Un vincolo di natura morale e affettiva, un legame intergenerazionale con effetto di “toccasana”. Equilibri e benefici del rapporto esclusivo che esiste tra nonni e nipoti spiegato dalla psicologia dell’età evolutiva
«Ogni generazione si rivolta contro i suoi padri e fa amicizia con i suoi nonni”. Lo diceva Lewis Mumford, sociologo americano scomparso nella prima metà degli Anni ’90. Con il riferimento ai giovani della Generazione X e alla Net generation esprimeva un concetto universale, testimone di un legame tanto naturale quanto indissolubile: quello che unisce i nonni ai nipoti e l’esatto contrario. Perché se è vero che l’amore dei nonni è incondizionato, è altrettanto vero che la presenza dei nonni è linfa nella vita dei nipoti e non esiste età che tenga. Che ragione c’è dietro a tutto questo? Al meraviglioso mondo della “nonnità”? Ne abbiamo parlato con Daniela D’Elia, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva.
Il legame che unisce i nonni ai nipoti è senza dubbio unico. Su quali caratteristiche psicologiche si basa?
Un legame è un “vincolo di natura morale e affettiva” e, sì, certamente quello tra nipoti e nonni è peculiare ed esclusivo. Esso rappresenta la continuità fra tempo passato, presente e futuro. Le caratteristiche di tale legame sono rintracciabili sia nel sistema di attaccamento che coinvolge la diade nonno-nipote e che è legato alla ricerca di conforto, sicurezza, fiducia e sia in quello di accudimento che evoca gioia e tenerezza protettiva. Tuttavia, la maggior parte dei nonni non offre solo un supporto pratico e di accudimento. I nonni sono tra gli adulti che più si dedicano e che hanno il tempo e la disponibilità mentale “semplicemente” per esserci. Ciò spesso porta ad attivare e sviluppare la dimensione cooperativa e ludica caratterizzata da condivisione, lealtà reciproca, empatia e gioia. Insomma, in tale legame i nonni danno supporto affettivo e sostegno morale ed emotivo, fondamentale per crescere bambini sereni e sicuri.
Stare con i nipoti è spesso un toccasana per i nonni. È possibile spiegare questo effetto oltre che con un sentimento di affetto, anche da un punto di vista psicologico?
Effettivamente da diverse ricerche emerge come i nonni descrivano positivamente la loro esperienza di “nonnità”, soprattutto quando assolvono anche ad una funzione educativa, in termini di generatività, si sentono ri-nati e parlano di nuova possibilità di vita. Certamente è possibile spiegare tale effetto. In primo luogo, in riferimento alla promozione dell’invecchiamento attivo della popolazione anziana, il favorire la loro partecipazione nella vita familiare intergenerazionale permette di limitarne l’isolamento e la passività, nonché puntare al benessere dei soggetti coinvolti nella relazione e all’arricchimento reciproco. Tale fenomeno porta con sé una nuova concezione della vecchiaia, vista non più come una fase stagnante della vita, ma come un periodo che può rivelarsi fruttuoso e appagante per la persona che la vive. In secondo luogo, abbiamo accennato ai sistemi motivazionali di attaccamento, accudimento e cooperazione; dobbiamo precisare che – essendo sistemi relazionali – evocano emozioni di gioia, fiducia, empatia, tenerezza protettiva, in entrambi i membri della relazione fino al raggiungimento della meta comune.
Come e se influisce la presenza dei nonni nella vita dei nipoti?
Alcuni studi segnalano addirittura che la consapevolezza di poter contare sul supporto dei nonni influisce sulla decisione di mettere al mondo un figlio nel 70% dei casi. Uno dei dati scientifici che consente di prevedere con più affidabilità l’esito positivo dello sviluppo del bambino è il fatto che ci sia stata nella sua vita almeno una persona capace di essere presente con regolarità. In un’epoca di distrazioni digitali e impegni pressanti, esserci per un figlio potrebbe sembrare un compito davvero arduo per i genitori e meno per i nonni. In Italia il 40% dei nonni sostiene le famiglie, contro il 24% della media europea e certamente la loro influenza è descritta in termini positivi: i nonni rappresentano la sicurezza e la certezza, un punto fermo per i nipoti e per la famiglia, garantendo “prevedibilità” alla routine del bambino e sappiamo quanto questa incida sul loro benessere psicologico. Si consideri, infatti, che le esperienze positive che viviamo nella prima infanzia vanno a gettare i semi per una crescita psico-affettiva ed emotiva serena. Per esempio, rappresentano spesso il primo mondo esterno con cui i bambini si confrontano al momento del distacco dai genitori; questo però permette al bambino di mantenere una “continuità emotiva” quando i genitori sono assenti, anche per tante ore.
Ci sono dei rischi in un rapporto estremamente assiduo?
Come in qualsiasi sistema familiare complesso, e quello dei nonni – che definisce un sistema trigenerazionale – lo è, possono presentarsi alcuni rischi. Il più comune e riconosciuto tra questi è certamente quello di “confondere” ruoli e confini. In un sistema familiare in cui i confini tra i piani sono confusi, possono frequentemente presentarsi conflitti – più o meno espliciti – tra genitori e figli e può accadere che i nonni cerchino di occupare spazi che non competono loro, assumendo atteggiamenti invadenti e critici. In questo modo, da risorsa possono trasformarsi in un ostacolo nelle relazioni familiari. All’inverso, in un sistema familiare armonico e ben equilibrato, i confini sono distinti e rispettati. La sfida evolutiva per i nonni è quella di mantenere la propria identità generazionale nonostante un impegno quotidiano verso i nipoti. Ciò significa lasciare ai genitori il loro status familiare. In definitiva, il nonno “competente” dovrebbe essere capace di dare qualcosa nel rispetto dei ruoli e dei compiti. Si tratta, in altre parole, del nonno che non si sostituisce al genitore ma lo supporta nel suo processo educativo e affettivo, è una presenza sicura ma non invadente. Questo sembra essere l’atteggiamento più evolutivo: sostenere senza sostituirsi, adattarsi al nuovo ruolo di nonni come quella figura di riferimento adulta che si coordina con i genitori, condividendo una sorta di “patto educativo”.
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