L’esposizione al rumore del traffico crea danni fisici e comportamentali alle persone e alla fauna, compresi i piccoli volatili che ancora vivono nelle nostre città.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità quando si supera la soglia dei 65 decibel inizia il rischio per la salute delle persone esposte al rumore. Stiamo parlando di poco più del rumore di sottofondo di un ufficio o di un ristorante, del sovrapporsi di alcune conversazioni. Già un alterco gridato può arrivare a 80 db, il che può risultare quasi 30 volte più fastidioso.
I “nemici” decibel
Vivere all’interno di un contesto cittadino, dove il traffico delle auto e degli altri mezzi (un passaggio di un camion espone a 90 db, il suono di un clacson e il volo di un elicottero a 110 db, il decollo di un jet a 140 db) è continuo può essere pericoloso per la salute. Vivere nei pressi di una strada trafficata, di una ferrovia o di un aeroporto provoca affezioni di vario tipo. Si passa dal fastidio che aumenta lo stress e la fatica nervosa, ai disturbi del sonno e del riposo, dalle alterazioni del ritmo respiratorio all’ipertensione arteriosa, dalle difficoltà di digestione a quelle di apprendimento e nello sviluppo dei bambini.
I rocker “sordi”
Nei casi più gravi e ripetuti si arriva a veri e propri danni all’udito. L’esempio classico è rappresentato dai musicisti rock che non si sono tutelati durante le lunghe tournée e le altrettanto dannose sessioni di registrazione dei dischi. Afferma Pete Townshend, carismatico chitarrista e leader degli Who, una delle band più “rumorose” di sempre: «Ho gravi danni all’udito. Si manifestano come acufene, un ronzio nelle orecchie alle frequenze a cui suono la chitarra. Fa male, è doloroso ed è frustrante. Il mio orecchio destro, che incontra la mia chitarra tagliente e i colpi di mitragliatrice della batteria, ha sofferto molto». Sting invece ci scherza sopra: «Sono abbastanza sordo. What? (“cosa?”, ndr) è la mia parola preferita».
La direttiva europea
L’Unione Europea ha emesso nel 2002 una Direttiva sul Rumore Ambientale (rivista e aggiornata nel 2016 e poi nel 2020), valutando che tale inquinamento colpisce un cittadino UE su cinque. E, nei successivi aggiornamenti, che «laddove sono stati attuati piani d’azione, comprese misure per la gestione del rumore, la direttiva si è rivelata efficace con un rapporto costi-benefici favorevole di 1:29».
Inoltre la legge si è inserita nel 2021 nel Piano d’azione per l’inquinamento zero, che prevede un abbattimento a zero di tutte le forme inquinanti di aria, acqua e suolo entro il 2050. E, come una delle tappe intermedie previste per il 2030, del «ridurre del 30% la quota di persone cronicamente disturbate dal rumore del traffico». Di fatto l’UE sollecita in maniera importante le varie nazioni a limitare il più possibile anche i sottovalutati “inquinanti sensoriali”, quelli che colpiscono i cinque sensi, in particolare l’udito.
Anche negli ospedali c’è rumore
Inquinanti che iniziano ad agire sui neonati, tanto che Hans Slabbekoorn, docente di ecologia e comportamento acustico all’Università di Leiden, in Olanda, ha scritto sulla rivista americana Science che «il comfort acustico negli ambienti ospedalieri per le madri incinte e i bambini merita un’attenzione speciale», perché non è raro che le incubatrici e i reparti neonatali siano luoghi rumorosi.
Gli uccellini come cartina di tornasole
Ma questi inquinanti colpiscono anche la fauna che vive nelle città, in particolare quella avicola. Nel 2020 uno studio della California Polytechnic State University e della giapponese Università di Hokkaido dimostrò che «il rumore e la luce antropogenici possono influenzare in modo sostanziale la fenologia e la forma fisica degli uccelli nidificanti». Ovvero che soprattutto i piccoli – passeri, rondini, cardellini – e anche i meno piccoli – merli, gazze, piccioni – uccelli che vivono nelle nostre città subiscono in maniera importante gli effetti della sempre più frenetica vita urbana.
Una ricerca australiana
Oggi, un nuovo esperimento sul loro sviluppo fisico, effettuato nel campus dell’Università Deakin di Melbourne, in Australia, prova come il rumore eccessivo provochi agli uccelli danni fisici e comportamentali che ne rendono più complessa la vita in maniera definitiva. A cominciare dallo schiudersi delle uova, che si verifica per il 19% in meno quando sono state esposte al rumore del traffico (a 65 decibel, una scala di disturbo neppure elevata) rispetto a quelle cui veniva fatto ascoltare solo il canto degli uccelli adulti. Il risultato è equivalente sia per le uova più piccole che per quelle più grandi, solitamente avvantaggiate come possibilità di schiusa.
L’esperimento, guidato dalla docente Mylene Mariette, dà anche esiti preoccupanti relativi alla crescita e allo sviluppo dei piccoli animali, nel caso specifico dei diamanti mandarino, perché i soggetti disturbati dal rumore crescono più lentamente. Inoltre hanno una minore concentrazione di globuli rossi, presentano forme indicative di stress cellulare e riescono ad avere circa la metà dei figli degli altri passeriformi, specie di quelli esposti solo al canto.
Risultati incontrovertibili
Se è chiaro come sia più difficile per i genitori comunicare e accudire i propri piccoli se disturbati dal rumore, lo è molto meno comprendere la motivazione di questo effetto fisiologico. L’unica ipotesi plausibile circa l’interferire del rumore con una crescita sana è legata al fatto che le zone del cervello relative all’udito sono collegate ad aree importanti per la regolazione ormonale e quella delle emozioni e dell’apprendimento. Del resto Mariette afferma di non aver «mai ottenuto risultati così chiari in nessun esperimento». E aggiunge «vorrei approfondire, individuando quali aspetti del rumore del traffico, ma non solo, sono più o meno dannosi, perché non siamo ancora consapevoli del pericolo e dell’impatto che abbiamo sull’ambiente a causa del rumore che produciamo».
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