La miseria è opera dell’uomo. E il 17 ottobre 1987 Padre Wresinski si mobilitò per sconfiggerla.
Forse non tutti sanno che esiste la “Giornata mondiale del rifiuto della miseria”. Organizzata per la prima volta nel 1987, ogni anno punta i riflettori sulla lotta alla povertà ed esclusione sociale. Al tempo stesso, promuove la dignità e i diritti dell’uomo. Anche mediante un suo sito in cui sono divulgati eventi e testimonianze.
Giornata mondiale del rifiuto della miseria
Il 17 ottobre 1987, a Parigi, centomila persone partecipano all’appello di padre Joseph Wresinski e si riuniscono al Trocadéro. Sullo stesso Sagrato in cui venne firmata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. “Hanno reso omaggio alle vittime della fame, dell’ignoranza e della violenza. Hanno affermato la loro convinzione che la miseria non è fatale. Hanno proclamato la loro solidarietà con coloro che nel mondo lottano per distruggerla”. Lì si trova una lapide, con le parole di Padre Wresinski: “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro”.
La giornata viene riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1992. Ogni anno anche il Consiglio d’Europa partecipa alla celebrazione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, organizzando una cerimonia davanti alla riproduzione della pietra commemorativa sul piazzale del Palais de l’Europe a Strasburgo.
Il fondatore Padre Wresinski
A promuovere l’idea alla base della giornata è il suddetto Joseph Wresinski. Nato nel 1917 da padre polacco e mamma spagnola, e cresciuto in Francia in condizioni di estrema povertà. Nel 1946 Joseph Wresinski viene ordinato sacerdote. Dopo un decennio di attività in una parrocchia operaia e rurale, su ordine del Vescovo, nel 1956 raggiunge un campo di senza tetto: 252 famiglie.
“Sono stato ossessionato dall’idea che queste famiglie non sarebbero uscite dalla miseria anche per molto tempo se qualcuno non le avesse accolte nel loro insieme, in qualità di popolo. Mi sono ripromesso che se fossi rimasto, avrei fatto in modo che potessero salire i gradini del Vaticano, dell’Eliseo, dell’Onu”.
In lui si radica una consapevolezza. “Non é di tanto cibo o di vestiti che questa gente aveva bisogno. Ma di dignità, di non dipendere più dal ben volere altrui”. Poiché ”la miseria é opera degli uomini e solo gli uomini posso distruggerla”.
Su queste basi, nasce il volontariato del Movimento ATD Quarto Mondo e Padre Wresinki, membro del Consiglio economico e sociale della Repubblica Francese dal 1979, redige il suo rapporto su “Grande Povertà e precarietà economica e sociale”. È il 1987, anno in cui chiama a raccolta centomila difensori dei diritti dell’uomo. Alla sua morte, l’anno seguente, gli sopravvive il Centro Internazionale Joseph Wresinski dove sono conservati i suoi scritti.
La povertà in Italia
Secondo l’ultimo Rapporto Istat sulla “Povertà in tempo di pandemia”, oltre cinque milioni e seicentomila individui hanno vissuto nel 2020 in condizioni di povertà assoluta (ossia senza essere in grado di acquistare beni e servizi indispensabili per una vita dignitosa). Si tratta del 9,4% dei residenti in Italia. Nell’anno precedente la quota era pari al 7,7%.
Nel dettaglio per classi d’età, analizzando la “Povertà in Italia” relativa all’anno 2020, Istat evidenzia inoltre come la fascia degli over 65 mantenga valori inferiori alla media nazionale. Con oltre 742mila persone si raggiunge il 5,4% del totale. Rispetto all’11,3% di giovani tra 18 e 34 anni (oltre 1 milione 127mila individui) e al 9,2% di coloro tra i 35 e i 64 anni (oltre 2 milioni 394 mila individui).
Nelle famiglie, l’incidenza di povertà è più alta per coloro che hanno figli minori ed è invece più bassa nelle famiglie con almeno un anziano. In generale, le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa, con redditi fluttuanti e minori risparmi. Mentre per esempio i senior godono di pensioni e case di proprietà che ne evitano condizioni di estrema precarietà economica.
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