Il vicecapo della struttura che protegge le persone e l’ambiente in caso di calamità racconta la sua carriera e loda lo spirito solidale degli italiani: «Lo testimonia il volontariato»
«La vita mi ha regalato gioie inattese». Ha l’aria di sentire e ponderare tutto quello che dice, Immacolata Postiglione. Una dote non indifferente per la prima donna a ricoprire, dal 2021, l’incarico di vicecapo del Dipartimento della Protezione Civile, la struttura governativa che coordina l’attività del servizio nazionale di protezione civile. Modi gentili, chiarezza di pensiero e una perspicacia che le consente di andare dritto al punto, la dottoressa Postiglione descrive il suo percorso come un fatale succedersi di combinazioni. «Dopo la maturità classica a Salerno, la mia città, al momento di decidere in quale ambito proseguire gli studi, mi sono lasciata guidare dalla suggestione. Una chiacchierata con un amico mi ha fatto innamorare della Geologia: una perfetta sintesi, mi sembrava, tra umanesimo e scienza; una disciplina che studia la terra, ma anche l’impatto della terra sull’uomo e dell’uomo sulla terra. Dopo la laurea a Napoli ho conseguito un dottorato in Vulcanologia ed ero convinta di dedicarmi alla ricerca. L’incontro con la mia professione è stato casuale. Nell’attesa di discutere la tesi di dottorato ho frequentato un corso di tecnico della Protezione Civile, a Fabriano, e ho avuto la seconda illuminazione della mia vita. Quel corso è stato in un certo senso il completamento dei miei studi, mi ha mostrato come le nozioni che avevo appreso potevano essere usate praticamente, per il bene della comunità». Poco tempo dopo, nel luglio del 1999, Immacolata Postiglione avrebbe vinto un concorso per l’assunzione a tempo determinato nel Dipartimento della Protezione Civile. «Il contratto annuale mi fu rinnovato per cinque o sei volte, poi è arrivata l’assunzione definitiva. Ho continuato a fare il geologo, con lo sguardo non più rivolto al passato ma al futuro, imparando a difendere il territorio e le persone che lo abitano. È scoccata la scintilla di una passione irrefrenabile per il mio lavoro».
Passione e professionalità hanno portato la dottoressa Postiglione fino ai vertici della Protezione Civile, a guidare l’Ufficio per la gestione delle emergenze dal 2015 al 2017 e poi all’incarico di vicecapo. «Appassionata e seria, così penso di potermi definire – spiega -. Mi faccio prendere, nella vita professionale come in quella privata, e penso che in fondo l’emozione non sia un male, anche in un lavoro come il mio che richiede capacità di analisi e tempestività di decisione. D’altra parte cerco di bilanciare l’emotività con un’attitudine seria e responsabile, con la dedizione e l’approfondimento. Inseguo un equilibrio che non escluda la sensibilità». La dottoressa Postiglione sostiene l’utilità di un “approccio femminile” alla Pubblica Amministrazione, soprattutto quando si tratta di fronteggiare rischi. «Fuori da ogni retorica – dice -, credo che l’elemento distintivo delle donne sia uno spiccato senso della cura, del farsi carico, che deriva dalla condizione, anche solo potenziale, di essere madre. Si tratta di una speciale sensibilità verso l’altro, un’umanità declinata al femminile che ha qualcosa di particolarmente profondo, una propensione ancestrale. Purtroppo, in relazione al lavoro, esiste ancora una questione femminile. Malgrado enormi progressi, le donne non sono ancora nelle condizioni di competere alla pari. Mi riferisco ad esempio alla questione della maternità, che ancora penalizza le lavoratrici, o all’idea che spetti principalmente alle donne la gestione del ménage familiare e che ciò le renda inadatte a certe mansioni o responsabilità. Non amo le ‘quote rosa’, come idea in sé, ma credo che in questa fase storica siano necessarie. Bisogna combattere una battaglia culturale: convincere ogni giovane donna che nulla le è precluso, che non esistono attività o aree del sapere (come quella scientifica) riservate preferibilmente al genere maschile». La sua esperienza, racconta, è particolare: «Sono stata fortunata. Tutti i miei maestri mi hanno concesso fiducia senza alcuna forma di discriminazione. Ho al fianco un uomo che ha svolto e svolge incarichi importanti ma non ha mai sminuito il mio lavoro. Certo, ho fatto delle scelte, più o meno volontarie, non ho figli ad esempio, e questo ha sicuramente influenzato la mia carriera. In circostanze diverse l’esito sarebbe stato lo stesso? Non posso dirlo con certezza. E d’altronde conosco tante donne che conciliano brillantemente lavori di grande responsabilità con la famiglia, i figli e una dimensione privata vissuta pienamente».
Grande responsabilità e doti fuori dal comune richiede certo il suo ruolo, di cui Immacolata Postiglione non nasconde le difficoltà. «La Protezione Civile opera in due tempi. C’è il tempo della pace, in cui bisogna programmare, indirizzare, prevenire; e poi c’è il tempo più drammatico dell’emergenza, nel quale bisogna agire. Tenere insieme i due tempi può essere molto complicato, soprattutto quando l’emergenza è grave e duratura (penso al terremoto nell’Italia centrale del 2016) e scombussola tutti i piani. Complicata è sempre la scelta di fronte all’emergenza, quando il fattore tempo impone di decidere in fretta, riducendo i margini di analisi, e pesa l’incertezza sulla possibile evoluzione del fenomeno calamitoso. Il rischio di sbagliare è sempre in agguato, ma lo riducono considerevolmente l’esperienza e l’affiatamento della squadra». Esiste d’altra parte la ricompensa del successo, un elemento di soddisfazione proporzionale al rischio corso. «Quando la squadra lavora bene – perché sempre si tratta di un lavoro di squadra – io mi sento come il direttore di un’orchestra in cui tutti gli strumenti sono in tono e in armonia. Il nostro lavoro dà un riscontro immediato e ripaga con la riconoscenza che la gente dimostra a chi ne ha alleviato sofferenze e solitudini». L’Italia è un Paese sano, s’illumina la dottoressa Postiglione, sano e vivo nella solidarietà. «Qualunque discorso sulla società italiana non può prescindere dai volontari della Protezione Civile. Centinaia e centinaia di persone che dedicano tempo ed energie ad aiutare gli altri senza compenso. Rappresentano, come ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una risorsa tra le più preziose della nostra società, uno dei pilastri su cui costruire l’armatura di solidarietà che deve sorreggere ogni convivenza civile».
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