Poco sicuro. Troppo carico di odio, rabbia e commenti incivili. Frequentato da persone che si intromettono con una certa facilità nelle vite “on line” degli altri. Stiamo parlando del Web. Nonostante le tante campagne di sensibilizzazione promosse negli ultimi anni, continua ad essere visto così: un luogo poco civile e assai meno affidabile. Persino rispetto ad un anno fa.
L’allarme è arrivato di recente, durante il Safer Internet Day 2020, appuntamento internazionale con cui puntualmente si cerca di promuovere un uso più sicuro e responsabile di Internet e delle nuove tecnologie. I dati sono quelli del Digital Civility Index, indagine condotta dalla Microsoft. Ogni anno la famosa software house analizza attitudini e percezioni degli adolescenti (dai 13 ai 17 anni) e degli adulti (dai 18-74 anni) rispetto a temi quali l’educazione civica digitale e la sicurezza online.
Il Digital Civility Index e l’Italia: scendiamo di una posizione
L’indagine include 25 Paesi, compresa l’Italia. Anche qui è stato riscontrato il medesimo trend, se non un peggioramento: siamo infatti scesi al 10° posto, perdendo una posizione rispetto al 2019. Resta invece stabile al primo posto il Regno Unito, mentre ultimo in fondo alla classifica troviamo il Sudafrica.
In testa alle lamentele degli italiani intervistati ci sono, a farla da padrone, il fenomeno dei “contatti indesiderati” (al 41%), seguono quindi le “fake news” (al 29%) e il “sexting – cioè l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare – indesiderato” (al 23%).
Anche il “cyberbullismo”, sebbene in calo a livello globale e nel mondo, continua a fare vittime in Italia: il 22% degli intervistati ha dichiarato di esserne stato vittima. Ad essere presi di mira sono soprattutto l’aspetto fisico (28%), l’orientamento sessuale (21%) e la politica (21%).
Il 67% degli intervistati ha persino dichiarato di essere stato ripetutamente vittima di almeno uno dei principali rischi. Ma passare dal rischio “virtuale” a quello “reale” è questione di attimi: il 33% racconta di aver incontrato di persona l’autore della minaccia. A livello mondiale, nel 30% dei casi, si tratterebbe addirittura di amici e familiari. Le vittime denunciano inoltre dolore e disagio per i danni inferti alla propria reputazione (89%), le molestie (87%), i maltrattamenti (82%), le micro-aggressioni (76%) e anche la misoginia (73%).
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