Una patologia debilitante e cronica che porta ad una progressiva perdita della vista. Ma, se diagnosticata in tempo e trattata in modo appropriato, è possibile limitare di molto i danni.
Killer silenzioso, ladro invisibile della vista. C’è ma non si vede. Colpisce nell’ombra, agisce indisturbato e quando viene scoperto spesso è troppo tardi. Stiamo parlando del glaucoma, la malattia che danneggia progressivamente il nervo ottico, che colpisce in Italia circa un milione e 200mila persone.
Chi ne è affetto potrebbe non accorgersene a lungo perché la malattia nelle fasi iniziali è asintomatica. Il glaucoma progredisce lentamente e negli stadi terminali comporta la perdita della vista. Il danno è irreversibile. Ma la buona notizia è che la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono evitare la disabilità visiva. Per questo è fondamentale effettuare periodicamente visite di controllo dall’oculista. E gli esperti non perdono occasione di ricordarlo. Tra questi, Stefano Miglior, presidente dell’Associazione Italiana Studio Glaucoma (AISG), cui abbiamo chiesto di spiegarci in cosa consiste e come si può prevenire questa malattia della vista che, a ragione, spaventa così tanto.
Professor Miglior, cos’è il glaucoma? Quali danni provoca?
Il glaucoma è una malattia degenerativa cronica che consiste in una progressiva perdita delle fibre nervose che collegano l’occhio al cervello. Questo processo comporta la perdita della capacità di vedere ciò che sta nella porzione di spazio intorno all’oggetto che viene fissato. Non è detto che la malattia si sviluppi contemporaneamente in entrambi gli occhi, ma nella stragrande maggioranza dei casi il danno è bilaterale.
Come si manifesta?
Purtroppo negli stadi iniziali, ma anche in quelli più avanzati la malattia è per lo più asintomatica perché si sviluppa lentamente, poco alla volta. La perdita visiva non viene percepita per lungo tempo. Ciò succede perché la capacità visiva dell’occhio meno danneggiato vicaria quella in parte persa dall’occhio compromesso. Questo processo compensatorio, che nell’immediato può essere considerato un vantaggio, rappresenta in realtà un intralcio alla diagnosi.
Ecco allora, veniamo alla questione cruciale… Come si fa la diagnosi?
La diagnosi avviene durante una normale visita oculistica. È rarissimo che il paziente sia spinto ad andare dall’oculista perché insospettito da qualche anomalia della vista. È solo nella fase più avanzata che il campo visivo alterato diventa manifesto e inizia a creare qualche problema. In questi casi la persona riesce a vedere ancora bene ciò che gli sta davanti, ma percepisce poco o nulla di quel che c’è attorno all’oggetto al centro del campo visivo. E così potrebbe facilmente inciampare sui gradini, sbattere contro gli spigoli dei mobili o gli stipiti delle porte.
Chi deve sottoporsi alla visita oculistica e quando?
Tutti, indipendentemente dalla storia clinica personale, devono effettuare una visita oculistica di controllo a partire dai 40 anni di età una volta ogni due anni. Nel corso della visita viene effettuata l’analisi del fondo dell’occhio e vengono valutate eventuali alterazioni della papilla ottica, la porzione intraoculare del nervo ottico. Viene eseguito l’esame della pressione dell’occhio che, quando è alta, è uno dei fattori di rischio più importanti del glaucoma. Nel caso, si esegue l’esame del campo visivo che permette di conoscere lo stadio della malattia e di monitorarne la progressione.
Una volta avuta la diagnosi, come si interviene?
A quel punto bisogna iniziare immediatamente la terapia, il cui obiettivo principale è quello di abbassare la pressione dell’occhio ricorrendo a colliri specifici. È stato infatti dimostrato che anche nelle persone che hanno una pressione oculare nella norma (il 20-30% dei pazienti con glaucoma) questa strategia è la più efficace. Esistono anche trattamenti di supporto con molecole neuroprotettive al fine di aumentare la resistenza del nervo ottico, ma attualmente il trattamento standard consiste nell’abbassare la pressione dell’occhio. Se la malattia è in una fase iniziale ci si può affidare al trattamento con il laser per evitare o rimandare l’uso delle gocce. I colliri, infatti, vanno usati da una a tre volte al giorno per tutta la vita. La terapia è quindi impegnativa e può compromettere la qualità di vita. Nei casi che sfuggono al controllo della pressione dell’occhio attraverso i colliri si ricorre alla chirurgia.
Esiste una soglia ideale di pressione oculare da raggiungere per mettere al sicuro la vista?
Il valore pressorio da raggiungere dipende da vari fattori. Se il paziente è giovane vale la pena ottenere un abbassamento più marcato. Se la malattia è in fase avanzata è necessario un abbassamento pressorio considerevole. Nella persona molto anziana con una malattia allo stadio iniziale, invece, non è necessario puntare a un abbassamento elevato della pressione. La terapia viene calibrata in base alle caratteristiche individuali e cliniche del singolo paziente.
Quali sono i fattori di rischio? Esistono individui con maggiori probabilità di ammalarsi?
Il fattore di rischio più importante, come abbiamo detto, è un’elevata pressione dell’occhio. Un altro fattore di rischio importante e insospettabile è la pressione arteriosa bassa che comporta una ridotta ossigenazione del nervo ottico. I soggetti miopi, le persone di etnia afro-americana, i parenti di pazienti con glaucoma sono più suscettibili. Mentre nella popolazione generale la visita oculistica viene consigliata una volta ogni due anni, per chi ha familiarità con la malattia è necessario controllare la vista una volta l’anno già in giovane età.
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