Nei momenti di grande incertezza, di apprensione, ci dovremmo occupare delle persone anziane con grande attenzione. Non vi devono essere preoccupazioni specifiche per la situazione di oggi, gli anziani sono infatti più esposti a tutte le malattie infettive e non solo al coronavirus.
Dobbiamo dirlo con chiarezza: gli anziani sono i più colpiti dalle vicende del coronavirus, molto di più rispetto al resto della popolazione. Per vari motivi: infatti, sono stati colpiti da informazioni che li coinvolgono senza che i messaggi fossero realmente chiari; sono stati inseriti nei provvedimenti presi per ridurre i contagi senza essere messi in condizione di capire le motivazioni di tanta durezza. La politica ha deciso sulla base di incerte indicazioni della scienza e, ancora una volta, i più deboli sono stati le vittime più colpite.
In questi momenti di grande incertezza, di apprensione, di decisioni provvide e improvvide, ci dovremmo occupare delle persone anziane con maggiore attenzione: nessuno invece sembra prendersi cura delle loro crisi… Tanto sono vecchi… Ma noi, in particolare chi partecipa alla vita di 50&Più, pensiamo diversamente!
Si susseguono le indicazioni sul fatto che gli anziani muoiono più degli altri, perché sono più fragili biologicamente. La notizia è corretta dal punto di vista clinico, però il fatto stesso di insistere sulla fragilità dell’anziano e sui conseguenti rischi per la sopravvivenza è motivo di grandi timori.
Nessuno (o pochi) hanno spiegato con chiarezza che gli anziani sono più esposti a tutte le malattie infettive e non solo al coronavirus e che quindi non vi devono essere preoccupazioni specifiche per la situazione di oggi. Sarebbe bastata questa chiara comunicazione per sdrammatizzare gli eventi, evitando di far ipotizzare chissà quale “maledetta” situazione.
JAMA, la più importante rivista medica al mondo, ha pubblicato il 24 febbraio una tabella con i dati del Centro Cinese per il Controllo delle Malattie, nella quale si deduce che la mortalità generale da coronavirus è stata del 2.3%, mentre è stata del 14.8% negli ultraottantenni e dell’8% tra i 70 e 79 anni. La mortalità era più alta della media in ogni gruppo di età per le persone affette da malattie gravi; quindi nulla di nuovo per gli esperti… Ma purtroppo tutto nuovo per gli interessati, cioè la parte meno giovane della popolazione italiana, che non ha ricevuto le giuste informazioni.
A queste realtà di sofferenza si aggiungono quelle provocate dalla mancanza di certezze; di colpo, nel giro di poche ore, gli anziani, almeno quelli veneti e lombardi, si sono trovati a vivere da una condizione di relativa tranquillità a una di incertezza, costretti più o meno apertamente a rimanere in casa, con informazioni incerte, le voci più drammatiche che si susseguono. Sono anche state chiuse le chiese; si è passati dal consiglio di non scambiare il segno della pace alla chiusura fisica delle nostre chiese.
Dove trova conforto il vecchio, costretto a rimare in casa? La famiglia limitata negli spostamenti, gli amici anch’essi in casa propria, il bar chiuso, la chiesa? La messa cancellata? Gli mancano i punti di riferimento più fedeli: gli amici, il Signore. A Treviglio è stata sospesa la novena della Madonna, mai cancellata nemmeno durante le guerre; lo stesso per il Duomo di Milano.
Cosa possiamo fare per questi nostri concittadini che per tanti anni hanno vissuto, lavorato, agito, pregato per noi?
Non li possiamo abbandonare sotto la pressione di regole preventive importanti, ma che nello specifico delle persone anziane producono rilevanti “effetti indesiderati” sulla qualità della loro vita, pesanti costrizioni della loro speranza.
Ieri un amico medico mi ha scritto, dopo aver assistito in diretta in ospedale al crescere della paura sotto la pressione delle notizie e delle decisioni delle autorità: “Credo fermamente che incontrarsi, pregare, sostenersi reciprocamente valga di più che isolarsi, disinfettarsi e asetticamente sopravvivere a se stessi”. Non vorrei sembrare critico con le decisioni prese dalle autorità sanitarie; non nego infatti l’urgenza clinica che sottostà ad alcune delle scelte compiute. Vorrei solo richiamare i nostri concittadini al dovere di informare, confortare, aiutare, sostenere. Il nostro compito è permettere alla speranza di crescere, nonostante tutto, tra gli anziani… Non bastano i social, peraltro utilissimi in queste circostanze, per vincere la solitudine, condizione di partenza per costruire la speranza per il domani. Se non si incontrano, non si vedono, se non pregano insieme, dove troveranno la speranza i nostri anziani?
Nel momento della disgregazione e delle paure è necessario creare fiducia e speranza, incominciando con i più fragili. In questo momento bisogna muoversi e fare; ci sarà tempo un domani per denunciare inadempienze e inefficienze. Chi ha maggiori responsabilità, anche all’interno delle associazioni di volontariato, deve impegnarsi per diffondere notizie serie, per evitare l’isolamento degli anziani (quelli che devono autosegregarsi in casa sono pochissimi), per creare occasioni di incontro (dopo, basta lavarsi le mani).
Non abbiamo molto tempo: le paure e l’angoscia infatti possono fare danni enormi; la solitudine può uccidere! Ma nel nostro civile paese ci sono le forze per costruire barriere efficaci – umanissime – alle paure e alle angosce dei più fragili.
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