La questione Green Pass apre il dibattito su un tema attuale (e spinoso): approfittarsi del bene comune senza pagare il costo individuale
Da qualche mese stiamo assistendo a un dibattito acceso sul Green Pass e la limitazione delle libertà individuali che esso, secondo taluni, comporterebbe. Questo dibattito offre spunti interessanti per riflettere sul rapporto fra libertà e responsabilità in una democrazia evoluta come la nostra.
Precisiamo innanzitutto che, nonostante le polemiche, in Italia la maggioranza della popolazione è favorevole all’uso del Green Pass. Per molti sembra essere l’unica via d’uscita da una pandemia che ha costretto l’Europa e il resto del mondo a cambiare drasticamente il proprio modo di vivere. Una nutrita e aggressiva minoranza ritiene però questa misura un attacco a libertà inviolabili, prima di tutto quella di prendere decisioni mediche per sé (o i propri figli). Questa preoccupazione è legittima e non va minimizzata perché il diritto di decidere del proprio corpo, della propria salute, della propria incolumità è fondamentale. Questo vuol dire che a tale diritto non si possono apporre limiti? Si pensi alle leggi che rendono obbligatoria la cintura di sicurezza e il casco o vietano il fumo nei locali pubblici. Anche queste norme limitano in qualche modo delle libertà individuali ma davvero in pochi obietterebbero alla loro esistenza e negherebbero la loro utilità.
Ma c’è anche chi ritiene l’introduzione di un pass per avere accesso a certe attività una discriminazione inaccettabile, la creazione di una società divisa a metà, in cui i non vaccinati sarebbero ingiustamente privati della propria libertà.
L’errore implicito in questa impostazione – difficile dire se prodotto da malafede o da una difettosa capacità di leggere il reale – consiste nel criticare la decisione tralasciandone il contesto. E il contesto è in primo luogo la nostra Costituzione che prevede la libertà di circolazione dei cittadini “salvo limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza” (art. 16). Le nostre libertà sono originate e garantite dalla Costituzione, ma nessuna libertà è assoluta. Essa trova i suoi limiti nelle libertà altrui e nell’interesse prevalente della collettività.
Quando il dibattito sulla libertà diventa astratto, non ancorato al contesto e alle circostanze concrete, si rischia di poter dire tutto e il contrario di tutto.
È normale volere indietro le nostre vite ma la soluzione non è comportarsi come se il virus non esistesse. L’alternativa ai vaccini e al Green Pass sarebbe un altro inverno di lockdown, attività chiuse, disastri economici. E a quel punto il dibattito si capovolgerebbe: perché limitare la libertà di quelli che hanno fatto il vaccino, se non mettono a rischio la salute altrui e la tenuta del sistema sanitario? La libertà di cui la scorsa estate hanno goduto i non vaccinati è stata il frutto anche delle scelte di chi ha deciso di vaccinarsi, riducendo l’impatto del Covid-19 sugli ospedali.
Gli economisti chiamano freerider (alla lettera: chi usa l’autobus senza acquistare il biglietto) tutti coloro che approfittano di un bene comune senza pagare un costo, così scaricando sulla collettività i costi di tale uso egoistico. Solitamente questo accade quando è impossibile evitare l’accesso a tale bene. Un esempio tipico è l’aria pulita. Non c’è modo di escludere un essere umano dall’utilizzo d’aria (ovviamente): questo però riduce gli incentivi ad agire a livello individuale per contenere l’inquinamento, per esempio rinunciando a guidare la macchina o usando i mezzi pubblici. Se non abbiamo la giusta sensibilità possiamo credere che le scelte altrui saranno sufficienti a preservare quel bene comune e che il nostro intervento non farà nessuna differenza; oppure possiamo credere che – come noi – nessun altro avrà incentivi per cambiare comportamento e quindi non ha senso fare la nostra parte.
È un circolo vizioso che si risolve solo con decisioni a livello collettivo, ovvero con decisioni politiche. Appartengono a questa categoria, per esempio, le restrizioni all’uso delle auto nei centri cittadini. Anche queste misure limitano la libertà individuale di circolare con la propria vettura ma è chiaro a tutti che questa limitazione è indispensabile per tutelare un interesse collettivo e dunque superiore.
Ecco perché, soprattutto in caso di emergenza, affidarsi alle preferenze individuali non è una buona idea: esse non permettono quasi mai di tutelare adeguatamente i beni comuni.
Per quanto riguarda la salute pubblica, che è un bene piuttosto elusivo, ma indispensabile per assicurare la maggior parte delle nostre libertà, il prezzo individuale è vaccinarsi. È grazie a chi si è vaccinato che la pandemia è diventata gestibile, anche in presenza di una variante contagiosissima. Chi non si vaccina e polemizza contro il Green Pass vuole godere della libertà ritrovata senza aver fatto e senza voler fare la sua parte. Nega dunque (a volte inconsapevolmente, a volte in modo doloso, anche per mediocri ragioni politiche) il dovere di solidarietà alla base di ogni convivenza evoluta e civile.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è La disciplina di Penelope.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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