E gli altri sfiorati da un effimero successo? Qualcuno è tornato a fare il muratore o il barista. L’oblio dopo qualche passaggio televisivo è peggio di una bocciatura alla prima audizione. Legioni di ragazzi che speravano di saltare la gavetta e di scalare l’Olimpo con un sol balzo si sono ritrovati alle prese con una salute mentale da resettare
Contateli, uno dietro l’altro. Sono tutti disciplinatamente in fila. In quanti partecipano ogni anno ai provini di un talent tv? Trentamila giovani, con il sogno in tasca di diventare star della musica. In due decenni di edizioni sfioriamo il milione di iscritti. Poi moltiplichiamo la cifra almeno per due: X Factor e Amici. Più sullo sfondo le versioni di The Voice, quella open e le “generazionali” tra bambini e maturi. Un esercito, con la massa critica di adolescenti incamminati verso un tritacarne dal quale escono sani e salvi in pochissimi. Molto meno di uno su mille ce la fa: magari vinci, ma quando il riflettore si spegne ed entri nel cono d’ombra di una carriera da inventare è più probabile tu sia destinato ad arrenderti, che non a fare delle tue qualità artistiche un mestiere da vitalizio assicurato.
I “Sono Famosi”, in ordine sparso? Emma, Annalisa, Alessandra Amoroso, Francesca Michielin, Noemi, Angelina Mango, Elodie, Marco Mengoni, Michele Bravi, The Kolors, Dear Jack. I tre de Il Volo erano implumi quando trionfarono a Ti Lascio una Canzone; Cristina Scuccia era una suora, per la sua vittoria a The Voice esultò Madonna: si prese il mondo, una volta smesso il velo ha perso appeal mediatico; dopo l’affermazione ad Amici, Valerio Scanu e Marco Carta (allora teen-idol, oggi quasi dimenticati) si imposero a Sanremo, che da lungo tempo è l’upgrade dei talent; stessa sorte festivaliera per la Mango, attualmente tra i giovani emersi che hanno chiesto un pit-stop di sopravvivenza, fermando un’agenda impresariale asfissiante.
E i Maneskin? Con loro si sfiora il paradosso: a X Factor arrivarono secondi, battuti nel duello decisivo dal tenorino Lorenzo Licitra. Da lì con il rock sbancarono Sanremo, quindi l’Eurovision Song Contest, fino all’incoronazione di mitologici colleghi, Mick Jagger & co. Oggi anch’essi, malgrado per l’industria siano galline dalle uova d’oro, si sono presi una pausa sabbatica, con Damiano David incamminato verso un’avventura solista da popstar internazionale da cui difficilmente tornerà sui propri passi. E tutti gli altri sfiorati da un effimero successo? Qualcuno è tornato a fare il muratore o il barista, l’oblio dopo qualche passaggio televisivo è peggio di una bocciatura alla prima audizione. Legioni di ragazzi che speravano di saltare la gavetta e di scalare l’Olimpo con un sol balzo si sono ritrovati alle prese con una salute mentale da resettare.
tDiventare grandi impone giudizi, ma il flop dopo la venerazione sui social può costarti caro. Intendiamoci: prendersi cura dei concorrenti non è una responsabilità di ideatori e autori degli show. Anzi, la scuola di Amici prevede una sorta di ‘tutela’ anche in tempi lunghi, una volta esaurita la gara. X Factor no, però entrambi i programmi vincolano i finalisti a contratti discografici esclusivi. In tal modo le multinazionali, nella crisi endemica del settore, risparmiano il lavoro che in passato svolgevano i talent scout scovando figure interessanti nei locali o valutandone i prodotti grezzi. Oggi le etichette abbattono i costi utilizzando le competizioni musicali, ma per nomi da lanciare il mercato è ormai saturo, in Italia. Almeno con i metodi tradizionali di “allevamento intensivo”. I social fungono da bacino di pesca, mentre le kermesse tv implicano spese di produzione altissime e sono studiate più per far battibeccare i coach che non a valorizzare vocalist e band. Così che la trappola delle illusioni avvolge il talent, senza proteggere il talento.
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