Il Cammino di Santiago, l’antica via che conduce al sepolcro dell’Apostolo Giacomo, non è solo un itinerario alla scoperta dei luoghi, ma un viaggio dentro noi stessi.
Ultreya y Suseia (“animo e verso l’Alto”) è l’antico saluto dei pellegrini che nei secoli scorsi percorrevano il Cammino di Santiago di Compostela, uno dei pellegrinaggi più sentiti della storia. Una fama derivata dalla scoperta, nel IX secolo, della sepoltura di San Giacomo Maggiore (Santiago, appunto), uno degli apostoli più vicini a Gesù, in seguito all’apparizione miracolosa di una stella su un campo (Compostela). Motivo per il quale la città galiziana nel nord della Spagna era considerata nel Medioevo la terza città santa dopo Gerusalemme e Roma.
I pellegrini di ieri…
Il periodo aureo per El Camino fu tra il XIII e il XV secolo, quando persone da tutta Europa, mosse da profonda fede, si mettevano in marcia sfidando pericoli e difficoltà per andare a pregare sulla tomba del Santo. Successivamente le motivazioni dei pellegrini cambiarono. Per molti di loro divenne una forma di espiazione coatta, obbligati dalla condanna di un tribunale, altri erano spinti da un voto. Per altri ancora il movente era puramente economico: si mettevano in viaggio per denaro, al posto di chi li aveva pagati. La rivolta protestante in Europa e le successive guerre fecero il resto e il pellegrinaggio fu quasi dimenticato.
…e quelli di oggi
L’antico tragitto lungo la penisola iberica, percorso nei secoli da pellegrini, monaci e mercanti (ma anche da briganti in cerca di facili prede), è riscoperto solo negli Anni 90, quando il governo galiziano lo promuove come attività turistica e, allo stesso tempo, diviene Patrimonio dell’Umanità Unesco. Aumenta nel tempo l’età media dei camminanti e anche la loro disponibilità economica. Per il Cetur (Centro Studi Turistici dell’Università di Santiago di Compostela) si diffonde particolarmente tra i senior con un potere di acquisto medio-alto, che disdegnano l’ostello per un hotel a 5 stelle.
Un Cammino per tutti
Sono lontani infatti i tempi in cui l’abbigliamento del pellegrino prevedeva un buon paio di scarpe, un bastone e uno zaino leggero in spalla. Oggi grazie alla tecnologia è possibile farsi geolocalizzare ovunque, mentre il roaming ed Internet permettono di mantenere il contatto quotidiano con amici e parenti, aumentando così il livello di sicurezza. Nel contempo, apposite agenzie si occupano del trasferimento dei bagagli da un albergo all’altro. Se tutto ciò rende il Cammino accessibile a tutte le età, uno dei suoi motti “senza dolore non c’è gloria” rischia di scomparire per sempre davanti all’avanzata delle bici elettriche.
Non per fede ma per avventura
Secondo i dati dell’Ufficio per l’Accoglienza dei Pellegrini, ogni anno più di 300.000 persone di tutte le nazionalità completano il Cammino di Santiago. Ma il processo di secolarizzazione negli ultimi anni è aumentato. La “Compostela”, il certificato che l’Arcivescovado di Santiago rilascia a coloro che, per fede o spiritualità, percorrono 100 km a piedi o 200 in bici è sempre meno richiesto. Chi percorre gli 800 km dai Pirenei alla Galizia, lo fa oggi più spesso per sport, per avventura o per amore verso la natura. A volte per colmare le proprie inquietudini, altre alla ricerca di nuove relazioni sociali. Del resto i luoghi che attraversa sono davvero suggestivi: da Roncisvalle (legato al paladino Orlando), a San Juan de Ortega, antico monastero sperduto in un querceto a mille metri di quota. E poi borghi ricchi di fascino, come Pamplona e Burgos (la città del Cid).
Una strada per la felicità
Chiunque sia giunto alla meta ricorda il Cammino come un’esperienza unica ed emozionante. L’Università di Saragozza qualche tempo fa, ha promosso uno studio, il Progetto Ultreya, per comprendere, attraverso un sondaggio online, se veramente il Cammino abbia il potere di rendere felice chi lo fa. Ebbene, spiega il ricercatore Javier Garcia Campayo, è proprio così. Il lungo tragitto a contatto con la natura e con l’arte – soli o in compagnia – stimola la meditazione e la solidarietà. Ma soprattutto, in una vita stressante, che porta a dare più importanza al peso del passato e all’ansia del futuro, aiuta la mente a concentrarsi sul “qui ed ora” e a valorizzare le piccole gioie del presente. Ultreya y Suseia!
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