Mauro Palma, Presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale svela lo stato di salute delle carceri italiane: «Occorrono strutture sociali di supporto»
Quarantasette suicidi dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. Un dato drammatico che racconta sofferenza, disagio e disperazione. Qual è lo stato di salute dei penitenziari del nostro Paese? Lo abbiamo chiesto a Mauro Palma che dal 2016 – anno di istituzione della carica – è Presidente del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Alla fine degli Anni ’80, Palma ha fondato l’Associazione Antigone ‘per i diritti e le garanzie nel sistema penale’. Nel 2014, è stato eletto Presidente del Consiglio europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale del Consiglio d’Europa.
Oltre al sovraffollamento e all’arretratezza strutturale degli istituti, cosa raccontano, oggi, le carceri italiane?
Intanto, va detto che negli anni recenti si è accentuata una connotazione di minorità sociale, i detenuti provengono più dalla povertà che dalla criminalità. Basti pensare che in Italia sono circa 4mila le persone condannate a una pena inferiore ai due anni, circa 1.500 le persone condannate a una pena inferiore a un anno. Parliamo, quindi, di reati minori che appartengono al disagio sociale, alla tossicodipendenza. Si tratta, inoltre, di persone con problemi di ordine psichiatrico che non trovano strutture intermedie a fare da controllo e da supporto. Non funzionano più altri sistemi di regolazione sociale a cominciare dall’istruzione. Non è pensabile che nel carcere ci siano persone che non hanno l’obbligo scolastico, abbiamo ancora analfabeti dentro le carceri e questo fa diminuire la possibilità di trovare un lavoro. Sono vite su cui bisognava e bisogna intervenire.
Quale potrebbe essere la soluzione?
L’investimento in altre strutture territoriali che siano di controllo ma anche di supporto, in caso di pene brevissime. Bisogna evitare che il tempo speso in carcere sia un tempo vuoto, quindi, investire su attività formative che siano spendibili per i detenuti e che gli permettano di trovare un lavoro. Il carcere, oggi, pensa sempre a come far trascorrere il tempo qui e oggi piuttosto che domani e fuori.
Le segnalazioni che arrivano ai suoi uffici?
I detenuti lamentano la grande carenza dei legami con la famiglia. Durante il periodo Covid (quando le visite in carcere erano sospese, ndr), sono state concesse le videochiamate ma con la fine della pandemia vengono progressivamente tolte.
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