“Il teatro è catarsi”, diceva Aristotele. È un momento di “depurazione”. Secondo il filosofo greco, davanti ad uno spettacolo teatrale ci si libera delle proprie energie, delle proprie emozioni e dei propri stati d’animo. Un beneficio che prova anche chi vive sul palco scenico.
Recitare come terapia
Perché non utilizzare, allora, questo potere per un fine “terapeutico”? In Italia (e non solo) c’è qualcuno che l’ha fatto. Si tratta delle scuole e dei progetti dedicati al teatro sociale. Una pratica progettata e seguita da professionisti esperti di teatro e di promozione del benessere che viene proposta a persone o a comunità “fragili”. Tutti i percorsi teatrali, le performance e le iniziative hanno finalità culturali, civili e di benessere psicosociale.
Il teatro sociale come inclusione
A partire dal secondo dopo guerra, la preziosa funzione del teatro per la crescita e la formazione dell’identità è diventata sempre più spiccata. Si sono formate compagnie su tutto il territorio nazionale per proporre questa arte a scuole, quartieri, carceri, manicomi e centri di riabilitazione. Un modo per educare e riavvicinare chi si sentiva ai margini della società. Un’iniziativa che si è dimostrata subito vincente. Il progetto è stato poi presentato a gruppi sempre più diversi per seguire un solo obiettivo: la creazione di una comunità più partecipata, ma anche più coesa e solidale. Diventa, così, uno strumento riconosciuto anche in ambiti di cooperazione nazionale e di promozione della salute e dell’ambiente. Tanto che in Europa vengono riconosciuti vari percorsi per la formazione degli operatori di teatro sociale. Uno di questi è il Master in Teatro Sociale e di Comunità (TSC) dell’Università di Torino, nato nel 2002.
Sul palco per stare meglio
Nella lenta ripresa del post pandemia sembra che questa tecnica possa nuovamente tornare utile. L’Oms e il Ministero della Salute, infatti, hanno pubblicato alcune notizie sugli effetti psicologici della quarantena. Tra le sensazioni più diffuse ci sarebbero paura, perdita di controllo e stigma sociale verso soggetti particolarmente vulnerabili. Si parla quindi di anziani, stranieri, persone con disturbi psicologici pregressi e coloro che hanno vissuto la pandemia in prima linea (infermieri, medici e personale sanitario).
«Il teatro sociale potrebbe essere uno strumento importante di inclusione, partecipazione ed integrazione sociale», sostiene il regista teatrale Pascal La Delfa. Così l’Associazione “Oltre le Parole”, di cui La Delfa è presidente, ha messo a disposizione i propri esperti per realizzare dei progetti sul territorio. L’associazione, inoltre, collabora con l’Unione europea a un progetto partito lo scorso anno che combatte proprio il rischio dell’esclusione sociale.
© Riproduzione riservata