Tutte le volte che abbiamo accompagnato i nostri bambini a scuola li abbiamo visti riporre le loro cose in armadietti adatti alla loro statura e sedersi attorno a tavoli in cui potessero comodamente prendere posto. Forse non tutti sanno che queste invenzioni, oggi così comuni, sono idee nate da una delle pedagogiste più famose d’Italia e del mondo: Maria Montessori (1870-1952).
Secondo l’educatrice di Chiaravalle, infatti, alcuni degli step fondamentali nella crescita del bambino sono il raggiungimento dell’indipendenza, la piena libertà di scelta del proprio percorso educativo e il rispetto del naturale sviluppo fisico. Proprio per questo, nel corso dei suoi studi, Maria Montessori ha ideato “l’ambiente preparatorio”, uno spazio in cui tutto è a misura di bambino e in cui gli oggetti, i colori, la pulizia e l’ordine siano pensati per sviluppare l’autonomia individuale.
Un approccio che va oltre l’infanzia
Ma come può tutto ciò rivelarsi utile anche in altre fasi della vita? Alcuni studiosi se lo sono domandato e hanno provato ad utilizzare il metodo montessoriano con pazienti affetti da demenza. Una delle esperte in materia è la dottoressa Anita Avoncelli, laureata in Scienze dell’Educazione, che ha deciso di riutilizzare alcuni precetti montessoriani per la cura di chi man mano perde le competenze acquisite nel corso della vita.
La dottoressa ha raccontato molto di questo nuovo approccio durante il seminario Alzheimer e Montessori: due mondi solo apparentemente lontani, organizzato in occasione del XI Forum della Non Autosufficienza. «Parliamo di persone e non di pazienti – ha esordito Avoncelli -. Questa distinzione è fondamentale per capire come approcciarci alla loro storia passata e come valorizzarla anche davanti alla malattia».
La sua intuizione sulla possibilità di utilizzare il metodo montessoriano anche con persone affette da demenza prende vita agli esordi della sua carriera: «Prima di laurearmi ho seguito un tirocinio in un reparto di neuropsichiatria infantile e mi sono occupata molto anche di educazione familiare e permanente. Una volta conseguito il titolo ho iniziato a lavorare in un ospedale psichiatrico dove la gran parte delle persone ricoverate erano ormai anziane. È qui che ho notato quante fossero le somiglianze tra il mondo dell’infanzia e quello dell’anzianità non autosufficiente».
Ma se il bambino è diretto a trovare la propria autonomia, l’anziano affetto da demenza non è alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma è intento a non perdere, per quanto possibile, le competenze già acquisite. «L’idea di base è che non si può chiedere ad un bambino o ad un anziano affetto da demenza di eseguire delle azioni o dei compiti che non siano adeguati alla fase specifica del suo percorso. Per esempio, non si può chiedere ad un bambino di un anno e mezzo di mangiare in autonomia restando seduto e fermo, così come non si può pretendere che una persona affetta da demenza mantenga una soglia di attenzione prolungata».
L’applicazione del metodo Montessori
Ad adottare questa nuova metodologia è anche la Palestra della mente Montessori, una realtà attiva in Abruzzo dedicata proprio ad anziani affetti da demenza e alle loro famiglie. Il progetto prevede l’intervento di un team composto da medici psichiatri, geriatri, infermieri, assistenti sociali, psicologi ed educatori che si riuniscono più volte con gli anziani coinvolti e le loro famiglie. Durante questi incontri vengono illustrate le attività e le pratiche basate sul metodo Montessori che poi potranno anche essere facilmente replicate a casa.
Questo metodo permette alle persone di eseguire i compiti che sentono familiari, insieme a giochi che potenziano la mente, gruppi di discussione e un ambiente progettato per rassicurare e stimolare. Il primo centro ad aver sperimentato questo assetto è stato il Dementia Support Senior Centre, una residenza diurna a Toronto, in Canada. Tra le tante attività organizzate, ad alcune signore vengono procurati gli ingredienti e gli strumenti per preparare alcuni dei loro piatti forti: in particolare, si cerca di prediligere quelle azioni che richiedano l’utilizzo della manualità. Fare i biscotti, ad esempio, è una delle attività più utili: impastare, usare il matterello e le formine sono grandi esercizi per mantenere allenata la mente.
Il primo ad aver adattato il metodo Montessori agli anziani è stato il professor Cameron Camp, i cui lavori hanno dimostrato che attività che prendono spunto dal noto metodo riescono ad aumentare significativamente l’impegno di persone affette da demenza rispetto ad altri tipi di proposte.
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