Il vertice Nato a Vilnius dell’11 e 12 luglio ha delineato lo sviluppo dell’organizzazione militare. Entra a farne parte la Svezia, l’Ucraina dovrà attendere, ma incassa un sostegno a lungo termine.
C’era molta attesa per la riunione dei capi di governo dei Paesi della Nato tenutasi l’11 e il 12 luglio a Vilnius, capitale della Lituania. Il “gran cerimoniere”, il norvegese Jens Stoltenberg, confermato segretario generale fino al 31 ottobre 2024, era chiamato a mediare su una serie di temi delicati e spinosi. I rapporti con la Cina, ma soprattutto la questione dell’adesione della Svezia e dell’Ucraina.
Quanto al Paese scandinavo, una circostanza che sembrava particolarmente complessa – la minaccia di veto del presidente turco Tayyip Erdoğan – è stata del tutto sovvertita a prezzo di alcune importanti concessioni ad Ankara. Un accordo da venti miliardi di dollari permetterà alla Turchia di acquistare una batteria di caccia F16 di produzione statunitense, prima oggetto di blocco da parte di Washington. Inoltre la Svezia si impegna a cambiare atteggiamento verso i militanti del partito dissidente curdo Pkk ospitati nel Paese e considerati terroristi da Erdogan. Infine, Stoccolma ha garantito che sosterrà l’aggiornamento dell’accordo doganale fra Turchia e Unione Europea nel senso di un’esenzione dal visto per la repubblica sul Bosforo.
Vertice Nato a Vilnius: l’Ucraina deve attendere
Più interlocutori sono i risultati raggiunti a proposito dei rapporti con l’Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky sperava nella definizione di un processo con tempi e procedure certe per sancire l’ingresso del suo Paese nella Nato. La formula adottata nel vertice di Vilnius è invece alquanto vaga: l’Ucraina entrerà nell’organizzazione “una volta che gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. Si tratta di un compromesso tra la posizione più prudente di Stati Uniti e Germania e quella più decisa dei Paesi dell’Europa orientale, sostenuti da Regno Unito e Francia.
L’idea pare quella di consentire l’ingresso dell’Ucraina, in base a una procedura semplificata, ma solo a guerra finita, per evitare che la Nato sia risucchiata, come da trattato istitutivo, nel conflitto contro la Russia. D’altra parte Zelensky ha incassato dall’organizzazione e dai Paesi del G7, sia individualmente che collettivamente, l’assicurazione di un sostegno deciso e di lungo periodo che comprende anche la fornitura di armi. Lo scontento iniziale del presidente ucraino è ora un cauto ottimismo, anche perché il 12 luglio è iniziato il Consiglio Nato-Ucraina, un organismo consultivo i cui partecipanti si confronteranno periodicamente sull’andamento della guerra e le necessità economiche e militari di Kiev.
La Nato del futuro
Come mai prima, a Vilnius la Nato ha manifestato le sue velleità globali, discutendo coi capi di governo di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud. Nel documento finale del vertice si evoca una sorta di sorveglianza attiva verso le politiche coercitive e gli interessi espansionistici della Cina, a riprova di idee chiare seppur controverse.
Se il ministro degli esteri cinese ha parlato di ritorno dei blocchi e il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dimitrij Medvedev ha evocato lo spettro della terza guerra mondiale, la premier italiana Giorgia Meloni ha dichiarato che “il vertice di Vilnius è riuscito a ribadire una delle certezze di questo tempo: l’unità dell’Alleanza Atlantica, la determinazione di tutti gli alleati a difendere i propri valori e le regole del diritto internazionale”.
L’azzardo prudente, come qualcuno lo ha definito, delle scelte della Nato sarà anche fruttuoso a seconda della compattezza che l’organizzazione saprà mantenere e proiettare all’esterno.
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