Nella fase acuta della pandemia, sono stati in prima linea. Blindati assieme ai nostri anziani nelle residenze socioassistenziali. Personale che ha fatto da barriera per impedire che il contagio da Covid entrasse in queste strutture e dilagasse tra gli ospiti.
Al di là dei rischi connessi con la diffusione del virus, hanno di certo dovuto fare i conti con un impatto psicologico senza precedenti. Anche di questo si sta discutendo in occasione del V° Congresso della Fondazione Onda (28 e 29 settembre).
Effetti a lungo termine
Sono stati numerosi i fattori di stress che hanno dovuto fronteggiare questi lavoratori e che hanno avuto forte impatto sulla salute mentale, sociale e lavorativa. Il dato che non può non far riflettere è che almeno 1 su 3 lavoratori delle Rsa ha riportato disturbi psicologici dopo il Covid. Si parla di ansia, depressione e disturbo post traumatico da stress.
Lo afferma lo studio condotto dalla Fondazione Onda in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di ASST Lodi, l’ASST Fatebenefratelli Sacco Milano e l’Università degli Studi di Milano, con l’obiettivo di valutare le ricadute sulla salute mentale dell’epidemia di Covid-19.
A un anno dal primo lockdown
Una ricerca che si è sviluppata lungo l’arco di due mesi a partire dall’8 marzo 2021: a un anno, appunto, dallo scoppio della pandemia. Lo studio ha coinvolto 300 lavoratori delle RSA: medici, infermieri e fisioterapisti (91), ma anche personale con ruolo assistenziale come ASA E OSS (99) e amministrativi (110) hanno compilato questionari di autovalutazione che potessero fotografare i livelli di ansia e depressione: tutti sintomi ascrivibili a una condizione di Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Le strutture prese in esame appartengono tutte al network dei Bollini RosaArgento, il riconoscimento attribuito alle strutture – pubbliche o private accreditate -, attente al benessere, alla qualità di vita, e in grado di garantire ai residenti una gestione personalizzata, efficace e sicura.
Una battaglia poco conosciuta
lo spiega Giancarlo Cerveri, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Socio-Sanitaria di Lodi. “La ricerca ha identificato con chiarezza che sono state soprattutto le donne giovani (84% del totale, età media 44 anni) le più coinvolte in quella che è stata una battaglia per assistere i più fragili. Una battaglia che ha lasciato ferite che sono rimaste aperte nel tempo. La ricerca evidenzia dunque la necessità di interventi specifici di aiuto a queste persone così duramente colpite dalla pandemia e così poco visibili nel circuito mediatico”.
Ma non è difficile mettersi nei panni di questi lavoratori e immaginare il livello di stress emotivo che ha accompagnato le loro giornate. Soprattutto, considerando anche che, per loro stessa ammissione, l’80% degli intervistati ha contratto in prima persona l’infezione da Sars-Covid-19. Inoltre, purtroppo, circa il 10% ha perso un parente o un amico stretto, col Covid, durante questa pandemia.
Non si tratta dunque semplicemente di fatica fisica legata ai turni di lavoro che, come è immaginabile, hanno subito uno stravolgimento, ma anche di difficoltà di affrontare un fenomeno senza precedenti nella storia contemporanea. “Credo di poter estrapolare – ha detto Luigi Bergamaschini, Membro Advisory Board Bollini RosaArgento e autore dell’indagine – che il personale si sia sentito ‘solo’ e non adeguatamente coinvolto nella gestione della fatica fisica, dello stress per le numerose morti e della propria paura di ammalarsi”.
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