Non esiste un vero elisir di longevità. Ma per vivere a lungo è necessario, oltre che una predisposizione genetica, anche avere una “scorza dura”, la capacità di affrontare e superare ogni avversità
La signora Giovannella ha compiuto 108 anni in una RSA del Veneto. Ha superato per ben due volte il Covid-19 e ora si trova in buona salute. In occasione della festa di compleanno ha affermato: «Sto benissimo, sono vecchia, ma ho la scorza dura». È la dimostrazione vivente che l’età non è di per sé un limite alla vita normale; anche da molto vecchi, infatti, è possibile stare bene, purché si abbia una “scorza dura”.
Quali sono i fattori che hanno reso possibile l’affermazione della 108enne, apparentemente così impegnativa? Sono molti e, per alcuni aspetti, generalizzabili, come provo ad indicare di seguito.
Un primo fattore, che però non ci è noto rispetto alla signora Giovannella, è la struttura ereditaria; anche se non è stato ancora identificato il gene della vita lunga, e la possibilità che venga trasmesso di generazione in generazione, è probabile vi sia qualche forma di ereditarietà della vita lunga. Facilmente non si tratta di un solo gene, ma di un insieme, che aiuta a plasmare un corpo e una mente in grado di vivere a lungo. Anche se ancora poco si conosce in questo campo, vi è molto impegno della ricerca, con alcune conseguenze di ordine etico: la ricerca di una vita più lunga e in buona salute non deve portare alla previsione di una postumanità costruita attraverso interventi fondati sulle tecnologie più avanzate.
Un secondo aspetto dipende dalle scelte compiute nel corso degli anni, dominate da un lavoro intenso, spesso molto duro, come era frequente nella prima metà del secolo scorso. La signora Giovannella di 108 anni è infatti nata nel 1914 e quindi fin dalla giovinezza ha affrontato le fatiche per contribuire alla vita famigliare; molto probabilmente il padre ha combattuto nella Grande Guerra e la famiglia ha dovuto arrangiarsi senza grandi possibilità economiche. Poi la spagnola ha avuto la funzione di “falciatrice” di molte persone fragili; i sopravvissuti erano le persone più forti e quindi in grado di proseguire il proprio itinerario vitale.
Un terzo aspetto riguarda la volontà del singolo di non farsi dominare dalle vicende della vita; l’affermazione di avere “una scorza dura” equivale a dichiarare che si è stati e si è pronti ad affrontare senza timore di essere sopraffatti dai problemi posti dal tempo che passa: malattie, fatiche, sofferenze, solitudini, incomprensioni, violenze… tutto è passato sulla testa di Giovanella, ma ha avuto una “pelle” che non si è lasciata ferire dai problemi, trovando sempre la strada per uscirne. Sarebbe importante comprendere da dove Giovannella abbia trovato tanta forza: dall’educazione famigliare, dalla religione, dal proprio intimo.
Un ultimo aspetto non secondario riguarda il luogo di vita degli ultimi anni; la signora è stata in grado si sopravvivere al cambio di luogo di residenza, evento che segna in modo profondo, perché l’ingresso in un RSA dal proprio domicilio comporta sempre un cambiamento, che può avere conseguenze sulla stessa durata della vita. Evidentemente la RSA dove è stata accolta offriva un’ospitalità dignitosa, libera, particolarmente accurata, per garantire un’assistenza attenta alla costruzione di una vita serena.
Giovannella, quindi, sta vivendo un mondo possibile nonostante l’età e l’ambiente di vita.
Ma la domanda centrale a questo punto è se sia possibile generalizzare questo stile e proporlo come modello anche ad altri. Mentre non tutti hanno la fortuna di avere ereditato una predisposizione alla vita lunga, certamente molti anziani di oggi, anche se più giovani di Giovannella, hanno vissuto la durezza del loro tempo; si deve ricordare che anche le persone nate negli Anni ’40 hanno vissuto due decenni faticosi, perché fino al 1960 le condizioni di vita in molti luoghi del nostro Paese erano particolarmente difficili. Quindi molti ottantenni di oggi si sono confrontati con disagi pesanti e dolori di ogni tipo; ancora una volta, si è trattato di condizioni che hanno eliminato le persone più deboli, selezionando quelle più forti, destinate ad una vita lunga.
La capacità di affrontare le difficoltà con animo leggero, ma non fatuo, è un’altra caratteristica che accompagna la costruzione di una vita possibile. È un aspetto particolarmente delicato, perché la forza di affrontare i momenti belli e brutti non è una caratteristica di tutte le persone che invecchiano.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulle demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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