«Primo Maggio, su, coraggio!», cantava un noto artista italiano. E mai come quest’anno, forse, di coraggio ce ne vuole. Negli ultimi dodici mesi, come sappiamo fin troppo bene, la pandemia ha dettato nuove regole e ci ha spinto a ridisegnare i nostri stili di vita, a partire dal nostro modo di lavorare. Dagli uffici alle piccole botteghe di città, passando per la grande distribuzione organizzata e gli studi medici, tutti hanno visto la propria routine mutare.
Mascherine, distanziamento, capienza dei negozi contingentata, ristoranti e bar chiusi per gran parte dell’anno. E non solo questo. Aperture, chiusure, dipendenti in cassa integrazione e, purtroppo, perdita del lavoro per molti italiani. Siamo stati costretti, infatti, ad assistere a un brusco aumento della disoccupazione nel nostro Paese. I dati che lo confermano ce li fornisce l’Istat, che mostra un calo di 444mila occupati rispetto al 2019. Tra questi, le più colpite sono state le donne (70%) e i lavoratori autonomi. A questo quadro, già di per sé allarmante, si aggiunge il fatto che, secondo l’indagine, le donne del settore privato fronteggiano un maggior “gender pay gap” (la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne rispetto a quello degli uomini) e sono anche quelle che, nella maggior parte dei casi, si prendono cura dei figli e della famiglia.
Un ruolo non semplice se si pensa alla trasformazione del lavoro nell’ultimo anno dove le modalità di smart working e lavoro agile spesso si sono incontrate – e scontrate – con la didattica a distanza, mansioni di caregiving più pesanti e carichi di stress difficili da sostenere. Eppure, alcune persone sono riuscite a reinventarsi, con non poche difficoltà, spingendosi al raggiungimento di nuovi obiettivi, nel nome della flessibilità, dell’autonomia e della responsabilizzazione.
Abbiamo voluto celebrare questo Primo Maggio, parlando di lavoro che resiste, di lavoro che cambia, di lavoro che sparisce, ma anche di lavoro che torna con una nuova pelle. Abbiamo chiesto a chi fa parte della grande “famiglia” di 50&Più – a chi tutti i giorni si spende nelle nostre attività, in ogni parte d’Italia, cercando di garantire una continuità che non conosce sconti, nemmeno in tempi di pandemia -, di guardare indietro, ripercorrendo l’ultimo anno, e di raccontarci la propria esperienza lavorativa.
E così, nove colleghi – una piccola rappresentanza di tantissime storie importanti – ci hanno raccontato la loro vita tra telelavoro, nuove funzioni, difficoltà e prospettive, nella speranza di poter mettere nero su bianco almeno un pezzo della storia che ci ha legato tutti. Un racconto che alimenta il bisogno di ripensarsi e ripensare un futuro, quello del lavoro, che forse mai come oggi affronta una delle più grandi rivoluzioni dopo quella industriale.
Il Primo Maggio di 50&Più
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