Un gruppo di premi Nobel e di esperti si è confrontato a Madrid su pensioni ed invecchiamento della popolazione mondiale. Quale è l’età giusta per entrare in pensione? Come deve essere il percorso di risparmio di un nuovo lavoratore?
Alla base della discussione, sostenuta dal dato di fatto che la vita media si è allungata, tre semplici domande: come si finanzieranno questi anni in più? cosa comporterà questo per le giovani generazioni ? E ultimo ma non ultimo, le decisioni in tal senso saranno abbastanza imparziali visto che verranno prese in un’arena dove i senior hanno più potere decisionale dei giovani?
Varie le risposte emerse e non a tutte le domande è stata data risposta.
Una soluzione proposta ha riguardato l’introduzione di una tassa per i robot che, soprattutto nei prossimi dieci anni, porteranno via agli uomini molte attività. Su questa tematica le conclusioni non sono state univoche. Se una tassa sul lavoro dei robot potrebbe aiutare a finanziare le pensioni future, si ritiene rischioso eccedere in questa direzione per evitare di bloccare l’innovazione.
A Madrid, Nicholas Barr, professore alla London School of Economics di Londra, ha sostenuto che l’allungamento della vita media mette in crisi qualsiasi sistema pensionistico. Tre le opzioni che ha messo sul tavolo: possono finanziarlo pensioni più basse, pensioni uguali ma erogate più in là nel tempo o un aumento del PIL ( prodotto interno lordo) nazionale per riuscire a finanziare i maggiori costi. Il punto chiave è aumentare l’età pensionistica, non all’improvviso ma con una visione di lungo periodo. Il premio Nobel all’Economia, Edmund Phelps di 86 anni ha affermato che “i politici devono smettere di pensare di guadagnare voti limitando l’età pensionistica ai 65 anni. È assurdo pensare che i vecchi possano bloccare l’ingresso al lavoro dei giovani; bisogna invece concordare su cosa ogni generazione può apportare in termini lavorativi. Forzare la gente a smettere di lavorare è una vera e propria economia spazzatura”. José Conde-Ruiz, professore della Complutense, ha ricordato che “fu il Cancelliere Bismarck a fissare a 65 anni l’età della pensione e tutti i Paesi, seguendo questo numero, misero in piedi i vari sistemi di Welfare. Il problema attuale è che la demografia si è modificata nel tempo e i sistemi pensionistici non si sono del tutto adeguati a questo cambiamento”.
Dal dibattito nel suo complesso è emersa la consapevolezza che non si è mai avuta finora alcuna esperienza di un mercato del lavoro con molti lavoratori settantenni. Certo la produttività potrebbe risentirne ma solo se non si trovasse un equilibrio tra giornate e ore lavorate.
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