Dall’Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani 2019, condotta dal Centro Luigi Einaudi – Intesa Sanpaolo, emerge che, nel 2019, il risparmio degli italiani è arrivato al massimo livello di crescita dal 2003. Il sondaggio è stato effettuato dalla Doxa su un campione di 1032 persone, responsabili delle scelte finanziarie di famiglie ed in possesso di almeno un conto corrente bancario o postale. Quest’anno, gli italiani “risparmiatori”, inoltre, sono tornati ad essere la maggioranza assoluta: il 52%; cosa che non avveniva dal 2006.
Gli intervistati tendono a risparmiare mettendo al primo posto l’obiettivo della sicurezza ma l’incidenza cresce al 62,2% dal 59,6% del 2018; al secondo posto si conferma il bisogno di liquidità (37,9%). Rispetto all’anno scorso, il bisogno di rendimenti a lungo termine supera quello di rendimenti a breve termine.
Sempre rispetto al 2018, gli investimenti in abitazioni si sono ridotti. Punta sul mattone il 6,7% degli intervistati contro l’8,7% del 2018 e il 5,7% del 2017. Solo il 3% del campione ha investito nell’immobiliare per cambiare la prima casa; la parte restante è motivata dall’impiego ereditario o dall’obiettivo di avere un reddito aggiuntivo in vecchiaia.
I proprietari di case hanno raggiunto un nuovo record con un 63% dei patrimoni costituiti da abitazioni (valore medio 169.000 euro). Gran parte del campione pensa che la casa possa offrire un’entrata integrativa al momento della pensione; solo il 22% circa conosce il “prestito vitalizio ipotecario”. Per ogni intervistato, la ricchezza finanziaria risulta pari a 101.000 euro, per un patrimonio complessivo di 270.000 euro (al netto delle quote di aziende). Il dato sale a 384.000 euro nel caso di professionisti e imprenditori.
L’indagine svela che il ceto medio torna ad allargarsi e i bilanci familiari hanno recuperato parte della ricchezza perduta negli anni di crisi. Nel 2019, circa 1,3 milioni di famiglie sono rientrate a far parte del ceto medio o vi sono entrate per la prima volta. Nelle tre fasce centrali di reddito del campione, che includono chi percepisce dai 1.500 ai 3.000 euro al mese, rientra il 57,5% del campione, contro il 51,7% di tre anni fa.
Nel 2018, il 62 % degli intervistati si attendeva di ritirarsi in pensione tra i 66 e i 70 anni; nel 2019 la percentuale scende al 50%. Sale invece la pensione media mensile attesa, che passa da 1.175 euro nel 2018 a 1.323 nel 2019. Le aspettative pensionistiche tornano a crescere ed aumenta il numero delle assicurazioni per i rischi della salute e della longevità. Il risparmio gestito raggiunge il 15,3% degli intervistati. Solo il 13,7 % del campione dichiara di essersi dotato di un fondo pensione. Migliora però la comprensione della varietà dei bisogni legati all’invecchiamento. Infatti, aumenta quest’anno l’acquisto dei prodotti di bancassurance (sia ramo vita che ramo danni) e affiorano percentuali apprezzabili di sottoscrittori di polizze e di forme assicurative e di welfare aziendale per soddisfare bisogni di salute (14,4%) o invalidità nella vecchiaia (long-term care:15,8%)
La ricerca dedica un approfondimento ai risparmiatori “ottimisti”, ossia quegli italiani che, nel decennio post-crisi, hanno investito in immobili o attività economico-professionali, in corsi di specializzazione, istruzione o formazione; hanno creato o allargato il nucleo famigliare o hanno avuto miglioramenti sul lavoro. Rientra in questa categoria il 39% degli intervistati, con una quota che sale al 57% se si restringe il campo alla sola fascia 23-65 anni. L’investimento di gran lunga più frequente (51%) è la ristrutturazione di una casa. Gli ottimisti privilegiano, come motivazione intenzionale del risparmio, l’investimento diretto a scopi specifici, primo fra cui la casa; rispetto al resto del campione sono meno preoccupati di risparmiare per la vecchiaia (9,4 contro 16,3% del campione generale).
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