Oggi la Corea del Sud è vista come un Paese ipertecnologico, patria di smartphone e smart-tv di ultima generazione.
Un Paese, insomma, in cui la tecnologia permea tutti gli aspetti della società. Persino l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione.
Tecnologia e pandemia in una società con sempre meno contatti
Del resto, il supporto digitale ha aiutato con successo i sudcoreani a fronteggiare la pandemia. Fin da subito è stato messo in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sono nate App di comunicazione, ad esempio, per segnalare in tempo reale i magazzini forniti di scorte dei dispositivi di sicurezza, come le mascherine.
Ci si potrebbe aspettare dunque che l’intera popolazione sudcoreana sia in grado di poter accedere senza difficoltà alla rete. Ma non è così. In quello che è considerato uno dei Paesi più avanzati, in termini di informazione e comunicazione, l’accelerazione verso una forte limitazione al contatto umano, ha lasciato indietro proprio loro: gli anziani.
È l’altra faccia di una società moderna, che vede camerieri robotizzati, studi di trucco virtuali e transazioni finanziarie digitali. Dall’altra parte c’è una popolazione in rapido invecchiamento e una forza-lavoro in netta diminuzione.
I senior sudcoreani e la sfida per un uso equo della tecnologia
La Corea del Sud vanta una infrastruttura Internet ad alta velocità, in grado di coprire quasi il 96% del territorio. Eppure solo il 29,2% degli over 60 anni afferma di servirsene per utilizzare App mobili e solo il 22,7% per acquisti online.
In effetti, secondo una ricerca dell’Università di Greenwich, le funzioni degli smartphone più utilizzate dagli ultrasessantenni sudcoreani sono le chiamate e il controllo dell’ora. Un dato impressionante se confrontato con i numeri dei trentenni, che utilizzano il 100% delle potenzialità offerte dalla Rete.
Ma il problema per Paesi industrializzati come la Corea del Sud non è tanto garantire a tutti l’accesso alle nuove tecnologie (la maggior parte dei sudcoreani possiede un computer o uno smartphone), quanto insegnare ad usarle. Solo così l’accesso ai servizi può essere garantito a tutti.
I rischi del digital devide durante la pandemia
In tempi di pandemia poter accedere o meno ad Internet può fare la differenza. Come è accaduto durante la prima fase, quando scarseggiavano le mascherine protettive. Man mano che si formavano code interminabili nei negozi, nascevano nuove App e siti Web che segnalavano in tempo reale la reperibilità dei dispositivi presso i vari rivenditori.
I giovani hanno utilizzato queste informazioni, ma molti anziani si sono dovuti affidare alle farmacie locali. Per il 65% dei sudcoreani, le informazioni “vitali” durante l’emergenza non sono state fornite a tutti in modo uniforme. A causa del digital divide.
Questo non è un problema nuovo in Corea del Sud, afferma Park Chang-ho, professore di sociologia all’Università di Seoul: «Quando si acquistano i biglietti del treno – esemplifica – solo gli anziani si mettono in fila alla biglietteria». Ed è un problema, in particolare nell’era del Coronavirus. A tal proposito il 65enne Ministro della Scienza e della Tecnologia, Choi Ki-young, ha riconosciuto la necessità di un’economia digitale “inclusiva”, avvertendo che il digital divide «potrebbe ampliare ulteriormente il divario sociale».
Il programma di alfabetizzazione digitale di Seoul: un progetto “futurista”
Pertanto il Governo ha in programma la creazione di 1.000 centri di istruzione per un piano di alfabetizzazione digitale.
Una politica riferita particolarmente alla popolazione anziana.
Lo scopo è rendere gli anziani più autonomi grazie – ad esempio – all’utilizzo di dispositivi per misurare la pressione del sangue. O alla capacità di attivare la teleassistenza. In quest’ottica è recentemente partito un programma educativo curato dalla Seoul Digital Foundation, che terminerà nel gennaio del 2021.
Il progetto prevede di formare 3.000 anziani per un uso più “smart” dei dispositivi digitali, grazie ad un insegnante d’eccezione: un piccolo robot umanoide chiamato Liku. L’iniziativa ha avuto un immediato successo. Durante il periodo di prova, a cui hanno partecipato 101 anziani, l’87% dei senior è rimasto soddisfatto e l’83% si è dichiarato interessato a proseguire l’attività.
Liku, il robot per imparare divertendosi
Liku è alto 43 centimetri ed è dotato di una tecnologia di riconoscimento facciale, comandi vocali e gestuali. È in grado di fare domande e fornire risposte. Il suo compito è affiancare gli anziani impegnati ad usare i moderni dispositivi tecnologici, aiutandoli a prendere confidenza con il mondo del digitale.
Il progetto vuole ridurre il divario tra la popolazione anziana e i “nativi digitali“ (i nati dopo il 1985). E i primi risultati sono arrivati: Liku ha già insegnato ai maturi alunni come utilizzare KakaoTalk, il “WhatsApp” coreano.
La Corea del Sud: un esempio per tutti
La pandemia ha dimostrato che il futuro degli anziani sudcoreani ha in ballo molto più dello shopping online. Riguarderà soprattutto un accesso più equo all’informazione, la capacità di rimanere in contatto con i servizi sanitari e sociali e la possibilità di non essere tagliati fuori dalla digitalizzazione della società. L’esempio della “ipertecnologica” realtà di Seoul è di spunto e riflessione perché, in fondo, riguarda già tutti noi.
(Immagine di apertura: tratta da YouTube)
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