Dalla Giornata mondiale della salute emergono dati che fanno riflettere: troppa sedentarietà e poco sport tra i giovani, a causa di disuguaglianze nell’accesso ai servizi e investimenti sanitari sotto la media europea.
La Rete italiana Città Sane-Oms rilancia il ruolo dei territori per promuovere il benessere.
In occasione della Giornata mondiale della salute celebrata il 7 aprile, la Rete italiana Città Sane ha pubblicato dati che fanno discutere: in Italia solo il 10% degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni svolge ogni giorno almeno 60 minuti di attività fisica e sport, come raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il restante 90% resta quindi sotto la soglia minima per uno stile di vita sano.
In parallelo, un bambino su cinque tra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso e un altro 20% è obeso. Dati che disegnano un quadro preoccupante sulle abitudini salutari delle nuove generazioni, aggravato da forti disuguaglianze territoriali, come evidenziato dalla scarsa frequentazione dei nidi pubblici: solo il 14% dei bambini sotto i 3 anni ne usufruisce.
Le città al centro della promozione dello sport
In occasione dei 77 anni dell’Oms, l’8 aprile a Roma si tiene un convegno promosso dalla Rete Città Sane, per discutere del ruolo strategico dei territori nella promozione del benessere. Il tema del convegno è “Healthy beginnings, hopeful futures”, con un focus particolare sulla salute nei primi mille giorni di vita dei bambini.
“Oggi più che mai è importante ricordare che le abitudini sane si costruiscono nei luoghi della vita quotidiana – ha dichiarato Lamberto Bertolè, presidente nazionale della Rete -. Quartieri, scuole e spazi pubblici sono i primi presidi del benessere fisico e mentale”.
Disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari
Diverse fonti – tra cui Istat, Censis, Ocse– segnalano una popolazione poco attenta alla prevenzione. Solo il 37% degli adulti svolge attività fisica almeno 1-3 volte a settimana, ben al di sotto della media UE del 61%.
La situazione è aggravata da problemi di accesso alle cure: nel 2023, il 7,6% dei cittadini ha rinunciato a cure mediche per ragioni economiche o per tempi d’attesa eccessivi, dato in crescita rispetto al 6,3% del 2019. Le disuguaglianze si accentuano nelle periferie urbane, dove solo il 40% dei residenti ha accesso tempestivo alle strutture sanitarie, contro l’85% di chi vive nei centri urbani.
Meno posti letto, meno strutture, meno fondi
La rete Città Sane mette in evidenza anche un progressivo ridimensionamento dell’offerta sanitaria. Tra il 2010 e il 2020, i posti letto ospedalieri nelle grandi città sono scesi da 4,5 a 3,8 ogni mille abitanti. Al 1° gennaio 2023, in Italia erano attive 12.363 strutture residenziali socio-sanitarie per un totale di 408mila posti letto, pari a soli 7 posti ogni mille residenti.
Anche la spesa sanitaria è sotto la media europea: l’Italia investe il 9,4% del Pil in sanità, contro una media UE del 10,9%. Solo il 74% di questi fondi proviene dal settore pubblico, mentre in Europa la media di copertura pubblica si attesta attorno all’80%.
I Comuni come laboratori di innovazione
Secondo Bertolè, il futuro della salute pubblica passa attraverso i Comuni, da considerare come laboratori territoriali capaci di generare modelli innovativi e reti di governance condivisa. “Le politiche per la salute non possono essere settoriali: hanno bisogno di visione, prossimità e relazioni forti. I Comuni sono in prima linea nel costruire una società più sana, inclusiva e consapevole”, ha affermato. “Il benessere si costruisce nei territori, attraverso politiche intersettoriali e relazioni collaborative”.
Giovani e sport: serve una nuova cultura della salute
Il filo conduttore dell’incontro è chiaro: prevenzione, equità, prossimità. I dati raccolti mostrano che, nonostante gli sforzi, manca una cultura diffusa della prevenzione e l’accesso ai servizi continua a essere diseguale.
Un altro problema evidenziato è l’assenza di una visione integrata delle politiche per la salute. Senza una collaborazione costante tra chi amministra, chi studia e chi vive il territorio, il sistema rischia di restare inefficiente. L’idea è quella di superare gli interventi frammentati e puntare su strategie comuni, coordinate e orientate alla persona.
© Riproduzione riservata