Oggi, care lettrici e cari lettori, in questa rubrica, parleremo di sesso, perché ho ricevuto più di una lettera che chiedeva conto di questo delicato argomento. Prenderò in considerazione, e ve li presenterò con le dovute precauzioni, per mantenere l’anonimato, un uomo e due donne. Lui, il signor P., ha 65 anni, una posizione di responsabilità, è molto gratificato sul lavoro ma sa che fra due anni andrà in pensione.
Il suo problema è che gli piacciono le donne molto giovani e ha paura di non piacere più a loro. Gli ho detto: «Il problema è che fra due anni non avrai più da offrire il valore aggiunto della tua posizione ad una donna giovane e bella che ti preferirebbe ai suoi coetanei». Mi ha detto che lui non ha mai mischiato sesso e lavoro. Che gli veniva naturale amare soltanto donne che avrebbero potuto essere amiche delle sue figlie. Puntuale arrivava l’eccitazione, e con l’eccitazione era in grado di soddisfare qualsiasi ragazza. Invece adesso no, perché l’età lo fa sentire svantaggiato, la ventinovenne che gli piace gli ha presentato il suo boyfriend. E l’ha gettato nella disperazione. Gli ho consigliato di mollare le giovanotte e trovarsi una avvenente coetanea. Non ha risposto, forse non ha letto (il nostro è uno scambio di mail), forse non vuole liquidarmi con un “ma senti ’sta befana…” e preferisce tacere. Molti uomini considerano bellezza e giovinezza, anzi, la bellezza della giovinezza, come l’unico ingrediente in grado di consentire un sesso felice. Bene, le cose non stanno così.
Parola di S., 67 anni, bella presenza, ma tutti i segni del tempo bene in vista. Nessun ritocco. Vedova da quattro anni, salta fuori un tipo che le faceva la corte quando andavano al liceo. Si incontrano per caso, lui le fa qualche complimento. Lei non ne sentiva da tempo, di complimenti. Non vuole crederci, pensa che si tratti della commedia della nostalgia, niente che riguardi il suo presente di donna “anziana”. Ha torto , lui insiste, la invita a pranzo, arrivano altri complimenti, meno elaborati, più rustici. Lei deve ammettere, e lo ammette, di sentirsi meglio, si alza di buon umore, corre subito a controllare se c’è qualche messaggio per lei, qualche canzone postata per farle ballare il cuore, come quando li separavano soltanto tre banchi. Allora non erano arrivati a fare l’amore. Lei, figlia di una coppia di cattolici osservanti, non si sentiva pronta. Lo ricordano ridendo, di pomeriggio. La corrente di simpatia che corre fra loro spinge lui ad azzardare un invito a cena. Lei accetta, nell’attesa si lava e si leviga e si idrata come se dovesse affrontare un servizio fotografico per fotomodelle nude. Poi mi scrive confessando che vorrebbe tornare indietro e rifiutare. Ha troppa vergogna di quelle “cose penzoloni” che ornano i suoi avambracci, non vuole essere vista, non con quella orribile pancetta che nessuna faticata in palestra riesce a ridurre a proporzioni tollerabili. Non so come sia poi andata a finire la serata. È stato celebrato l’agognato dopocena? Forse no. Forse S. ha preferito rinunciare a rimettere in moto la macchina del desiderio sessuale, dell’attrazione, perché ha introiettato, anche lei, l’immagine del corpo giovane e si sente, nella sua imperfezione, non desiderabile. Vorrei invitarla a liberarsi degli stereotipi e osare.
Un essere umano non è solo un corpo, qualche metro di pelle e un sesso. Non esistono regole, al piacere bisogna imparare ad abbandonarsi senza partire dall’immagine di sé (mi sento desiderata quindi desidero) ma dalla ricerca di una fusione possibile, con l’altro.
W. ha 73 anni ed è sposata da 50. Il suo è un matrimonio felice ma, da ormai quasi dieci anni, privo di ogni contatto sessuale. W. si chiede, e mi chiede, come fare a rinverdire la passione dopo tutto questo tempo, quando ormai si chiedono l’un l’altro “scusa” anche se soltanto si sfiorano i piedi nel letto. Non so che cosa consigliarle: passare dal piede al ginocchio e salire sempre più su? Baciarlo sulla bocca quando meno se l’aspetta? Va tutto bene, basta che riusciate a riderne. Insieme. Con la complicità che rende l’amore coniugale poco sexy ma molto rilassante.
Lidia Ravera è nata a Torino. Giornalista, sceneggiatrice e scrittrice, ha pubblicato trenta opere di narrativa tra cui “Porci con le ali” (Bompiani 1976), “Sorelle” (Rizzoli 1994), “L’eterna ragazza” (Rizzoli 2006), “La guerra dei figli” (Garzanti 2009) e “A Stromboli” (Laterza 2010). Gli ultimi romanzi “Piangi pure”, “Gli scaduti”, “Il terzo tempo”, “Avanti, parla” sono nel catalogo Bompiani. Ha lavorato per il cinema, il teatro e la televisione.
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