L’ipotetica bambina Susanna ha compiuto tredici mesi: per la sua festa stappano varie bottiglie il papà e la mamma, due quarantenni, i nonni materni e paterni, quattro sessanta/settantenni, più la bisnonna materna e il bisnonno paterno, due allegri novantenni. La somma fa otto. Dunque I Magnifici otto sono tutti chini su quello scricciolo d’essere umano, lo covano con inaudita tenerezza e potrebbero davvero, come cantavano le donne d’una volta, mangiarselo di baci.
L’ipotetica bambina Susanna regge, sulle sue minuscole spalle, una piramide di adulti commossi e inteneriti in misura proporzionale alla loro distanza dalla nascita. I più sbrodoloni sono i bisnonni, ma anche i nonni pigolano troppo. I genitori sprizzano orgoglio per avere prodotto, a quarant’anni suonati, il “bambino della bandiera”, nel senso che ne faranno uno solo, l’ipotetica bambina Susanna non avrà fratelli né sorelle. In compenso avrà un sacco di nonni e riceverà molti regali.
La famiglia infatti festeggia ogni complimese della bambina unica e, per l’occasione, tutti e otto i suoi adulti di riferimento le regalano giocattoli intelligenti, libricini di cartone masticabile, trenini di legno ecocompatibile, cubi da incastrare in altri cubi per imparare a coordinare le grandezze e le forme, carillon che la iniziano al culto di Chopin e Lucio Dalla, vestitini con fiocchi e falpalà.
È sconvolgente il numero di supporti al gioco che giacciono sul pavimento della cameretta dell’ipotetica bambina Susanna, ma anche in salotto, in cucina, in balcone, in anticamera e sul pianerottolo. Da quando è nata i suoi effetti personali e i suoi pupazzi hanno guadagnato tutta la casa spingendo in un angolo ogni altro arredo.
Lì per lì sembra contenta, la lattante, vezzeggiata da una piramide di adulti gorgheggianti. Ma poi? Come diventeranno grandi questi piccoli adorati per la loro rarità?
Certo, la mancanza d’amore è il peggiore dei mali che possono colpire i più fragili fra noi, cioè i molto giovani e i molto vecchi, ma non abbiamo ancora mai studiato gli effetti collaterali di una esposizione prolungata al calore dell’innamoramento, quasi una venerazione, che colpisce i bambini piccoli. Si può morire soffocati dal miele? Temo di sì.
Loro sono pochi, sono rari, sono eccezionali. Sono sempre meno.
Cresce il partito delle “children free”, donne che non vogliono figli, punto e basta. Quelli che riescono a nascere, perciò, sono specie da proteggere, come i panda.
Sono animaletti esotici, come certe lucertoline che vivono soltanto sulle pendici rocciose dell’isola di Strombolicchio, neck di un vulcano sommerso.
Gli under 15 sono stati sorpassati dagli over 65, di recente. Per la prima volta nella storia del mondo. E in Italia, e soltanto in Italia. Gli anziani sono una massa, in Italia, un esercito, una moltitudine. E continuano a crescere.
Un secolo fa superare il primo anno di vita aveva del miracoloso. I bambini morivano spesso, morivano presto. Fino al compimento dei cinque anni d’età non erano fuori pericolo. Fortuna che di figli se ne facevano minimo quattro, molto spesso otto o dieci. Se ne moriva uno, avevi il rimpiazzo. Se i figli riuscivano a compiere i fatidici cinque anni, potevi sperare che campassero.
Li amavi moltissimo, ma con discrezione, e senza pretendere di farli felici.
Oggi, grazie al progresso, alla scienza, all’igiene di vita e al Cielo, la morte di un figlio bambino è improbabile.
Si tratta, per fortuna, di un evento raro, la più intollerabile delle disgrazie. Non c’è nome per chi perde un figlio, non esiste una parola per dirlo.
Se malauguratamente succede, gli otto adulti di riferimento quasi sempre non sopravvivono.
Se non succede nessuna disgrazia, se si cammina veloci 30 minuti al giorno e si mangia tanto parmigiano per le ossa, la vita degli adulti-adulti dura, in media, sessant’anni: dai 25 agli 85 anni.
Ma facilmente anche di più.
I vecchi sono una maggioranza. Invecchiare, ormai, è il destino di una massa, non di un élite. Oggi l’élite sono i bambini. Pochi, preziosi, viziati.
Appartenere a una élite fa di te un oggetto di invidia. L’invidia, repressa, sfoga in corteggiamenti degni d’un cicisbeo d’altri tempi. I bambini vengono lusingati, rassicurati sulla loro bellezza, fotografati, lanciati su Instagram, commentati in rete come se fossero tutti pezzi unici, da incastonare come pietre preziose nella noia della vita quotidiana, per farla brillare.
Chissà come si sente, l’ipotetica bambina Susanna, con quella schiera di adulti al seguito. Potente?
E come si sentirà quando scoprirà che non tutti la amano, che non tutti la approvano, che non tutti la applaudono?
Che donna diventerà? Una dominatrice? Oppure alla prima delusione andrà in mille pezzi, incapace di rendersi conto che il mondo non ruota attorno a lei.
Me lo chiedo onestamente, care lettrici e cari lettori, me lo chiedo mentre compero all’edicola sotto casa una bustina piena di piccole sirene di plastica.
La mia nipotina tre-enne sta per arrivare a casa mia. Tutte le volte che viene a trovarmi (o che i genitori me la mollano) sa che troverà un regalo. Per trovarlo dovrà partecipare ad una caccia al tesoro. Frugherà ridendo di gioia sotto tutti i cuscini dei divani del salotto, nella pattumiera, dietro le librerie. Alla fine lo troverà e potremo giocare insieme. Per giocare con lei staccherò il telefono, come i potenti quando stanno “in riunione”.
Staremo fino all’ora di cena sedute sul tappeto, a quattro zampe a far correre le macchinine sul marmo della doccia. Felici. Paghe l’una dell’altra.
So perfettamente che la sto viziando,
So che non avrò mai più il potere di renderla felice
Più i figli crescono, meno la loro serenità dipende da noi.
Però per un pomeriggio ho potuto godere del suo sorriso. Uno spettacolo per cui vale la pena di rischiare, quando verrà, la delusione della vita adulta.
Lidia Ravera è nata a Torino. Giornalista, sceneggiatrice e scrittrice, ha pubblicato trenta opere di narrativa tra cui “Porci con le ali” (Bompiani 1976), “Sorelle” (Rizzoli 1994), “L’eterna ragazza” (Rizzoli 2006), “La guerra dei figli” (Garzanti 2009) e “A Stromboli” (Laterza 2010). Gli ultimi romanzi “Piangi pure”, “Gli scaduti”, “Il terzo tempo”, “Avanti, parla” sono nel catalogo Bompiani. Ha lavorato per il cinema, il teatro e la televisione.
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