Ieri, 8 giugno, è stata la Giornata degli Oceani. Istituita nel 1992 al Summit della Terra di Rio de Janeiro per celebrare il legame che unisce l’uomo agli Oceani, vuole ribadire la necessità di conservare l’ecosistema marino. Il tema di quest’anno è “Proteggiamo insieme la nostra casa”; obiettivo: indurre i leader mondiali a proteggere il 30% dei mari entro il 2030.
La grande minaccia al Pianeta Azzurro
Gli oceani coprono tre quarti del nostro Pianeta e assicurano la sopravvivenza di 3 miliardi di persone. In termini di risorse e di industrie sviluppano il 5% del Pil mondiale e sono minacciati dalla pesca intensiva, dal surriscaldamento e dall’invasione della plastica. Nonostante gli appelli delle organizzazioni internazionali e dei governi, infatti, solo il 5% della plastica è correttamente riciclata, mentre il 40% finisce nelle discariche e un terzo negli ecosistemi più fragili.
Come gli oceani appunto. Ogni anno, tra sacchetti e bottiglie, secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2018 circa 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. È come se ogni minuto nell’Oceano venisse scaricato il contenuto di un camion della spazzatura. Se questa tendenza dovesse continuare, entro il 2050 i nostri mari potrebbero contenere più plastica che pesci.
Gli italiani e il mare: sempre più consapevoli?
Secondo la ricerca Gli italiani e la tutela del mare e dell’ambiente promossa dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale (Ogs), l’84% degli italiani è consapevole della gravità della situazione. Le plastiche, gli inquinanti chimici e gli effetti dei cambiamenti climatici sono considerati a pieno titolo una grave minaccia per la salute degli oceani.
Quello con il mare è un rapporto ancora molto sentito nel nostro Paese. Sappiamo tutti quanto sia importante per la salute “respirare l’aria buona del mare”. Ma, per fortuna, c’è chi non si limita solo a contemplare il moto delle onde.
La storia di Pasquale Di Marco, il “nonno del mare”
Pasquale Di Marco, 93 anni il 20 aprile scorso, è tornato ad “annusare” il profumo del mare. Dalla fine del lockdown, ogni giorno, come già faceva gli scorsi anni, guida per quasi 60 chilometri, dalla sua abitazione di Poggio San Vittorino – a Teramo – fino a Giulianova. Andata e ritorno. Una volta arrivato in spiaggia, si siede ad ammirare l’enorme distesa d’acqua davanti ai suoi occhi, seduto su una piccola sedia di legno portatile. Ma da oggi il suo amore per il mare non è più solo contemplativo. Infatti, prima di far ritorno casa – indossata la mascherina e armato di sacchetti per la raccolta – fa un giro sull’arenile per ripulirlo dalla plastica e dai rifiuti che giacciono abbandonati. Trasportati dalle mareggiate o lasciati lì dall’incuria delle persone.
“Il nonno del mare”, come lo hanno soprannominato con affetto i suoi concittadini abruzzesi, ha raccontato la sua storia ad una radio locale. Come molti altri italiani ha lavorato nelle miniere di carbone del Belgio, a centinaia di metri di profondità. Poi è stato cameriere e lavoratore nei campi. Ancora oggi coltiva la sua terra e ringrazia Dio per avere la forza di guidare per così tanti chilometri. Un vita dura, per certi versi, ma che non gli ha impedito di avere oggi, superati i novant’anni, una salute invidiabile, aiutata anche dalla mancanza di “vizi”. Pasquale infatti non beve e non fuma. Tutto ciò che desidera è trascorrere le giornate in serenità. Senza dimenticare, però, l’impegno civile.
Un nonno “Plastic Free ad honorem” e il suo impegno per il mare
“Nonno Plastic Free ad honorem” è il riconoscimento concessogli quest’anno dalla Onlus omonima per il suo impegno verso l’ambiente e il mare. L’organizzazione, sul suo profilo Facebook, riporta proprio una frase rilasciata da Pasquale: «Basta lamentarsi per ogni cosa, serve mettersi al lavoro e amare il proprio Pianeta». E così, lui per primo porta avanti con determinazione la sua missione: ripulire la sabbia da vecchie reti, bottiglie di plastica e polistirolo, a cui purtroppo quest’anno si aggiungono guanti di plastica e mascherine monouso.
Indossare la mascherina non vuol dire creare rifiuti
Secondo uno studio del Politecnico di Torino, il rischio è che nella Fase 2, solo in Italia, vengano disperse nell’ambiente, se non smaltite correttamente, circa 10 milioni di mascherine. Molte di queste finiranno in mare, complice anche la riapertura delle spiagge per la stagione estiva, finendo col mettere in pericolo i suoi abitanti. Guanti e mascherine possono diventare in futuro una nuova bomba ecologica.
In attesa che si giunga ad un ripensamento dell’intera filiera produttiva per renderla ecosostenibile, è importante ricordare che questi dispositivi usa e getta non devono mai essere lasciati a terra. Impigliati tra i rami degli alberi o tra le onde del mare rischiano di trasformarsi un una trappola mortale per migliaia di piccole creature. E finiremo anche per ritrovarli nella pancia dei pesci che mangiamo. Facciamo nostro l’appello di nonno Pasquale: «Il mare è una cosa grande. Non buttate nulla, specialmente guanti e mascherine».
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