I pensionati cinesi scendono in strada per protestare contro i tagli alle cure mediche. È la fine di un’illusione per la Cina di Xi?
Due volte dall’inizio del mese di febbraio centinaia di pensionati cinesi si sono organizzati per rivendicare il diritto alla salute minacciato dalle riforme del Governo. Le immagini dei social mostrano ai primi di febbraio scorso una folla pacifica di anziani che a Wuhan, città tristemente famosa per aver segnato l’inizio dell’epidemia, sotto la pioggia e lo sguardo vigile della polizia, agitano cartelli intonando slogan e cantando l’Internazionale, lo storico inno comunista. Una provocazione per il presidente Xi Jinping, che ha giustificato il suo terzo mandato con l’impegno di tornare alle origini egualitarie del Partito mettendo in agenda l’obiettivo della “prosperità comune”.
L’esempio dei pensionati
Sui social circolano immagini di anziani disposti anche a farsi portare via dagli agenti pur di mantenere il punto e per niente timorosi di far sentire la propria voce. “Derubate la gente comune come noi? Perché invece non dimezzate i benefici dei funzionari?”, rimbalza una voce arrabbiata sull’account Twitter di Radio Free Asia. Il loro impegno ha spinto molti cittadini ad interrogarsi sull’azione governativa: “I pensionati sono normalmente persone tranquille che cercano solo una vita serena. Se anche loro sono stati spinti alla disperazione, è tempo di ripensare la politica”, recita un post su Sina Weibo, la piattaforma di social media cinese.
I tagli in cifre
L’oggetto di tanta rabbia sono i cambiamenti introdotti dal governo del presidente Xi sull’assicurazione sanitaria, che tra l’altro comportano una riduzione di circa un terzo dell’ammontare a disposizione dei pensionati per l’acquisto della medicine. Questi ultimi, riporta l’agenzia Reuters, si lamentano proprio del taglio dell’indennità mensile per le prestazioni mediche, passata da 260 yuan (37 euro) ad appena 83 e per la diminuzione dell’importo massimo, sceso da 4.000 yuan (546 euro) a 1.300 (177 euro). Uno svilimento che, data l’attuale situazione, non possono permettersi.
Gli effetti della politica Covid Zero
Le proteste di Wuhan (ma anche di Dalian e Guangzhou) seguono di poco le oceaniche manifestazioni che, a novembre scorso, invocavano la fine dell’ultimo, interminabile lockdown di Shangai. E le due cose non sono affatto scollegate. Infatti, per gli analisti, proprio la rigida politica “Covid Zero”, che ha sconvolto la vita quotidiana e colpito duramente le imprese, è alla base della congiuntura economica negativa che sta ora attraversando il gigante asiatico, alle prese con un tasso di denalità senza precedenti, accompagnato dal record di longevità. E con una crisi del sistema industriale alle porte, che minaccia il mercato dell’esportazione (scarsità di bassa manovalanza a fronte di una impennata dei colletti bianchi).
È la fine del patto sociale?
La maggior parte dei cittadini cinesi attinge alla copertura sanitaria da due fonti: un fondo assicurativo pubblico e un piano di risparmio privato obbligatorio, finanziato dal datore di lavoro con il contributo del lavoratore stesso. Una parte del reddito viene versata in un conto individuale e una parte in un conto collettivo dal quale i pensionati cinesi – senza più depositare – continuano a ricevere una quota individuale (la contestata indennità ridotta), per consentirgli di pagare le cure mediche senza dover anticipare il denaro. Ora tutto questo è finito. E i cinesi che avevano accettato anni di lavoro a basso salario con l’aspettativa di una buona pensione e di una generosa assistenza sanitaria (“docilità in cambio di prosperità”) oggi scoprono che il mondo è cambiato e non sarà così.
La posizione del Governo
Secondo quanto riporta il Washington Post, il magazine statale China National Health Insurance ha negato le accuse affermando che i manifestanti avevano subito un “lavaggio del cervello” e che la riforma riallocava semplicemente le risorse in maniera più egualitaria. Rassicurando, ma non troppo, anche i più riottosi che i maggiori beneficiari sarebbero stati proprio gli anziani. Bisogna infine ricordare che il sistema di previdenza sociale nel Paese non è centralizzato: spetta alle province il compito di applicare le direttive governative. Da qui le maggiori proteste contro la municipalità di Wuhan, vittima del lockdown più lungo e più duro dell’era Covid.
Perché a Wuhan
Nelle fasi iniziali dell’epidemia, infatti, le autorità locali hanno contribuito pesantemente a coprire i costi delle cure (medicine, hub, tracciamento, ospedalizzazione, cibo). Una generosità che ha finito con l’impoverire le casse dell’amministrazione, colpite nel 2021 anche da una grave crisi immobiliare che ha impedito il rientro di capitali da parte dei costruttori in difficoltà, portando ad una conseguente carenza di fondi. Considerando che il regime di restrizione in Cina è durato fino alle proteste di fine 2022, è intuibile il peso economico che oggi grava sulle singole province, sul malcontento dei pensionati e – in ultimo – sulle scelte di Xi.
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