Presentato al Teatro dell’Opera di Roma il documentario “Il respiro di Shlomo”, un racconto ricostruito proprio grazie alle interviste a Shlomo Venezia, scomparso nel 2012 e sopravvissuto all’Olocausto. Una ricostruzione lucida e sconvolgente dalla deportazione al reclutamento nel Sonderkommando di Auschwitz fino alla liberazione e al suo ritorno nei luoghi dell’orrore molti anni dopo.
Platea gremita al Teatro dell’Opera di Roma nella sera del 23 gennaio per un evento speciale in occasione del Giorno della Memoria 2023. Molti gli studenti che hanno preso parte alla proiezione del documentario “Il respiro di Shlomo”, scritto dallo storico Marcello Pezzetti e diretto da Ruggero Gabbai. Presenti anche il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi e Walter Veltroni, che nei suoi mandati come Sindaco di Roma intraprese un lungo lavoro sulla storia della Shoah e insieme ai sopravvissuti guidò molte scolaresche nei Viaggi della Memoria. In platea anche due testimoni degli orrori dell’Olocausto: Sami Modiano ed Edith Bruck, che in questi anni hanno sempre raccontato la loro esperienza affinché non debba mai ripetersi.
“Il respiro di Shlomo”: un racconto che mantenga la Memoria
Proprio poche ore prima della proiezione, a Milano, la senatrice a vita Liliana Segre ha presentato le iniziative con cui la città meneghina celebrerà il 27 gennaio, Giorno della Memoria. “So cosa dice la gente del Giorno della Memoria. La gente già da anni dice ‘basta con questi ebrei, che cosa noiosa'”, ha commentato amaramente. “Il pericolo dell’oblio c’è sempre. Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella”.
E proprio a queste parole ha fatto riferimento il figlio di Shlomo, Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah, che insieme a Noemi Di Segni, Presidente UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), e a Francesco Giambrone, Sovrintendente capitolino al Teatro dell’Opera, ha aperto la serata e ha invitato i giovani a mantenere vivo il ricordo e la memoria.
“Il violino di Auschwitz” e la musica concentrazionaria
Ad aprire e chiudere la proiezione sono state le note del “violino di Auschwitz”, appartenuto al musicista polacco Jan Hillebrand, componente dell’“orchestra di Auschwitz”. Uno dei rarissimi violini originali suonati nel campo di sterminio simbolo della Shoah, ritrovato e fatto restaurare dal Maestro Francesco Lotoro, tra i più grandi esperti al mondo di musica concentrazionaria, che da oltre trent’anni è impegnato nel recupero del patrimonio musicale prodotto nei lager. È sempre Lotoro, infatti, ad aver arrangiato le due sonate di apertura e chiusura. Si tratta del Kol Nidrè, uno dei canti della tradizione liturgica, e del Duettino di Marius Flothuis, compositore olandese deportato nel lager di Sachsenausen.
“Il respiro di Shlomo” raccontato dalla sua voce
Un sapiente incastro di vecchie interviste a Shlomo Venezia, scomparso nel 2012, restituisce un racconto in cui è lui stesso a riportare i fatti. Si ripercorre così la vita a Salonicco, città in cui ha vissuto con la famiglia fino al 1944 quando furono tutti deportati ad Auschwitz Birkenau. Una volta scesi sulla Judenrampe, la diramazione ferroviaria dedicata agli ebrei, venne diviso dalla madre e le due sorelle, che non vide mai più. Nei lunghi mesi di prigionia che seguirono, Shlomo dovette poi affrontare “l’inferno nell’inferno”. Venne infatti selezionato tra i prigionieri per entrare nell’unità speciale dei Sonderkommando, la squadra che aveva il compito di lavorare all’interno delle strutture dei crematori.
Shlomo Venezia, importante testimone della Shoah
Gli ultimi giorni di Shlomo ad Auschwitz trovano fine con le evacuazioni e le conseguenti “marce della morte” in mezzo alla neve e al freddo. Riuscito a sopravvivere, comincia a lavorare al campo di concentramento di Ebensee, in Austria, dove poi fu liberato dall’esercito americano nel 1945. Negli anni successivi, come molti sopravvissuti, dovette tacere sulle esperienze vissute scontrandosi con un mondo che non voleva ascoltarlo. Decise di iniziare a raccontare nel 2006, descrivendo con precisione l’orrore dello sterminio, senza tuttavia mai ricreare immagini troppo cruente, specie per coloro che reputava i destinatari di questa memoria: i giovani studenti.
(Foto di copertina: Il numero di matricola tatuato sulla pelle di Shlomo Venezia e mostrato in occasione della mostra “Auschwitz – Birkenau, 65° anniversario della Liberazione” tenutasi a Roma nel 2010)
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