Il 2024 è l’anno del turismo delle radici, un viaggio alla ricerca delle origini familiari, recuperando luoghi e tradizioni
L’Italia, che ha dichiarato il 2024 l’anno del turismo delle radici, si rivolge a tutti i suoi cittadini sparsi per il mondo e ai loro discendenti, invitandoli alla scoperta dei luoghi dai quali sono partite le loro famiglie. Nei numeri, si tratta di una comunità enorme (circa 60 milioni di persone) che potrebbe generare in Italia un “tesoretto” annuo vicino a 8 miliardi. Dati importanti che provengono da un’indagine di Confcommercio condotta nel 2023 sulle comunità italiane di 8 paesi (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti) e che mostrano anche la forte affinità col paese d’origine.
Lo studio di Confcommercio
Dallo studio, presentato al Salone del Turismo di Rimini, emerge infatti che l’84% di questa comunità conosce bene la lingua italiana e l’82% mangia abitualmente cibi italiani. È anche significativo che il 60% sia venuto o tornato più volte nel corso degli anni e tre su dieci dedichino al viaggio in Italia una o due settimane per visitare parenti e luoghi di origine. La maggior parte arriva con la famiglia preferendo i mesi di giugno e settembre. Il 27% pernotta a casa di parenti e amici, mentre il 35% punta su alberghi e il 16% su altri tipi di strutture turistico-ricettive. Un’occasione di investimento, certo, ma anche di salvaguardia delle comunità più fragili che oggi sono a rischio scomparsa a causa dello spopolamento e della transizione demografica.
Il fascino delle origini per sostenere il futuro
Il turismo delle radici mescola il richiamo delle origini alla curiosità di visitare luoghi molto spesso fuori dai circuiti del turismo tradizionale. Risponde anche a nuove opportunità. In primis la sfida digitale (la ricerca della storia familiare passa dai siti web); l’ecosostenibilità (valorizza le aree meno note consentendo la ristrutturazione di abitazioni e favorendo i prodotti locali); l’occupazione giovanile sul territorio (per favorirne anche il ripopolamento). Il Governo ha stanziato ingenti finanziamenti destinati ai comuni sotto i 6000 abitanti per l’attuazione di iniziative culturali, folcloristiche e culinarie. Un accordo con le Ferrovie dello Stato a vantaggio dei turisti iscritti all’Aire completa il pacchetto. L’idea è che il turismo delle radici promuova non solo la cucina e le bellezze naturali, ma anche la cultura, il cicloturismo e l’artigianato.
Il progetto Italea
Un aiuto in tal senso viene anche dal Ministero degli Esteri autore del progetto Italea. Il programma di promozione ufficiale di viaggi è rivolto sia a chi già conosce le proprie origini italiane e vuole organizzare un viaggio per esplorare i luoghi, le tradizioni e la cultura dei propri antenati, sia a chi desidera scoprire la propria discendenza italiana, attraverso una rete di genealogisti esperti. Il progetto fornisce un insieme di servizi turistici – itinerari, laboratori, vantaggi, sconti – per agevolare il viaggio in Italia, grazie al lavoro di una rete di professionisti che in ogni regione d’Italia accoglieranno e assisteranno i viaggiatori. Il nome deriva dalla parola “talea”: un parallelo con le migrazioni, dove chi ha lasciato l’Italia ha piantato le proprie radici in nuove terre.
Istat: il futuro dei piccoli borghi
Il turismo delle origini è un mezzo per contrastare la marginalizzazione delle aree interne del paese, più soggette di altre allo spopolamento. L’Istat prevede in futuro un rafforzamento della tendenza, legata alla crisi economica e all’invecchiamento. Il fenomeno è più acuto nel Mezzogiorno dove alla denatalità si associa da tempo una ripresa significativa dei flussi migratori sia interni sia internazionali. Le previsioni della popolazione a 20 anni confermano il processo di rapido spopolamento delle Aree Interne. Nel 2042, infatti, i Comuni del Centro perderanno complessivamente il 3,6 % della popolazione mentre nelle Aree Interne (spesso zone montagnose isolate con scarsità di servizi e infrastrutture) il calo raggiungerà il 9,3%. Territori tutti già oggi caratterizzate da una popolazione anziana in buona misura superiore a quella giovane.
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