Un orfano di nove anni in fuga per tornare nella sua Kathmandu incrocia il destino e il sentiero, con un cucciolo di tigre preda dei bracconieri. Tra il piccolo Balmani (Sunny Palwar) e il tigrotto Mukti (che in sanscrito vuol dire “liberato”) nasce un sentimento di forte complicità, un’amicizia in grado di sfidare le leggi del comune sentire.
Questa bella storia di formazione e fratellanza che accompagna lo spettatore dalla giungla subtropicale del Nepal fino al regno del Mustang himalayano, dove il cucciolo d’uomo e quello di tigre cercano protezione nell’antico monastero buddista Taktsang (la Tana della Tigre), ce la racconta il regista Brando Quilici. Il film “Il ragazzo e la tigre”, patrocinato dal WWF e in cartellone al Festival di Roma, sarà al cinema dal 13 ottobre con Medusa. Nel cast anche Claudia Gerini nel ruolo di Hannah, la direttrice dell’orfanotrofio che ha in custodia Balmani.
Brando Quilici, cineasta e documentarista che ha a cuore la salvaguardia del pianeta
Figlio d’arte (suo padre Folco Quilici è stato un famoso regista, saggista e divulgatore scientifico, ndr) anche Brando è un apprezzato cineasta e documentarista che ha a cuore la salvaguardia del pianeta. Dopo l’esordio alla regia con “Il mio amico Nanuk”, tratto dal suo romanzo omonimo che narra l’amicizia tra un orso polare dell’Artico canadese e un tredicenne, Brando Quilici ha sposato il progetto del WWF Tx2 che entro il 2022 – l’anno della tigre, nell’oroscopo cinese – puntava a raddoppiare il numero di questi grandi felini selvatici.
Le emozioni della fanciullezza e la difficoltà di essere orfani, sentimenti di fratellanza e il richiamo di madre Terra. C’è tutto questo e molto altro in un film che restituisce integro il cuore silenzioso dell’Himalaya, laddove si ergono le montagne degli dei. Dal punto di vista tecnico è stato difficile trasferire il set dalla giungla erbosa alle vette in quota?
Direi che sono stato fortunato, proprio come mio padre che se andava in Polinesia a fare delle riprese durante il periodo dei monsoni, quando arrivava con la troupe le piogge magicamente finivano. Nella lavorazione di questo film sono andate in porto diverse combinazioni. Siamo stati in Nepal con una troupe di 40 persone; siamo partiti alla fine di aprile quando gli aeroporti stavano chiudendo per Covid.
Un miracolo anche con le tigri. Durante le riprese abbiamo usato quasi sempre solo due cuccioli, un maschio e una femmina: Diego un tontolone e Dora per metà siberiana. Abbiamo iniziato a girare iniziando dalla fine del film, dormivamo in un rifugio tutto per noi a 3000 mt, con la tigre da sola in sauna, ma tra il cucciolo e il bambino si è creato un rapporto davvero speciale, al punto che quando Sunny toglie il guinzaglio a Mukti, lei prima apre la bocca e poi corre libera.
Panorami mozzafiato, spiritualità e un forte messaggio di difesa dell’ecosistema. Stando ai numeri del WWF la tigre è una specie in via d’estinzione: dei 3900 esemplari esistenti al mondo in Nepal ne resterebbero solo poche centinaia. Di qui l’esigenza di raccontare una storia per sensibilizzare le persone alla tutela dei grandi felini e del loro habitat.
Il rapporto bimbo-tigre è importantissimo per sconfiggere gli orridi bracconieri. Come Balmani nel film fugge con il cucciolo in braccio, anche noi dovremo fare dei passi per salvare la fragilità del mondo in cui viviamo.
É stato il WWF a trovarla o il contrario?
Ho letto del programma WWF sulle tigri nel 2015 e l’ho subito appoggiato. Ricordo di aver fatto diversi sopralluoghi nel Chitwan subito dopo il terremoto in Nepal, e in uno di questi viaggi ho incontrato persone meravigliose che avevano allestito un orfanotrofio. La mia guida mi disse che anche Leonardo DiCaprio aveva fatto un tour in incognito accompagnato da una piccola organizzazione. Nel programma di monitoraggio Nepal Tiger Trust piazzano delle macchine fotografiche sugli alberi per seguire le tigri durante la loro crescita, e DiCaprio voleva vedere le tigri abbeverarsi nelle grandi pozze d’acqua del parco nazionale di Bardyia. Siccome la guida non vedeva bene da un occhio, l’ultimo giorno DiCaprio si è tolto i suoi Rayban e glieli ha regalati.
Secondo lei chi salverà il nostro pianeta?
Di sicuro non la nostra generazione. Lo faranno i bambini, a patto che i genitori li portino al campeggio a guardare le stelle o al mare a vedere un tramonto. Non c’è più poesia con questi telefonini. Portate i ragazzi a vedere i film sulla protezione dell’ecosistema, perché si appassionano moltissimo ma poi viaggiate con loro, perché dai dodici anni in su, se non hanno mai provato il brivido di stare in tenda sul Gran Sasso, non ce la potranno fare. La responsabilità è dei genitori, questo è il mio pensiero.
Sono stato in una scuola di Roma vicino Villa Borghese a parlare con i bambini dopo la proiezione di Nanuk. Mi hanno fatto domande interessantissime sul riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci. La più preoccupata che si annoiassero era la maestra! I ragazzini di oggi hanno tutto negli smartphone, invece bisogna sollecitarli a vedere il mondo dal vivo: dai 12 anni in su la loro vita si svolge in maniera virtuale e questo è terribile. Non hanno più voglia di viaggiare nella realtà: questo è davvero spaventoso.
© Riproduzione riservata