Abbiamo chiesto a nove colleghi – una piccola rappresentanza di tantissime storie importanti – di raccontarci la loro esperienza tra telelavoro, nuove funzioni, difficoltà e prospettive nella speranza di poter mettere nero su bianco almeno un pezzo della storia che ci ha legato tutti. Un racconto che alimenta il bisogno di ripensarsi e ripensare un futuro, quello del lavoro, che forse mai come oggi affronta una delle più grandi rivoluzioni dopo quella industriale.
La “lunga prova” di Donatella
Nei racconti dei nostri colleghi, così come nelle nostre vite private, il fil rouge è sempre lo stesso: la mancanza di socialità.
Donatella Ottavi, figura centrale nella Redazione della rivista 50&Più, quando le chiediamo di descriverci l’anno lavorativo appena trascorso in tre parole, lei risponde così: «La lunga prova». Poi prosegue il suo racconto, spiegandoci cosa intende: «Con la modalità a distanza c’è stata una dilatazione dei tempi di lavorazione. La tecnologia ci ha aiutato sotto molti punti di vista ma, nella mia esperienza, ha un po’ rallentato l’intero processo lavorativo e spesso è necessario implementare le ore di lavoro». Un pensiero che va in controtendenza rispetto al luogo comune che vede lo smart working come un escamotage per lavorare meno. Nonostante, le difficoltà, però, Donatella reputa questa modalità lavorativa come una risorsa: «Lo smart working è stato ampiamente testato. Ha dato ottimi risultati in termini di rendimento lavorativo, abbattendo le comprensibili riserve iniziali. Per questo credo che diventerà parte integrante di molte filosofie aziendali. Certo, dobbiamo ammettere che le relazioni interpersonali hanno subìto per forza di cose una brusca frenata. La socialità è prima di tutto incontro, in ogni ambito. Una video call non può colmare questa mancanza. Ritengo, però, che ognuno di noi possieda le risorse necessarie ad affrontare prove e cambiamenti, anche quelli totalmente inaspettati come quello dell’ultimo anno. Al fisiologico disorientamento iniziale segue una presa di coscienza, seppur nel rispetto dei propri tempi. La predisposizione all’adattamento e la capacità di reazione fanno il resto».
Telelavoro e maternità: la “nuova vita” di Alessandra
In questo racconto, per ora solo al femminile, c’è anche chi ha vissuto momenti più concitati. È il caso di Alessandra Espis del servizio Comunicazione e Immagine, tornata al lavoro a gennaio del 2020 dopo la maternità. «Sono rientrata al lavoro, pronta a riprendere la routine di cui avevo tanto bisogno come donna e come mamma, e ovviamente non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi di lì a poco in pieno lockdown. Ancor meno avrei potuti immaginare che questa condizione sarebbe durata così tanto», ci racconta.
«Già per sé, dopo una lunga assenza, rientrare negli schemi e nelle logiche lavorative è un’operazione complessa, ma doverli conciliare con una gestione domestica, dettata dall’emergenza sanitaria e la cura di una bimba, in certi giorni diventava surreale!». Tra le principali criticità, Alessandra ci racconta della lontananza dai colleghi del servizio: «Abbiamo imparato da subito a rimanere connessi con tutti i mezzi a nostra disposizione e a lasciar aperti più canali in modo da esser sempre presenti e disponibili. Abbiamo cercato di riprodurre la “vita d’ufficio” anche se eravamo ognuno a casa nostra e devo dire che, dopo un breve periodo di assestamento, abbiamo creato una metodologia lavorativa efficiente. Ma in alcuni momenti mi è mancato il confronto diretto e immediato. Ancora adesso ciò che mi manca di più è la quotidianità delle relazioni sociali. La tecnologia ci ha facilitato il lavoro, ma non può sostituire i legami umani. Ci siamo abituati a parlare davanti a uno schermo però mi mancano gli incontri vis a vis».
E sugli insegnamenti che porteremo con noi in futuro? Alessandra non ha dubbi: «L’emergenza sanitaria ci ha obbligati a modificare le abitudini lavorative e ad adattarci velocemente a nuove metodologie che ci hanno permesso di esser connessi in real time. Una connessione costante e immediata sicuramente ci sarà d’aiuto anche in futuro. Quest’anno, infatti, mi ha insegnato che si lavora bene anche se non si è in ufficio, anzi molto spesso si è più concentrati e quindi più produttivi. Ho capito che siamo in grado di adattarci velocemente ai cambiamenti, ma che è terribilmente faticoso stare lontani dalle persone care».
L’esperienza di Viviana: “Difficile da scordare”
Le parole di Alessandra, così come quelle di Donatella, incontrano quelle di un’altra collega, Viviana Bini, membro del Servizio Sistemistico-applicativo di base e per le telecomunicazioni. Anche Viviana, infatti, ci racconta subito di quanto le manchi la socialità sul lavoro. «Il contatto con i colleghi è l’aspetto che più mi manca: il contatto aiuta a capirci meglio anche solo guardandoci. Ho cercato di superare l’assenza con il telefono e spesso mi trovo a chiamare più che a scrivere un messaggio su WhatsApp. In fondo, anche la voce è un contatto più umano rispetto allo scritto condito da emoticon! Comunque, grazie agli strumenti offerti dall’evoluzione tecnologica, abbiamo trovato il modo di stare vicini anche se lontani e spesso ci vediamo in video call. Certo, nelle prime riunioni eravamo un po’ impacciati, ma piano piano siamo diventati più spontanei: quasi come in presenza!».
Da questo tempo di cambiamento, Viviana esce con un bagaglio ricco di insegnamenti: «A livello lavorativo, abbiamo imparato che la tecnologia va utilizzata totalmente, senza sconti. Abbiamo sempre avuto una moltitudine di possibilità grazie ad internet e ai vari dispositivi, ma finora non eravamo in grado o forse non volevamo accorgercene. A volte, ad esempio, non c’è sempre bisogno di prendere un treno per essere in ufficio e rispondere a un cliente o consultare una cartella che risiede su un server o, ancora, fare una riunione. A livello umano, poi, almeno nel mio caso, questo periodo mi ha insegnato a riprendermi il tempo, a fermarmi, ad ascoltare meglio senza pensare a cosa viene dopo, a non dare nulla per scontato, a ringraziare le persone che ho accanto più spesso. Ho imparato ad affidarmi e ho imparato a chiedere, perché se non si riceve non si può donare. Ho fatto mio un aforisma di Seneca che dice “non importa il quanto, ma il come”».
Il messaggio di Giovanni: “Ce la facciamo!”
Anche Giovanni Saleppichi del servizio Telematico e Procedure della Direzione Attività Fiscali e Prestazioni Sociali ci racconta la sua esperienza con l’ottimismo di chi è riuscito a superare i momenti difficili. «Nonostante le inevitabili difficoltà iniziali, ho potuto toccare con mano quanto siamo ben organizzati. Il Sistema è riuscito da subito ad armonizzare i suoi servizi. Così facendo non è mai mancato il sostegno a tutti i nostri Uffici sul territorio nazionale e oggi riusciamo a lavorare alternando giornate in presenza al telelavoro. Questo cambiamento, quello della presenza alternata, ha qualcosa di buono: il lavoro continua e, senza fermarci, siamo riusciti a portare avanti quanto facevamo prima. Gli strumenti informatici, infatti, ci consentono di risolvere molte criticità. Ad esempio, le cosiddette riunioni d’area per la campagna fiscale oggi si fanno in videoconferenza. È vero, resta la mancanza del contatto diretto con i colleghi. A distanza risulta più complicato risolvere subito qualsiasi dubbio, ma credo anche che poter continuare a lavorare senza interruzioni, portando avanti ciò in cui si crede, sia un grande privilegio».
Giovanni è l’unico uomo a raccontarci la sua esperienza e anche lui, come le colleghe, sente la mancanza delle persone con cui condivide il suo lavoro. «Mi piacerebbe tornare a vedere tutti i colleghi in presenza. Quello che mi manca davvero – come penso a molti di noi – è il rapporto diretto con le persone. Vivo a Orte, viaggio con il treno e prendo i mezzi per venire al lavoro a Roma. Incontrare persone, amici, conoscenti durante il viaggio dà modo di parlare e confrontarsi su quanto sta succedendo. Se prima tutto questo sembrava normale, ora lo si vive come un’occasione. Come ci insegna la filosofia, infatti, penso che l’essere umano sia un animale sociale. È stato creato per collaborare, coadiuvare, confrontarsi con gli altri. La mancanza di socialità ci ha fatto capire quanto sia importante la collaborazione. Nel nostro Sistema tutti i servizi, interconnessi fra loro, hanno fatto sì che non mancasse il sostegno agli uffici sul territorio, insieme alla tutela dei diritti e degli interessi delle persone che scelgono 50&Più. Tutto quello che ci ha travolti ha così confermato che il nostro è un grande Sistema».
E la visione del futuro? «Anche se spero che il virus venga sconfitto presto, credo che alcuni strascichi si protrarranno nel tempo. Soprattutto a livello mentale. Non sarà facile tornare agli atteggiamenti del nostro modo di vivere precedente a febbraio 2020. Non sarà facile replicare una stretta di mano o un abbraccio. Non so se continuerà l’alternanza fra il lavoro in presenza e il telelavoro ma posso dire che, se il nuovo mondo lo esigerà, anche lavorando da casa, gli obiettivi si possono e si potranno raggiungere».
Il Primo Maggio di 50&Più
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