Sull’orlo della guerra fredda, il 9 maggio 1950, i paesi europei trovarono uno strumento comune per scongiurare nuovi conflitti. Da quella volontà è germogliato il seme dell’Unione Europea e oggi festeggiamo la Festa dell’Europa.
Da oltre 70 anni l’Unione Europea persegue con forza un progetto di pace. Per l’esattezza da quando, il 9 maggio 1950, in un celebre discorso, l’allora ministro degli esteri francesi Robert Schuman espone la sua idea di collaborazione politica tra gli Stati. In un mondo diviso in blocchi, alla ricerca di una soluzione per scongiurare il ripetersi di altre guerre, propone la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Un’Alta Autorità i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di queste materie. In tal modo si sarebbero evitati attriti tra Francia e Germania, due Stati storicamente rivali, entrambi potenzialmente interessati al riarmo. Proprio il possesso di queste risorse, fondamentali per ogni stato militarista, aveva in precedenza generato la crisi sfociata nella Grande Guerra.
Nasce la CECA
Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo danno così vita alla CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). La prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che oggi si chiama “Unione europea”. Il Vecchio Continente aveva bisogno di una consistente ripresa, conditio sine qua non per mantenere a lungo la pace. Per i firmatari del Patto, aperto da subito a tutte le altre Nazioni europee, mettere insieme le risorse e gli interessi economici avrebbe infatti innalzato i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un’unione duratura.
La Festa dell’Europa in questo anno di guerra
Per le celebrazioni di quest’anno sono previsti diversi eventi, online e in presenza. Ma il sostegno alla pace è affidato alle azioni, numerose e concrete, intraprese dall’inizio del conflitto russo-ucraino. La netta presa di posizione contro l’attacco del presidente russo Putin vede un impegno crescente dell’Unione al fianco dell’Ucraina. Da un lato lo stanziamento di decine di milioni di euro in azioni umanitarie per la popolazione colpita dalla guerra, con la promessa di un aiuto nel momento della ricostruzione. Dall’altra l’uso reiterato dello strumento delle sanzioni, utilizzato per colpire e limitare le scelte politiche ed economiche del Cremlino. I primi risultati ottenuti hanno spinto verso un’ulteriore inasprimento, che incide più pesantemente sulle entrate del Paese.
Le sanzioni, strumento di pace
Il Parlamento europeo ha infatti proibito l’importazione di carbone per 4 miliardi l’anno, tagliando così un’importante fonte di entrate per la Russia. Ha anche imposto un divieto di transazione sulle principali banche russe, vietando al contempo alle navi russe l’accesso ai porti dell’UE, per colpire l’approvvigionamento di beni chiave per il Cremlino. Al veto all’esportazione di strumenti tecnologici e – nel contempo – all’importazione di beni fondamentali per l’economia russa, si accompagnano poi misure mirate. Come un divieto generale alla partecipazione delle società russe agli appalti pubblici negli Stati membri UE o l’esclusione di qualsiasi sostegno finanziario agli enti pubblici russi.
Dal 9 maggio del 1950, la Festa dell’Europa
Quel giorno del 1950 la stampa convocata al Quai d’Orsay, sede del Ministero degli Esteri, era in attesa di una comunicazione della massima importanza. “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.” Così iniziava la Dichiarazione Schuman, sottolineando il valore della solidarietà tra i popoli, essenziale per la costruzione di una casa comune. Un’affermazione rivoluzionaria, preparata in gran segreto, per smuovere le coscienze dei governi. Coraggiosamente, per la prima volta, si metteva in discussione il concetto di sovranità dei singoli paesi. Una scommessa sul futuro che rappresenta la pietra miliare di quel lungo percorso di pace e democrazia che è oggi la Comunità Europea.
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