Se ad oggi è possibile individuare il Parkinson soltanto dopo la comparsa di alcuni sintomi, un nuovo studio coordinato dal professore di chimica teorica Michele Ceotto dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con il Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica (Labion) dell’Irccs Don Gnocchi, punta alla diagnosi precoce grazie a innovativi test salivari.
Al momento la ricerca è giunta alla seconda fase. Già due anni fa, però, il Labion aveva sviluppato una tecnica per ricavare la cosiddetta firma molecolare individuale attraverso un campione di saliva e riconoscere i pazienti affetti da SLA. Dallo stesso processo si cerca ora di diagnosticare il Parkinson.
Gli esordi del nuovo test per il Parkinson
“Si tratta di una sorta di grafico con dei picchi, che fornisce l’impronta digitale del campione biologico”, spiega la direttrice del laboratorio Marzia Bedoni. “Se usiamo questa firma come biomarcatore e mettiamo a confronto gli spettri di soggetti sani e di persone con una diagnosi, notiamo differenze statisticamente significative”.
Questa firma molecolare è stata individuata attraverso la spettroscopia Raman. L’esame si basa sull’utilizzo della luce laser per analizzare la composizione chimica di campioni complessi. Una tecnica già applicata anche nella diagnosi del Covid-19.
Due anni dopo i ricercatori hanno accertato che la saliva non consente solo di fare una diagnosi ma di distinguere tra varie patologie. “Analizzando la saliva dei nostri pazienti con Parkinson già diagnosticato ci siamo concentrati su una proteina”, ha proseguito Bedoni. “L’Alfasinucleina si manifesta in due forme diverse nelle persone con o senza diagnosi.”
L’intelligenza artificiale nel test per il Parkinson
Il gruppo guidato dal professor Ceotto entra nella ricerca con la creazione di un’intelligenza artificiale che viene applicata ai dati raccolti, simulando una sorta di maschera teorica della proteina. Questa viene poi confrontata con le firme molecolari dei campioni salivari raccolti fra i pazienti e con il campione sano. L’obiettivo è quello di arrivare a una piattaforma che in maniera autonoma sia in grado di individuare l’alterazione della proteina nella saliva. In questo modo sarebbe possibile la la diagnosi precoce, anche in assenza di sintomi. Di fatto consentirebbe un intervento farmacologico molto più rapido e efficace a fermare la progressione della malattia.
Il Parkinson colpisce oggi 5 milioni di persone nel mondo, delle quali 300 mila solo in Italia. Si stima che il numero sia destinato a crescere nei prossimi quindici anni, quando i nuovi casi ogni anno saranno almeno 6mila. Il quadro risulta ancora più drammatico considerando il progressivo abbassamento dell’età media alla comparsa dei sintomi.
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