Dopo 70 anni, il prossimo 8 settembre, il documentario dell’Istituto Luce “Inchiesta parlamentare sulla miseria” torna al Festival di Venezia, dove fu presentato per la prima volta nel 1953.
Si tratta di una pellicola firmata dal regista Giorgio Ferroni, che completò in chiave cinematografica le attività della Commissione parlamentare che tra il 1951 e il 1954 indagò sulle condizioni di vita nelle zone rurali nelle Alpi, nel Delta padano, negli Appennini, nel Mezzogiorno e nei quartieri popolari di Milano, Roma e Napoli.
Una testimonianza dell’Italia del dopoguerra che mostra, quasi cento anni dopo l’unità, un paese ancora diviso in tre, con una povertà “contenuta” nelle regioni del Nord, grave nel centro e gravissima al Sud.
Come aveva allora dichiarato il Presidente della Commissione Elio Vigorelli: “Tutti sanno che esiste il problema della miseria, pochi ne conoscono le manifestazioni più angosciose, riconoscibili nell’accattonaggio, nel sudiciume, nell’ignoranza, nella prostituzione, nel delitto”.
“Inchiesta parlamentare sulla miseria”: bilanci familiari nel 1953
A questo, come riporta Corriere della Sera in un recente articolo che racconta l’inchiesta parlamentare e il documentario girato a completamento dell’indagine, avrebbe dovuto rispondere la Commissione, mettendo a confronto anche i bilanci familiari di un operaio specializzato del Nord e di uno del Sud.
La famiglia del primo, mostrata nel documentario, poteva contare su 60 mila lire al mese (circa 1.155 euro attuali secondo gli adeguamenti Istat), quella del secondo su 27 mila lire (pari agli attuali 519 euro). E un nucleo familiare medio era composto da cinque persone.
Le differenze di consumo
La famiglia di un operaio specializzato poteva acquistare 1,9 chili di pane al giorno, contro 1,6 kg di una famiglia povera del Sud; 3,4 kg di ortaggi e frutta contro 1,2 kg di soli ortaggi e 520 grammi di carne contro 150. All’epoca i poveri rappresentavano l’11,8% della popolazione – oltre 6 milioni di persone – e poco più della metà di questi potevano contare sull’aiuto degli Enti comunali di assistenza, mentre oltre 2 milioni erano completamente abbandonati a se stessi.
L’emigrazione
Fra i 1945 e il 1960 sono molti gli italiani che si trasferiscono all’estero per cercare lavoro: oltre il 50% dei lavoratori emigrati in Francia in quegli anni era rappresentato da cittadini irregolari e il 90% dei familiari che li raggiunsero emigrò illegalmente.
Le condizioni abitative
L’indice medio di affollamento della casa di un operaio specializzato era di 1,73 persone per vano, mentre i più poveri vivevano in cinque in un solo ambiente, che non necessariamente era in muratura, ma poteva essere una baracca o persino una grotta. Almeno 870 mila famiglie, negli anni Cinquanta, si trovavano in queste condizioni (pari a quasi 4 milioni e mezzo di persone).
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