Oggi è la più comune causa di demenza, di cui rappresenta il 50-60 % dei casi. Ma anche se il principale fattore di rischio è l’età, l’Alzheimer non è l’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento: è e resta una malattia vera e propria.
Non disponiamo ancora di un esame specifico per individuarlo tempestivamente. La diagnosi spesso arriva dopo un lungo percorso di visite e numerosi esami clinici e strumentali, ma gli studiosi stanno cercando un modo per identificare la malattia nelle prime fasi del suo insorgere. Un passo avanti in tal senso è stato compiuto presso lo Stevens Institute of Technology del New Jersey, negli Stati Uniti. Il team, guidato dalla professoressa K.P. Subbalakshmi, ha sviluppato un software in grado di identificare con precisione i segni rivelatori dell’Alzheimer.
La difficoltà nel linguaggio, un segnale da non sottovalutare
Lo studio prende le mosse dal modo in cui si esprimono i pazienti di Alzheimer. Come noto, infatti, l’alterazione del linguaggio è uno dei segnali di sospetta malattia. Chi ne soffre fatica a trovare le parole giuste. Magari usa la parola “libro” per descrivere un giornale. O sostituisce i nomi con i pronomi. Può dire, ad esempio, “Si è seduto su di essa”, descrivendo un’azione, anziché, più correttamente, “Il ragazzo si è seduto sulla sedia”.
«I deficit linguistici si verificano nell’8-10% degli individui nelle prime fasi della malattia e diventano più gravi e numerosi durante le fasi successive», ha spiegato alla stampa K.P. Subbalakshmi, principale autrice dello studio. E aggiunge: «È infatti pratica standard in ambito clinico usare il linguaggio come mezzo per lo screening di questo tipo di patologia».
L’Intelligenza Artificiale al servizio della medicina: un algoritmo “quasi umano”
Subbalakshmi e i suoi studenti hanno così sviluppato uno strumento basato sull’Intelligenza Artificiale in grado di rilevare queste alterazioni linguistiche. Per realizzare il loro scopo hanno utilizzato le trascrizioni di oltre 1.000 interviste, sia di pazienti con Alzheimer, sia di persone sane. A entrambe le categorie è stato chiesto di descrivere una scena che rappresentava dei bambini impegnati a rubare biscotti da un barattolo. Questi testi sono stati utilizzati per formare un algoritmo di intelligenza artificiale, assegnando ad ogni frase il suo valore numerico. Nel tempo, secondo il team, l’algoritmo ha imparato a distinguere tra le frasi dei soggetti sani e quelle dei malati di Alzheimer, con una precisione superiore al 95%.
Una svolta anche per il futuro delle altre malattie
«Questa è una vera svolta – ha detto la professoressa Subbalakshmi -. Stiamo aprendo un nuovo entusiasmante campo di ricerca». In futuro, il team spera di utilizzare lo strumento in lingue diverse dall’inglese e di arrivare ad una diagnosi basata su diversi tipi di testo, come un’e-mail o un post sui social. I ricercatori pensano anche di arrivare ad usare l’algoritmo per monitorare i progressi della malattia nel tempo. «Abbiamo progettato il nostro sistema perchè sia adattabile e trasparente», ha spiegato Subbalakshmi. «Se altri proseguiranno nella ricerca, potremmo lavorare insieme per raggiungere risultati migliori». La speranza infatti è di applicare lo stesso metodo anche ad altre situazioni neurologiche che influenzano l’uso del linguaggio, come afasia, ictus, lesioni cerebrali traumatiche e depressione.
© Riproduzione riservata