La campagna vaccinale, partita il 27 dicembre scorso in tutta Europa, ha subito un rallentamento negli ultimi giorni. Le case farmaceutiche che producono il vaccino non riescono ad esaudire tutte le richieste. Hanno comunicato quindi che rallenteranno la realizzazione delle dosi per rendere più efficiente il loro processo produttivo.
Era da prevederlo, in fondo. Perché questa “corsa all’oro del terzo millennio” sarà un tragitto lungo e, difficilmente, si concluderà nel giro di pochi mesi, come i più ottimisti avevano sperato. Ma c’è anche un altro tema bollente: chi viene vaccinato per primo? Con quale criterio si è scelti? E qui sono state fatte, sin da subito, delle scelte chiare: prima il personale sanitario e chi vive nelle Rsa, poi gli over 80 e dopo, man mano, tutte le altre fasce della popolazione.
C’è un aspetto però che è rimasto fuori dalle valutazioni di chi è al potere, ovvero quello della solitudine e dell’isolamento. Quello che, da quasi un anno, sono costretti a vivere – e a subire – gli anziani ricoverati nelle Rsa no profit.
“Vacciniamo anche i familiari degli ospiti delle Rsa”: l’appello di Uneba
Ha lanciato proprio questo allarme l’Uneba, associazione che rappresenta 900 enti del settore sociosanitario e assistenziale italiano. “Serve anche un vaccino contro la solitudine” ha poi aggiunto in un comunicato stampa diramato nei giorni scorsi. Così ha finito col lanciare una proposta: per ogni anziano vaccinato in una Rsa, bisogna vaccinare anche un parente, in modo da poter riprendere gli incontri di persona.
Perché è vero che le comunicazioni non si sono mai interrotte, è vero che si comunica anche attraverso tablet, smartphone, Skype. Ci si può guardare dalla finestra o nelle “stanze degli abbracci” che si stanno diffondendo in tutto il Paese. Ma le barriere rimangono, seppur invisibili.
“Il vaccino contro il Covid-19 è fondamentale per gli anziani e le persone fragili accolte in Rsa – scrive Franco Massi, presidente Uneba nazionale – ma non è sufficiente a rimediare all’altra ferita che questi mesi di pandemia hanno inferto ai nostri ospiti: quella della solitudine”.
La scelta di chiudere tutto, purtroppo, è stato l’unico mezzo che ha permesso di salvaguardare la salute delle persone, ma a farne le spese sono stati i rapporti affettivi. “A soffrire altrettanto fortemente di questa limitazione – continua il presidente Massi – sono stati anche figlie e figli, fratelli e sorelle, nipotini degli anziani e delle anziane delle Rsa. Per questo chiediamo che, per ogni anziano vaccinato, sia vaccinato al più presto un familiare dello stesso”. In questo modo potrebbe tornare a visitare il suo caro, pur nel rispetto di tutte le misure di protezione. “Riallacciare le relazioni – continua Massi – sarebbe un vero vaccino contro la solitudine per l’anziano, oltre che un’importante fonte di benessere psicofisico”.
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