Il lavoro minorile in Italia è in crescita: il dato aumenta dal 2019 e oggi sono 78.530 i ragazzi lavoratori
I dati sull’impiego di 15-17 enni nel nostro paese sono stati raccolti nel secondo Rapporto statistico di Unicef “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro” ed evidenziano la prevalenza di dipendenti fra i minori, seguiti dai braccianti agricoli e dai lavoratori con voucher.
Lavoro minorile in Italia: la distribuzione regionale
Le quattro regioni con la più alta percentuale di minorenni occupati in relazione alla popolazione residente della stessa fascia d’età sono il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta, l’Abruzzo e le Marche.
In Trentino, su un totale di 34.150 giovani fra i 15 e i 17 anni, il 21,7% risulta impiegato. In Valle d’Aosta su 3.645 ragazzi quelli impiegati sono il 17,8%, in Abruzzo su 34.399 lavora il 7,6%, nelle Marche il 7,2% su 41,672, a fronte di una media nazionale del 4,5%.
I dati sugli infortuni
Come sottolinea Unicef, l’aumento del lavoro minorile richiede una riflessione complessa sul fenomeno e sulle relative denunce di infortunio segnalate. Nel 2022, ad esempio, sono state 17.531, e mettono in luce l’aumento dei rischi a cui i minori sono esposti e di conseguenza la necessità di aumentare la formazione.
Nello stesso anno i lavoratori fino a 19 anni sono stati 376.814, dei quali 69.601 nella fascia 15-17 anni, e secondo i dati Inail gli infortuni fra i giovanissimi, minorenni e appena maggiorenni, sono stati in totale 30.349. Ipotizzandone una ripartizione omogenea su tutte le età, la percentuale di quelli relativi fra i minori risulta dell’8%, inferiore di quasi un punto rispetto a quella registrata fra i lavoratori fra i 20 e i 69 anni (8,9%).
Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana sono le Regioni con il maggior numero di denunce presentate e rappresentano il 60% del totale del territorio nazionale.
Gli effetti della pandemia
Se si analizzano i dati del 2020, si evidenzia una riduzione delle attività lavorative che hanno coinvolto i minori rispetto al 2019, legata all’effetto della pandemia con la chiusura di molte attività produttive. Ma guardando al 2021 e al 2022 l’incremento dei lavoratori fino a 19 anni è stato rispettivamente del 27,3% e de 54,5%.
Differenze di genere
Entro i 19 anni di età c’è una prevalenza di lavoratori di sesso maschile, che rispecchia le tendenze nazionali degli impiegati adulti dove il tasso di occupazione femminile si ferma al 57,3% contro quello maschile del 78%. Il maggior divario di genere si presenta nelle regioni del Sud, quello minore in Valle d’Aosta, seguita da Lazio e Umbria.
Il reddito minorile
Il divario di genere si manifesta anche nel reddito, seguendo la stessa tendenza delle altre fasce d’età: il reddito medio settimanale per i lavoratori di sesso maschile passa dai 297 euro del 2018 ai 320 del 2022, mentre per le lavoratrici da 235 euro del 2018 a 259 euro del 2019. L’incremento della paga dei ragazzi è stato del 7,7%, quello delle ragazze del 10,2%, ma nonostante la percentuale più alta si mantiene al di sotto di quello dei colleghi di sesso maschile.
Se si considera il reddito annuo pro capite per i lavoratori dipendenti e indipendenti entro i 19 anni di età, nel periodo fra il 2018 e il 2022 si è avuto un incremento in tutte le Regioni, in particolare in Val d’Aosta (+30,3%), Sardegna (+25,2%), Puglia (+21,1%), Basilicata (+18,7%) e Friuli Venezia Giulia (+15%). Nonostante gli aumenti si evidenzino principalmente nel Mezzogiorno, il sud mantiene comunque un divario retributivo rispetto al centro-nord.
© Riproduzione riservata