Almeno una volta nella vita tutti abbiamo provato a risolverlo. A far scivolare le sue facce, a farle ruotare per rimettere ogni singolo colore al suo posto. A volte ci siamo riusciti, a volte no. A volte lo abbiamo lasciato lì per un po’ di tempo, a volte lo abbiamo abbandonato per anni. Il cubo di Rubik resta uno dei rompicapi più duraturi, ammalianti, esasperanti e avvincenti mai creati. In tutto il mondo ne sono stati venduti più di 450 milioni, senza contare le imitazioni. Come se non bastasse sul magico poliedro in 3D sono stati pubblicati centinaia di libri che promettono strategie di gioco e ne esplorano il significato filosofico. Ma se il cubo è noto in tutto il mondo, più misterioso resta il suo ideatore: Erno Rubik.
Erno Rubik: un po’ di mistero non guasta mai
Finalmente, alla soglia dei 77 anni, Erno Rubik ha deciso di aprire uno spiraglio sulla sua vita e sulla sua creazione. Il suo libro, Cubed: The Puzzle of Us All, è in parte un libro di memorie e in parte un trattato filosofico. Ma soprattutto è una storia d’amore con l’invenzione che porta il suo nome.
Rubik non ha voluto scrivere un’autobiografia, come ha spiegato via Skype dalla sua casa di Budapest: «La ragione per cui l’ho fatto è cercare di capire cosa è successo e perché è successo». In effetti, leggere Cubed è un’esperienza strana e disorientante, come armeggiare uno dei suoi cubi. Manca deliberatamente una struttura narrante. Inizialmente, l’autore non voleva nemmeno che il libro avesse un titolo o i capitoli. «Ho pensato di condividere la miscela di idee che ho in mente lasciando al lettore il piacere di scegliere da dove iniziare», ha detto.
Gli inizi e la nascita del Cubo Magico
Rubik nasce verso la fine della seconda guerra mondiale, nel luglio del 1944, da un padre ingegnere aeronautico – “che non amava scherzare” – e da una madre da cui eredita la “capacità di essere felice”. Poco dopo però sull’Ungheria cala la cortina di ferro.
Sin da piccolo dimostra di amare i puzzle, il disegno e gli scacchi. Tutte propensioni che influenzeranno il suo percorso di studi. Inizia, infatti, a studiare architettura e diventa docente universitario. Così, nel 1974, il 29enne professore ungherese, nel tentativo di aiutare gli studenti ad affrontare i problemi tridimensionali, cerca di costruire una serie di cubi che rimangano insieme pur muovendosi indipendentemente. Finisce coll’inventare una struttura a sei lati con nove cubi ad incastro su ciascun lato, ciascuno di colore diverso. Un meccanismo interno permette alle facce di ruotare in modo da mescolare il giallo, il rosso, il verde e il blu. Scopo del gioco è far tornare ogni colore al proprio posto, in modo che ogni faccia ne mostri uno solo.
Il segreto della felicità? Agire nei limiti delle proprie possibilità
Rubik brevetta la sua invenzione nel 1975 e 5 anni dopo la presenta alla fiera dei giocattoli di New York. È il suo primo viaggio fuori dal blocco orientale. In tre anni ne vengono venduti oltre 100 milioni di pezzi. I giornali occidentali cominciano a scrivere storie per la maggior parte inventate sul suo conto. Si stupiscono, ad esempio, di come – dopo tanta fama – continui a vivere con uno stipendio da professore, l’equivalente oggi di 200 euro al mese.
Dopo la caduta del Muro la sua condizione è migliorata, ma piuttosto filosoficamente ha ammesso: «Ho avuto la libertà per fare ciò di cui avevo bisogno. Non significa che ho potuto sempre fare tutto, ma che ho agito nei limiti delle mie possibilità. È come per i soldi: se non sei soddisfatto di ciò che puoi raggiungere, puoi essere molto infelice».
Un rompicapo da capogiro diventato ormai uno sport
Ci sono 43.252.003.274.489.856.000 posizioni possibili per il Cubo. Ci sono voluti 30 anni per trovare quello che gli appassionati chiamano “Il Numero di Dio”, ossia il numero di mosse (20) necessarie per riportare un cubo al suo stato originale. E solo due anni fa, un robot ha imparato a risolvere il puzzle senza l’assistenza umana.
Lo speedcubing (dall’inglese speed, “velocità”, e cubing, derivato da cube, “cubo”) è la disciplina nella quale i concorrenti (gli speedcuber) si affrontano per risolvere il puzzle nel minor tempo possibile. La federazione che gestisce gli eventi di questo genere è la World Cube Association. L’ultima sfida mondiale si è svolta nel 2019 a Melbourne, dove si sono sfidati 800 concorrenti per 5 giorni. L’ultimo campione del mondo è il 18enne californiano Max Park, che ha risolto il rompicapo in 5 secondi e 90. Il regolamento, oltre al tempo (massimo 50 secondi), prevede 18 categorie di sfida: dal concorrente bendato a quello che al posto delle mani impiega i piedi.
Nel nostro Paese il numero dei partecipanti è in crescita. La community italiana ha un suo forum ufficiale che unisce appassionati di tutte le età nello spirito del famoso inventore. «Il gioco – sostiene Erno Rubik – è una cosa seria. Spesso facciamo le cose davvero bene solo quando le facciamo per gioco».
Il segreto di un successo globale
Il Cubo di Rubik parla alle caratteristiche umane più nobili e universalmente condivise: curiosità, giocosità, risoluzione dei problemi e intelligenza. Indipendentemente dal background sociale, dal colore della pelle o del sesso, il Cubo racchiude il puzzle di tutti noi. In questo risiede il segreto del suo successo universale.
(Foto Apertura: tratta da “Rubik’s”/YouTube)
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