Al sollievo della ripartenza si associa in queste settimane una sensazione preoccupante e insidiosa. A partire dal prossimo 1° luglio, dopo più di un anno, cadrà gradualmente anche il divieto di licenziamento.
Con il Decreto Sostegni, infatti, è stato prorogato fino al 30 giugno 2021 il blocco in tal senso per le imprese che dispongono della cassa integrazione ordinaria o straordinaria. S tratta, invero, nella maggior parte dei casi, di grandi aziende che operano nell’industria e nell’agricoltura. Il divieto viene invece ulteriormente prorogato fino al 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro che utilizzano la cassa integrazione in deroga, soprattutto attività del terziario e PMI. In entrambi casi, lo sblocco interesserà sia i licenziamenti individuali che collettivi.
Il futuro del lavoro
Il dubbio si affaccia quindi lecito, come associazioni di rappresentanza e cittadini, nel chiedersi che cosa succederà al mercato del lavoro una volta rimosso il vincolo formale al mantenimento dell’occupazione.
Nonostante lo stesso blocco dei licenziamenti, nell’ultimo anno è andato comunque in fumo quasi un milione di posti di lavoro (dai contratti a tempo determinato non rinnovati a nuove posizioni che non sono state aperte). Il risultato è doloroso. 5,6 milioni di persone in povertà, a cui si potrebbero aggiungere gli attuali 6,3 milioni di occupati in situazioni instabili o economicamente deboli. Una fetta che questa misura di “normalizzazione” potrebbe portare ad una situazione di non ritorno.
Nuovi poveri
Sono sotto gli occhi di tutti le interminabili file delle persone che, nelle diverse città d’Italia, attendono pazientemente il proprio turno davanti alle mense. L’attesa per ricevere un pasto caldo. Ci sono anche volti che non ci si aspetterebbe. Sono i cosiddetti “nuovi poveri” della pandemia. Persone che dall’oggi al domani hanno scontato la propria – pur dignitosa – fragilità (assenza di reti familiari, situazioni lavorative precarie, debiti) trovandosi senza il reddito attorno al quale ruotava la propria indipendenza e capacità di sostentamento.
Eppure, come recita l’articolo 1 della nostra Costituzione: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Il lavoro che è sostentamento e dignità per se stessi ed i propri cari. Ma che è fondamentale anche alla società, che fa crescere come persone e come collettività, che rende creativi, responsabili, liberi. Per questo, nell’emergenza affrontare l’emergenza non basta. È fondamentale sostenere investimenti e misure per una ripresa dell’economia e delle imprese, per metterle in grado non solo di licenziare meno, ma anche di creare nuova occupazione. Così, solo così, si nuota in direzione ostinata e contraria al baratro che questa pandemia ha creato nell’economia e nella vita di tanti, troppi, italiani.
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