Siamo da qualche tempo ormai in un’emergenza sanitaria senza precedenti. Le maglie del disagio sociale e delle disuguaglianze si stanno allargando. Peggiora il tenore di vita delle famiglie e cala il tasso di occupazione in tutte le fasce di età, over 50 inclusi. Si tratta di una situazione che ha ripercussioni anche sulla capacità di cura e di assistenza delle famiglie di fronte alla non autosufficienza.
Il 2° Rapporto Censis-Tendercapital sui Buoni Investimenti, La sostenibilità al tempo del primato della salute, dedicato alle conseguenze economiche e sociali della pandemia è implacabile. Presentato pochi giorni fa in Senato, ha posto l’attenzione sulla sostenibilità sociale, intesa come equo accesso per tutti al benessere. Ha così accesso un faro sul nostro tempo di inedita emergenza sanitaria con un invito a guardare oltre il presente.
Italiani in difficoltà: redditi ridotti e nuova povertà
Sarà un Natale anomalo per tutti. Ma sarà anche un Natale in bianco per 5 milioni di italiani che hanno difficoltà a mettere in tavola pasti decente. E nell’emergenza sono 600mila le persone che si sono aggiunte ai poveri. Ci sono poi 7,6 milioni di famiglie che hanno subito un severo peggioramento del tenore di vita, con una violenta caduta a seguito di redditi decurtati, spese fisse da affrontare e un peggiore divario tra spese e incassi.
Inoltre, 9 milioni di italiani hanno integrato i redditi da familiari o banche. Tra questi la quota che non è pronta a far fronte alla seconda ondata del virus è doppia rispetto a quella di chi non ha fatto ricorso ad aiuti. Chi ha già stressato le riserve dei familiari è più vulnerabile, impreparato e preoccupato. Infine, restare senza reddito non è più così difficile: a temerlo è il 53% delle persone a basso reddito, mentre il 42% degli italiani vede il proprio lavoro a rischio.
Cala il tasso di occupazione tra gli over 50 e aumenta la disparità di genere
Gli effetti della pandemia non potevamo che ripercuotersi sul mondo del lavoro con un tasso di occupazione in calo più evidente tra i giovani, ma che non risparmia gli over 50. Infatti, un’ulteriore evidenza degli effetti del lockdown totale arrivano guardando al tasso di occupazione medio nel secondo trimestre 2020 che è pari al 57,5%, ovvero -1,9% rispetto allo stesso periodo del 2019. In particolare, tra i millennial il tasso di occupazione è al 38,6% (-3,2%), tra i lavoratori 35-49enni è al 72,7% (-1,6%) e tra i 50-64enni è al 60,7% (-0,8%).
Ma il Rapporto evidenzia anche un più ampio gender gap sul fronte del lavoro femminile. Il 34,8% delle donne lamenta un peggioramento del proprio impiego, mentre è il 23,9% degli uomini a dire lo stesso. Ai dati sulle diverse condizioni lavorative percepite, si aggrava anche la penalizzazione delle donne sul mercato del lavoro. Infatti, nel secondo trimestre 2020, il tasso di occupazione delle donne è pari al 48,4% (-2,2% rispetto al 2019), mentre quello degli uomini arriva al 66,6% (-1,3%).
Più soli anche davanti alla non autosufficienza
In Italia le persone non autosufficienti sono oltre 3 milioni e nel 65% dei casi si tratta di over 65. Ad una domanda che assume dimensioni sempre maggiori si contrappone una offerta del pubblico che stenta ovunque a garantire una copertura. D’altra parte, la spesa pubblica per la long term care è di circa 12,4 miliardi di euro. È il 10,8% della spesa sanitaria, un valore che rende l’Italia fanalino di coda nella Ue (valore medio 15,9%) e ci colloca al di sotto di Paesi come Germania (15,8%) e Francia (14%).
Così, il Covid-19 rende le famiglie ancora più sole di fronte alla sfida della non autosufficienza per diverse ragioni. In primo luogo, perché anzianità, cronicità e non autosufficienza sono fattori che innalzano il rischio di contagio grave per queste persone e, conseguentemente, anche il tasso di letalità. In secondo luogo, l’emergenza sanitaria e il lockdown hanno ristretto le risorse economiche complessive di cui le famiglie potevano disporre per provvedere al care del familiare non autosufficiente. Senza contare, infine, i limiti delle strutture residenziali drammaticamente emersi in questa pandemia.
Insomma, si tratta di un mix di fattori che rende la sfida della non autosufficienza vitale per la sostenibilità sociale. Inoltre, è questo uno degli ambiti in cui le disparità sociali si renderanno ancora più evidenti. La qualità dell’assistenza e la possibilità di accedere ai servizi rischiano di diventare strettamente collegati alle capacità economiche delle famiglie.
Oltre la pandemia: la società del futuro
Contro le disparità sociali è necessario impegnarsi per una società sostenibile, che rispetti i diritti delle persone: questa è la priorità per il 65,1% degli italiani. In futuro, la sostenibilità sociale non potrà più affidarsi al solo intervento dello Stato, ma dovrà contare sui buoni investimenti con imprese che operano come una comunità.
È significativo il fatto che l’82,3% degli italiani sia favorevole a misure che impongono la permanenza in Italia di stabilimenti e imprese che producono beni e servizi strategici. Come si evince dal Rapporto, inoltre, questo interesse si accompagna al protezionismo contro i prodotti di Paesi che non rispettano le nostre regole sociali e sanitarie: a dichiararlo è l’86% degli intervistati (88,3% tra le donne e 89,2% tra coloro che risiedono nel Nord-Est).
«La coesione sociale – sottolinea il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – è un presupposto della crescita, come un buon welfare. La pandemia ci lascerà una società impaurita, più diseguale, alla ricerca della crescita. Non sarà lo Stato a debito a lenire le sofferenze, ci vorrà lo sforzo di tutti i soggetti, le imprese e i mercati».
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