Ogni anno, il terzo lunedì di settembre, i Giapponesi celebrano il “Keiro no hi”: è il Giorno del Rispetto per gli Anziani”, in cui ci si prende cura di loro in diversi modi. Per l’occasione numerosi volontari distribuiscono pasti pronti agli anziani del villaggio o del quartiere, mentre i bambini nipponici preparano spettacoli, danze e canti in onore dei nonni.
Con un’aspettativa di vita che si colloca intorno agli 84 anni, il Giappone batte il nostro Paese nella classifica globale di invecchiamento della popolazione. Quella anziana ha infatti raggiunto i 35,88 milioni (il 28,4% del totale): è la più “vecchia” al mondo, seguita dall’Italia (23%) e dal Portogallo (22,4%).
Di questo passo, nel 2025, i cittadini giapponesi con più di 65 anni di età saranno il 30% del totale. Saliranno al 35,3% nel 2040, un anno cruciale, in cui la seconda generazione del boom demografico, quella nata tra il 1971 e il 1974, supererà i 65 anni di età: il peso sarà allora insostenibile per un sistema pensionistico che già da tempo scricchiola.
Il calo demografico acuisce problematiche non nuove e sempre più presenti. Una fra tutte l’età della pensione che, nel Paese del Sollevante, resta ferma a 60 anni, ma che con incentivi e offerte può essere ritardata rimanendo di più al lavoro.
Oggi gli over 65 nipponici rappresentano il 13% dei lavoratori. A farli rimanere in attività sono le tante occasioni d’impiego (anche saltuario e part-time) e la necessità legata ai ridotti livelli della pensioni. Grazie ad alcuni benefici molti tendono a procrastinare di almeno 5 anni l’accesso alla pensione, mentre provvedimenti più recenti per restare al lavoro fino a 70 anni stanno raccogliendo consenso.
Ma non si tratta solo di questo. Bisogna considerare che l’etica del lavoro in Giappone è ritenuta un pilastro della società e dell’economia e che per molti è impensabile una vita improduttiva e inattiva.
I senior giapponesi sono sempre più “schiacciati” fra due esigenze: da una parte, lasciano sempre più tardi il loro impiego per continuare a garantire il proprio benessere o sostenere quello di figli e nipoti; dall’altro, contribuiscono in modo indispensabile in un momento in cui la forza-lavoro è in ristrutturazione.
Sull’attuale governo guidato da Shinzo Abe pende la spada di Damocle di una politica previdenziale ormai onerosa, su cui pesa il 30% di spesa pubblica nel Welfare, tra l’altro finanziata in buona parte tramite debito pubblico.
È una situazione molto complessa, che ha spinto a depositare una legge in Parlamento per abolire l’età del pensionamento e incentivare la permanenza al lavoro oltre i 70 anni nelle aziende private. Pare sia pronto anche un altro provvedimento per portare il limite d’età lavorativa a 75 anni: un innalzamento giustificabile – secondo coloro che l’hanno proposto – con l’età media nel Paese, la più alta al mondo, e con una popolazione ultracentenaria che ha raggiunto ormai le 70mila unità.
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