumentazione adeguata e formare i medici a usarla. Nulla ci vieta anche di immaginare la possibilità di sfruttare il microscopio ottico per monitorare la salute in maniera non invasiva. Potremmo pensare a un cerotto indossato su una parte del corpo esposto a una luce mirata, dotato di un chip, i cui dati vengono trasmessi su uno schermo per essere letti.
È proprio il caso di dirlo: nel microscopio vediamo il futuro…
Il microscopio ottico è uno strumento eccezionale. Eppure, anche se oramai è diventato il simbolo iconico della scienza e dell’innovazione, viene poco considerato quando si tratta di finanziare progetti di ricerca. Ed è un peccato perché è un campo in continua evoluzione. Pensiamo alla possibilità di sfruttare la polarizzazione della luce per entrare in maniera mirata negli oggetti che vogliamo osservare. Questa strategia ci permette, per esempio, di vedere le molecole del corpo umano senza usare il mezzo di contrasto, la fluorescenza resa necessaria dal fatto che la maggior parte delle cellule umane sono trasparenti e non assorbono la luce. Ma indurre la fluorescenza è un’operazione aggiuntiva che richiede del tempo. Poterne fare a meno è un vantaggio. E questo è possibile proprio grazie alla polarizzazione della luce, ossia alla possibilità della luce di orientarsi in maniera differente a seconda degli oggetti che incontra. La luce è come un cavatappi che varia in modo armonico e se incontra un DNA armonicamente disposto su una scala a chiocciola produce un effetto, se il DNA è “disordinato” ne produce un altro, facendoci capire ancora una volta se ci sono anomalie oppure no. Senza dover usare la fluorescenza.
Proiettiamoci in avanti di dieci anni. Con quali microscopi ottici lavoreranno gli scienziati?
Una grande novità sarà il contributo dell’intelligenza artificiale, che darà la possibilità di elaborare e strutturare l’enorme quantità di informazioni che si ottengono attraverso la luce e che il cervello umano, per quanto potente, non può gestire. Tanto per farsi un’idea: le informazioni visive stimolano nel cervello umano un numero di neuroni pari a 10 elevato alla 11 che sviluppano 10 elevato alle 16 connessioni. I computer ci aiuteranno a districarci in questa valanga di dati con una efficienza che si avvicina sempre più a quella del cervello umano.
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