Mangiare “questo” fa bene a “quello”, mangiare “quest’altro” fa bene a “quell’altro”. Il generico consiglio di “scegliere cibi sani” è oramai superato. Oggi si conosce nel dettaglio quali sono le proprietà salutari dei singoli alimenti e si studia la strategia più efficace per poterle sfruttare, attraverso gli integratori, per esempio.
L’invito di Ippocrate, “Fa che il cibo sia la tua medicina”, è più che mai valido e attuale. Secondo la teoria elaborata nel V secolo dal padre della medicina, gli alimenti posseggono specifiche caratteristiche che favoriscono alcuni processi biologici nell’organismo. Oggi la stessa tesi è alla base della nutraceutica, una disciplina che, in sintesi, va a caccia dei “farmaci” nascosti nei cibi. Per conoscere più da vicino questa nuova scienza dai principî antichi, abbiamo rivolto alcune domande a due esperti del Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutraceutica e Alimentazione per la Salute “Nutrafood” dell’Università di Pisa, la professoressa Lucia Guidi, direttore del Centro, e il professor Nicola De Bortoli, vicedirettore del Centro.
Che cos’è la nutraceutica?
La nutraceutica è un nuovo termine che deriva dalla contrazione delle parole nutrizione e farmaceutica e ha per scopo lo studio delle proprietà combinate nutritive e farmaceutiche degli alimenti. La nutraceutica è una scienza che si occupa di studiare gli alimenti che hanno un effetto benefico sulla salute umana: come si vede, si tratta di un campo molto vasto e abbastanza indefinito, dato che sono tantissimi gli alimenti, in particolar modo la frutta, la verdura o le erbe che hanno effetti benefici sulla salute dell’uomo.
Quindi, mangiando possiamo curarci? Che significa che gli alimenti hanno proprietà salutari?
I prodotti di origine vegetale, oltre ai principî nutrizionali essenziali, contengono anche molecole definite nel loro complesso fitochimici e cioè composti biologicamente attivi che svolgono un ruolo favorevole sullo stato di salute dell’uomo, in quanto in grado di “abbattere” o “contrastare” gli effetti negativi delle specie tossiche dell’ossigeno che si generano durante il normale metabolismo, ma che sono certamente prodotte in quantità maggiori durante la senescenza.
Potreste fare qualche esempio di prodotto nutraceutico?
I prodotti nutraceutici sono in generale la frutta e la verdura. Si prenda come esempio il pomodoro, frutto che oltre ad avere poche calorie, apporta un pool di fitochimici ad elevata attività antiossidante. Infatti, il colore rosso del frutto è dovuto alla presenza del licopene, una sostanza lipofila che svolge diverse funzioni benefiche, tra le quali l’aumento del colesterolo buono, la riduzione dei trigliceridi e del colesterolo cattivo. Il licopene, inoltre, è un antiossidante che a differenza di gran parte dei nutrienti presenti nella verdura o nella frutta, conserva una buona biodisponibilità anche dopo la cottura. Un altro esempio è costituito dai mirtilli per la presenza degli antociani. Anche questi piccoli frutti hanno pochissime calorie e sono ricchi di nutrienti e antiossidanti, con effetti benefici sul sistema circolatorio, del cuore e anche del cervello.
Quali sono le sostanze nutraceutiche più utili nella prevenzione delle malattie croniche legate all’invecchiamento, come l’artrosi per esempio?
Al momento abbiamo pochi dati su questo argomento. Le maggiori informazioni derivano dalla terapia combinata a lungo termine per l’artrosi del cane e del gatto, che sembrano essere promettenti. Le sostanze che hanno maggiori evidenze di efficacia al momento sono il condroitin solfato (con un’azione protettrice sull’articolazione), la glucosamina (in grado di contrastare l’eccessiva infiammazione articolare) e la quercetina (un flavonoide ad azione antiossidante). In genere queste sostanze sono utilizzate quando il problema è in atto sotto forma di integratori, ma mancano dati sul loro ruolo preventivo.
Siamo nell’era della medicina personalizzata che si prefigge di dare il farmaco giusto al paziente giusto e anche al momento giusto. È un principio che vale anche per i nutraceutici?
Assolutamente sì! Il trattamento con farmaci ed integratori deve essere sempre personalizzato. La ricerca al momento si sta muovendo anche sull’aspetto preventivo, grazie all’utilizzo di test genetici che possano indicare quali pazienti troveranno il maggiore beneficio da una terapia con integratori (sia di estrazione) che direttamente da alimenti assunti nelle scelte quotidiane.
Quando si parla di proprietà salutari dei cibi viene in mente il cioccolato. È vero che fa bene all’apparato cardiovascolare? E se sì, perché?
Le informazioni provenienti dalla ricerca sul cioccolato sono numerose. Dalle ultime evidenze è emerso che, in media, un campione di circa 4.200 persone che indicavano un consumo pari a circa 60 grammi di cioccolato a settimana, presentava una minore incidenza di ipertensione, ipercolesterolemia e rischi cardiovascolari rispetto alla media degli italiani.
Un altro studio, pubblicato sulla rivista Atherosclerosis, evidenziava che il cioccolato ha un effetto positivo in termini di salute, in particolare una significativa riduzione dei casi di ictus nelle donne, mentre una ricerca svedese, pubblicata quest’anno dall’American Heart Journal, rileva che esiste un più basso tasso di ricoveri e morti per scompenso cardiaco tra coloro che hanno un moderato consumo di cioccolato.
Infine, uno studio italiano ha invece evidenziato che 6,7 grammi al giorno di cioccolato abbassano i livelli di Proteina C reattiva, uno degli indicatori più promettenti per lo stato d’infiammazione cronica legata ad un maggiore rischio cardiovascolare, dall’infarto cardiaco all’ictus cerebrale.
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