La durata della vita umana si è allungata vertiginosamente. L’ultima sfida è assicurare una sempre migliore qualità di vita agli anni della vecchiaia. Un vantaggio stratosferico per l’economia.
I progressi registrati negli ultimi decenni in campo medico e sociale hanno incrementato l’aspettativa di vita umana. Si entra nella terza (e anche quarta) età con una prospettiva di anni in più da dedicare ancora alla vita attiva. Ma spesso quest’obiettivo è contrastato da malattie e cronicità che rischiano di inficiare la produttività. Situazioni di comorbidità compromettono l’autonomia e l’orizzonte di una vita attiva. Per questo si parla sempre più spesso ormai di invecchiamento sano, ossia attivo e in piena salute.
Uno studio economico
Ma, dal punto di vista economico, quali sono di fatto i vantaggi di una sana longevità? Uno studio della London Business School prova a rispondere a questa domanda. La ricerca mostra che, ritardare l’invecchiamento migliorando la salute in generale, ha un impatto economico positivo. Il modello matematico di ricerca realizzato dagli economisti inglesi si basa sui dati economici, sanitari e demografici della popolazione degli Stati Uniti. In sostanza, gli studiosi hanno assegnato un valore monetario ai guadagni derivanti dall’allungamento della vita media della popolazione statunitense, dai cambiamenti nel tasso di invecchiamento e dal miglioramento della salute. Hanno così dimostrato gli innumerevoli profitti economici ottenuti con gli investimenti nelle terapie anti-invecchiamento. Conti alla mano, rallentare l’invecchiamento, anche solo aumentando l’aspettativa di vita di 1 anno, comporterebbe un guadagno di 37,6 trilioni di dollari. Un mercato che in 10 anni raggiungerebbe la cifra astronomica di 367 trilioni.
Il circolo virtuoso dell’invecchiamento attivo
L’aspetto più interessante della ricerca è il circolo virtuoso prodotto da un invecchiamento sano e attivo. Emerge infatti che allungare e migliorare la vita con terapie anti-invecchiamento aumenta il desiderio di vivere sempre più a lungo. Molto semplicemente, spiega l’autore principale dello studio Andrew Scott, le persone che a 80 anni soffrono di qualche patologia sono meno motivate a raggiungere i 90. Mentre, chi arriva a 80 in buona salute è spinto a vivere di più. Ma per farlo deve ricorrere alle terapie anti-età. E la ruota dell’economia continua a girare.
Un’economia “dal volto umano”
Migliorare la salute nella terza età, dunque, comporterebbe notevoli vantaggi per il business. Un invecchiamento ritardato aumenterebbe l’età media e la qualità della vita negli anni successivi. Quindi, sempre più persone beneficerebbero dei miglioramenti e degli investimenti nei trattamenti anti-età. Con grandi margini di profitto. Tuttavia, avvertono gli studiosi, per raggiungere questo risultato e sfruttare il potenziale enorme del mercato delle terapie anti-age, è necessario un presupposto di natura sociale. Il guadagno, infatti, sarà possibile in concreto solo garantendo a tutti l’accesso ai trattamenti stessi, indipendentemente dal reddito e dal censo.
Il nuovo obiettivo: invecchiare bene
Esiste una vasta quantità di studi sull’impatto economico positivo del miglioramento della salute nell’infanzia e in età adulta. Ma per Scott lo stesso concetto non si applica ancora alla fascia degli over 50. Un fatto “sconcertante”, dichiara. Da qui, il valore del suo studio, che si concentra su una nuova fase demografica ed economica. Quella in cui, nota l’economista, in particolare nei paesi ad alto reddito, un bambino nato oggi vivrà fino a 90 anni. Il che significa che siamo davanti ad un nuovo imperativo umano: invecchiare bene.
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