È italiano il nuovo fenomeno del tennis mondiale. Jannik Sinner vince l’Australian Open e conquista tutti col talento e l’umiltà.
Dopo aver messo a segno il diritto della vittoria, Jannik Sinner è crollato sul campo della Rod Laver Arena di Melbourne. Quasi quattro ore di battaglia col russo Daniil Medvedev per vincere l’Australian Open, il suo primo torneo del Grande Slam, il gruppo dei quattro titoli più prestigiosi del circuito tennistico che comprende, oltre all’Open australiano, il Roland Garros, il torneo di Wimbledon e gli US Open. Alla fine il miracolo è compiuto: dopo quasi cinquant’anni il giovane campione altoatesino riporta nell’Olimpo del tennis l’Italia, ancora ferma al ricordo del trionfo di Adriano Panatta nel Roland Garros del 1976. In entrambi i casi, curiosamente, le vittorie di un torneo del Grande Slam si sono accompagnate alla conquista della Coppa Davis con la nazionale italiana: Sinner ha condotto al trionfo la squadra allenata da Marco Volandri lo scorso novembre, Panatta vinse la coppa nel dicembre dello stesso 1976, da punta di diamante della squadra capitanata da Nicola Pietrangeli (l’unico altro italiano a conquistare titoli Slam, due volte, al Roland Garros del 1959 e del 1960).
Jannik Sinner, l’affermazione di un campione e la rinascita del tennis italiano
L’affermazione di Sinner, poco più che ventiduenne e già alla diciassettesima partecipazione a un torneo del Grande Slam, è solo la conferma – la più luminosa – della rinascita del movimento tennistico italiano, che lotta al vertice ormai da qualche anno. Lo stesso Sinner ha raggiunto nel 2023 la semifinale di Wimbledon, mentre due anni prima Matteo Berrettini, capostipite del “rinascimento tennistico” dell’Italia, era arrivato addirittura all’ultimo atto sull’erba del Centre Court, prima di arrendersi al numero uno del mondo, il serbo Novak Djokovic.
Non è la vittoria della forza ma della mente
La vittoria conquistata il 28 gennaio da Jannik Sinner, però, vale doppio. È quella del primo Slam, che non si scorda mai, ed è una vittoria rocambolesca, ottenuta rinvenendo dall’orlo del baratro, da uno svantaggio di due set. È stata la vittoria della forza, mentale innanzitutto: la stessa servita per battere Djokovic in semifinale, dopo un accenno di rimonta del serbo.
Non è stata, quella di Sinner, una vittoria per distacco; ma la vittoria del distacco. Dell’imperturbabilità che il campione comunica, nel momento del massimo sforzo come in quello del trionfo. Dà l’impressione di stare in una bolla, dove lui governa tutto e tutto può volgersi a suo favore. Sorretto da calma possente, un autocontrollo imperioso che si sposa con la magnifica onnipotenza dei vent’anni.
Un campione con i piedi per terra
Un giovane airone solido come il suo tennis: questo sembra Sinner. Il carattere mite ma deciso, il forte legame con la sua famiglia “normale” (è nato nel borgo di San Candido, ai piedi delle Dolomiti, e i genitori lavorano nel campo della ristorazione), la naturale predisposizione per lo sport (era anche una giovane promessa dello sci) affinata attraverso l’esercizio costante ne fanno un elogio all’importanza di stare con i piedi per terra. E un coro di elogi gli hanno intonato via Twitter compagni e avversari: da Berrettini a Djokovic, dalla leggenda vivente Rod Laver all’icona Rafael Nadal, all’altro ventenne terribile Carlos Alcaraz. Flavia Pennetta, vincitrice degli US Open femminile nel 2015, giura che Sinner ha ancora molti margini di miglioramento; per Panatta è già, di fatto, il numero uno del mondo. Sia come sia, tutto lascia pensare che l’airone altoatesino abbia appena spiccato il volo.
(Foto apertura (Victor Velter/Shutterstock)
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