La causa principale dei cambiamenti climatici è l’effetto serra provocato dall’emissione eccessiva di anidride carbonica nell’atmosfera. I ricercatori premiati quest’anno con il Nobel per la Fisica hanno il merito di avere studiato questi temi con decenni di anticipo.
Il 5 ottobre scorso l’Accademia reale svedese ha assegnato il Nobel per la fisica a Syukuro Manabe, Klauss Hasselmann e Giorgio Parisi . Motivo? I “rivoluzionari contributi alla nostra comprensione dei sistemi fisici complessi“. Tutti e tre i ricercatori hanno usato la matematica complessa per spiegare e prevedere quelle che finora apparivano come imprevedibili forze della natura. I loro lavori hanno di fatto permesso all’attuale scienza metereologica di prevedere i cambiamenti climatici nel lungo periodo.
Le motivazione dell’Accademia
Il clima è un sistema “complesso”, spesso caratterizzato da fenomeni caotici, apparentemente imprevedibili. Per questo il premio è stato diviso tra il giapponese Manabe (90 anni) e il tedesco Klaus Hasselmann (89 anni). I due, spiegano gli Accademici, “hanno posto le basi della nostra conoscenza del clima della Terra e di come l’umanità lo influenza”. In questo modo hanno quantificato e predetto il fenomeno del riscaldamento globale. Manabe, in particolare, ha posto le basi per lo sviluppo degli attuali modelli climatici.
Cos’è un modello climatico?
Inondazioni, siccità e lunghi periodi di clima rigido condizionano sempre più l’esistenza. Poiché è impossibile condurre esperimenti in laboratorio per studiare come e quanto il comportamento umano influisca su questi eventi, la scienza ricorre ai modelli climatici. Un modello climatico è una versione del “sistema Terra” (l’insieme delle componenti chimiche, fisiche, biologiche e umane del pianeta), elaborato al computer, che rappresenta tutte le leggi fisiche. I climatologi prevedono i futuri cambiamenti del sistema climatico mediante calcoli effettuati con l’ausilio di diversi modelli. Questi ultimi si basano sui differenti scenari possibili prodotti dalla quantità di emissione di gas serra.
Manabe, il pioniere del clima
Nel 1967 Manabe sviluppa un modello che conferma la connessione tra il principale gas serra – l’anidride carbonica – e il riscaldamento nell’atmosfera. Egli, infatti, nota che, mentre ossigeno e azoto producono un effetto trascurabile, un raddoppio delle concentrazioni di anidride carbonica comporta un incremento di oltre 2 °C sulla temperatura globale terrestre. Quel lavoro getta le basi per lo sviluppo degli attuali modelli climatici e gli fa guadagnare la fama di “pioniere del clima”. Dal canto suo Manabe, ritirato il Premio, dichiara che “applicare la fisica al cambiamento climatico è stato 1000 volte più facile che convincere il mondo ad agire al riguardo”. Per lui è importante giungere a previsioni più accurate possibile su scala globale. Questo sarebbe il solo modo per combattere il cambiamento climatico, che lui definisce “la peggiore crisi” che il mondo sta attraversando.
Il Nobel di Hasselmann
Il merito di Klaus Hasselmann è di aver creato un modello in grado di collegare i fenomeni climatici a breve termine – come la pioggia – al clima. Grazie al suo lavoro, infatti, è oggi possibile considerare attendibili i modelli climatici, nonostante l’imprevedibilità e il caos (spesso un evento catastrofico nasce da una piccola perturbazione) dei fenomeni metereologici. In parole povere, il fisico tedesco ha creato un modello che collega tra loro il meteo e il clima, spiegando come i modelli climatici possano essere attendibili anche se il meteo è spesso imprevedibile e caotico. Sensibile alla questione, come il collega giapponese, Hasselmann ha dichiarato all’Associated Press che avrebbe preferito non ricevere il Nobel, piuttosto che sapere di averlo meritato per l’emergenza del riscaldamento globale.
Il futuro? Si decide a Glasgow
L’importanza del lavoro dei ricercatori svolto in passato acquisisce oggi il valore dell’urgenza. In mancanza di un intervento decisivo e in tempi rapidi, i modelli di previsione rivelano infatti una prospettiva sempre più disastrosa. Il Nobel arriva meno di quattro settimane prima dell’inizio dei negoziati sul clima che si terranno a Glasgow, in Scozia. Durante la conferenza ai leader mondiali verrà chiesto di aumentare gli impegni sul fronte del riscaldamento globale. Mentre per la Terra è già codice rosso.
Il report delle Nazioni Unite
Il rapporto di agosto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, (IPCC), un gruppo intergovernativo di scienziati delle Nazioni Unite, mostra che il Mondo è sull’orlo di un baratro. Anche se tutti i paesi rispettassero i tagli alle emissioni promessi nell’ambito dell’accordo di Parigi, la temperatura media globale è destinata ad aumentare di 2,7 gradi Celsius entro la fine del secolo. Il documento afferma che le Nazioni hanno ancora solo un breve lasso di tempo per ridurre le emissioni di combustibili fossili e per prevenire danni più gravi in futuro. Il Panel, che si basa direttamente sui modelli del dottor Manabe, rileva che dal 1990 ad oggi le emissioni globali di anidride carbonica sono aumentate del 50% circa, con un ritmo più veloce dal 2000 al 2010 rispetto alle tre decadi precedenti.
Un messaggio per i Governi?
Previsioni drammatiche, confermate a settembre da una relazione delle Nazioni Unite, in base alla quale è probabile che l’aumento della temperatura provochi incendi, siccità e inondazioni con sempre maggiore frequenza. Se qualche decennio fa i modelli matematici riuscivano solo a prevedere che il clima del Pianeta stava cambiando, oggi i fenomeni, sempre più estremi, sono sotto i nostri occhi. Alla domanda se il comitato per il Nobel con questo premio volesse inviare un messaggio ai leader mondiali, Göran Hansson, segretario generale dell’Accademia ha risposto: “Ciò che affermiamo è che il riscaldamento globale si basa su una solida scienza”. Ed è una drammatica realtà.
© Riproduzione riservata