Dalla presa in carico del paziente in fase acuta fino alla completa ripresa
Dal trauma dello sportivo agli infortuni, dalle tensioni posturali alle alterazioni congenite o acquisite del sistema muscolo scheletrico (ad esempio per le scoliosi o per i piedi piatti), dalle patologie respiratorie (come per le broncopneumopatie) alle patologie neurologiche (come per le emiplegie e tutte le forme di paresi), dalle patologie del pavimento pelvico (come per l’incontinenza urinaria e per il prolasso) alle malattie reumatiche (come per l’artrite reumatoide e la pelvispondilite anchilosante) e così via, per un lunghissimo elenco di tutti gli ambiti per i quali la riabilitazione offre un prezioso contributo, il trattamento fisioterapico nella sua più ampia accezione può assumere diverse forme e molteplici impostazioni. In linea generale, il protocollo terapeutico deve essere strutturato sempre in relazione alle tappe fondamentali del processo di guarigione dettate dalla fisiologia e dalla fisiopatologia. Il piano terapeutico del trattamento riabilitativo presenta quindi differenti aspetti e peculiarità e varia in relazione alla fase della patologia. Il primo step del trattamento riabilitativo rappresenta un momento fondamentale per la rapida e completa guarigione del paziente. Si deve quanto prima “ridurre l’infiammazione” e di conseguenza la sintomatologia dolorosa. Che si tratti di un trauma acuto, ma
anche nel caso di uno squilibrio posturale adattativo che può aver portato nel tempo verso una condizione patologica, si deve ripristinare – sia a livello locale che globale – il corretto ambiente cellulare e vascolare (drenaggio dei cataboliti del processo infiammatorio) per migliorare la biochimica verso la guarigione. In questa prima fase l’obiettivo è anche quello di “ridurre l’assunzione di farmaci”. È un obiettivo raggiungibile grazie alla terapia manuale (che mira al ripristino della
mobilità dei tessuti) ma anche con l’utilizzo di apparecchi elettromedicali che, ad oggi, grazie all’evoluzione tecnologica, hanno raggiunto un elevato livello di efficacia. Il secondo step prevede la “riduzione delle tensioni muscolari e tissutali” sempre grazie alla terapia manuale, per l’azione diretta sulle retrazioni e sulle contratture muscolari responsabili del dolore. Normalmente è abbinata alla cauta mobilizzazione per incrementare progressivamente il range di movimento. La rigidità delle articolazioni è dovuta all’eccessiva tensione muscolare e fasciale, normalmente come risposta di difesa al dolore. Sono questi alcuni tra i fattori che mantengono vivo il dolore e di conseguenza portano alla limitazione articolare. Al recupero dell’articolarità deve poi seguire il “recupero della forza e della resistenza muscolare”. All’incremento della libertà articolare devono seguire esercizi (progressivamente più impegnativi) sia di contrazione attiva contro gravità (contrazione isometrica) che di controllo del movimento in fase di rilascio (contrazione eccentrica). L’allenamento della contrazione eccentrica (contrazione muscolare utilizzata per scendere le scale o per scendere un ripido pendio di montagna) è fondamentale perché garantisce la completezza del recupero funzionale. Permette un controllo più evoluto del movimento e “riduce il sovraccarico delle superfici articolari”. Segue poi la fase in cui si deve “riorganizzare l’azione coordinata di tutti i muscoli” protagonisti della funzione motoria limitata. Ogni muscolo ha una sua funzione specifica, ma è soltanto grazie all’integrazione armoniosa dell’azione di tutti i muscoli che si otterrà un risultato stabile e duraturo
nel tempo. Alla coordinazione motoria deve seguire la fase nella quale si devono “attivare ed esercitare i recettori muscolari ed articolari” su come deve avvenire il controllo motorio. Un arto o una articolazione che sono stati immobilizzati e protetti a causa di un dolore o un infortunio devono essere “riprogrammati”. È una fase molto delicata, necessaria per eliminare i compensi che sono stati adottati per evitare il dolore. È un livello superiore di elaborazione del movimento. Coinvolge i recettori periferici per integrare il controllo motorio periferico con le aree del sistema nervoso centrale preposte al controllo del movimento (in particolare il cervelletto ed il tronco dell’encefalo). Per completare il piano di trattamento è fondamentale l’integrazione con “esercizi di propriocettività” e mobilità fine. Sono esercizi che prevedono l’utilizzo di piani d’appoggio instabili associati a movimenti improvvisi non programmati. Questo al fine di simulare le varie situazioni di instabilità di appoggi che si possono presentare durante la giornata.
L’evoluzione tecnologica della riabilitazione
Sia nel campo degli elettromedicali (come laserterapia, tecarterapia, onde d’urto, ultrasuoni etc.) – utili per la riduzione del dolore e dell’infiammazione – che nel campo delle macchine utilizzate per l’allenamento e la coordinazione muscolare (come per la isocinetica e il controllo del movimento con “biofeedback”), la tecnologia ha contribuito ad ottenere risultati impensabili fino a 20-30 anni fa. Un esempio eclatante è visibile anche per il grande salto in avanti che è stato compiuto dalla robotica nella progettazione delle protesi per gli atleti che hanno subito amputazioni degli arti.
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